ISSN 2039-1676


15 aprile 2013 |

Prescrizioni off label e regole cautelari nella responsabilità  medica

Nota a Cass. pen. Sez. IV, 10 aprile 2012 (dep. 1 ottobre 2012), n. 37962, Pres. Sirena, Rel. Foti, Bonvicini e a.

 

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1. Che cos'è la prescrizione off label.

Sappiamo tutti che il viagra è un farmaco che viene impiegato per la disfunzione erettile[1]. Per questa indicazione terapeutica è stato sperimentato. E per questa indicazione terapeutica è stata quindi rilasciata l'autorizzazione ministeriale d'immissione in commercio. Forse non tutti sappiamo però che il viagra viene prescritto anche per l'ipertensione polmonare[2], quindi per un uso diverso da quello autorizzato.

E' questo un esempio di prescrizione off label, cioè prescrizione di un farmaco per un'indicazione terapeutica diversa da quella sperimentata e poi riportata nell'autorizzazione d'immissione in commercio[3]. Autorizzazione che viene trasfusa nel foglietto illustrativo accluso alla confezione del farmaco, cioè la scheda tecnica, il c.d. bugiardino. Si usa anche l'espressione prescrizione fuori scheda, facendo appunto riferimento alla scheda tecnica del farmaco. O anche l'espressione prescrizione fuori etichetta, traducendo letteralmente l'espressione di lingua inglese.

La prescrizione è off label anche quando l'indicazione terapeutica è autorizzata, ma non è autorizzata la via o la modalità di somministrazione praticata. Ad es., non è autorizzata la somministrazione per via sottocutanea o il numero di dosi supera la posologia autorizzata.

L'espressione prescrizione off label, o altra equivalente, è ignota alla legislazione italiana. Ma l'art. 3 II co. l. 94/98, come meglio vedremo tra qualche istante, la prevede senza battesimo legislativo. La legge citata è la c.d. legge Di Bella, emanata con riguardo al noto caso, ma contenente norme di carattere generale.

Ci troviamo di fronte ad un fenomeno frequentissimo.

Prescrivere solo in label, cioè in pieno rispetto della scheda tecnica, rappresenta il c.d. "integralismo prescrittivo", ben lontano dalla pratica quotidiana.

L'esperienza, unita ovviamente ad un razionale, ha ampiamente dimostrato che molti farmaci sono efficaci per la cura di malattie per le quali non sono stati sperimentati. Né forse mai lo saranno. Soprattutto se la malattia trattata off label è una malattia rara, cioè di bassa incidenza statistica. Infatti la procedura di sperimentazione ha costi elevati, sostenuti dalle imprese farmaceutiche, che poi devono recuperarli con la vendita. Ed è evidente che la sperimentazione non avrà avvio se i costi della stessa superano in previsione quelli della vendita.

D'altra parte, la sperimentazione di un farmaco impiegato off label potrebbe essere inutile, tutte le volte in cui l'impiego è diffusissimo e approvatissimo dalla comunità scientifica. Non solo inutile ma anche foriera di spese, perché i costi della sperimentazione comporterebbero ovviamente un aumento di prezzo del farmaco, che alla fine verrebbe a gravare sul paziente e sul servizio sanitario.

 

2. Liceità.

A questo punto giunge inevitabile la domanda: la prescrizione off label è penalmente lecita?

La risposta è sì. Come abbiamo visto, la prescrizione off label è oggetto di espressa previsione legislativa. L'art. 3 cit. è rubricato "Osservanza delle indicazioni terapeutiche autorizzate" e pone al primo comma il principio generale secondo il quale il medico "...nel prescrivere  una  specialita' medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalita' di  somministrazione previste dall'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dal Ministero della sanita'." Ma al secondo comma apre una deroga al principio, prevedendo appunto, a certe condizioni, la possibilità di prescrivere off label. L'intero disposto normativo è qui riportato in nota[4].

La disposizione normativa, che pone la possibilità di prescrivere off label, è figlia del principio di libertà terapeutica del medico, che è uno dei principi intorno ai quali ruota il diritto penale della medicina. E' principio costituzionale, che la dottrina trae dall'art. 33 I co. Cost., per il quale la scienza è libera e l'art. 9 I co. Cost., per il quale la Repubblica promuove la ricerca scientifica[5].

La Corte Costituzionale ha chiaramente scolpito il principio con queste parole:"...la regola di fondo in questa materia è costituita dalla autonomia e dalla responsabilità del medico che, sempre con il consenso del paziente, opera le scelte professionali basandosi sullo stato delle conoscenze a disposizione."[6]

Il principio è espressamente previsto nel codice di deontologia medica, che riconosce al medico autonomia nella programmazione, nella scelta e nella applicazione di ogni presidio diagnostico e terapeutico (art. 13 II co. c.d.m.).

 

3. Il caso.

La sentenza in commento riguarda appunto un caso di prescrizione off label.

In breve. Un ventiseienne viene ricoverato in una casa di cura per sottoporsi a terapia disintossicante da abuso di cocaina. E' in buone condizioni fisiche, privo di patologie polmonari e cardiache. E a fini disintossicanti gli vengono somministrati in associazione Propofol, Clonidina e Diazepam. Sopravviene la morte del giovane per arresto cardiorespiratorio secondario a edema polmonare acuto. Il giudizio di merito si conclude con la condanna dei medici che avevano in cura il giovane. La Cassazione dichiara prescritto il reato, condividendo la motivazione della corte d'appello fondata sull'impiego di "...farmaci a rischio di complicanze anche mortali, specie se contestualmente e continuativamente somministrati. Farmaci, peraltro, imprudentemente utilizzati per un'indicazione (trattamento della tossicodipendenza da cocaina) e con modalità non previste nelle relative schede. Ciò anche in palese violazione della normativa vigente, che vieta ai medici di impiegare un medicinale industriale per una indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata e in assenza di precisa sperimentazione clinica".

Si conferma la sussistenza anche di altri profili di colpa, che attengono invero a qualunque terapia farmacologica: l'omessa valutazione preliminare del paziente, l'omesso monitoraggio dell'evoluzione clinica dopo instaurata la terapia e la pratica di quest'ultima in una struttura priva di idonei mezzi di rianimazione, così da non riuscire a gestire la drammatica emergenza, una volta manifestatasi.

Effettivamente, nessuno dei farmaci utilizzati nel caso di specie ha come indicazione terapeutica la disintossicazione da cocaina. Il Propofol è un anestetico endovenoso[7], la Clonidina è un ipertensivo arterioso[8] e il Diazepam è un ansiolitico[9]. Peraltro la sentenza asserisce sic et simpliciter che nel caso di specie vi è stata una palese violazione della normativa vigente, che effettivamente, in linea di principio, inibisce la prescrizione off label ex art. 3 I co. legge Di Bella. Ma che poi invece prevede regole che la consentono a certe condizioni. Regole che non risultano considerate in sentenza, forse perché vengono comunque ritenuti anche altri profili di colpa a conferma della condanna.

E' tuttavia interessante individuare le regole che consentono la prescrizione off label e quale fra esse ha natura cautelare, così da giustificare quindi l'affermazione della colpa medica in caso di violazione.

 

4. Le regole.

Le regole interessate sono contenute nell'art. 3 II co. della legge Di Bella. Salta agli occhi in primis la regola per la quale l'uso off label deve essere noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale. La natura cautelare della regola è palmare, perché palmare è il suo fine di prevenire eventi avversi della terapia off label.

E' regola cautelare scritta ed emerge così, ovviamente, un raro caso di colpa specifica nel diritto penale della medicina.

Potrebbe apparire una regola cautelare fin troppo ovvia. In realtà non è così, se si riflette sul fatto che il codice di deontologia medica si accontenta di qualcosa di meno, prevedendo che la prescrizione off label debba essere scientificamente documentata (art. 13 VII co. c.d.m.) e prescindendo dalla notorietà dell'impiego e dall'accredito internazionale delle pubblicazioni scientifiche, che sono invece legislativamente richiesti.

La cautela pretesa dalla legge è quindi più elevata di quella prevista dal codice di deontologia medica: effettivamente in certi casi l'impiego off label può essere davvero rischioso. A rimarcare questo concetto, durante i convegni viene spesso proiettata una slide, che raffigura due cerchi intersecantesi, in uno c'è scritto: appropriatezza terapeutica, nell'altro: errore terapeutico. Nello spazio d'intersezione c'è scritto: prescrizione off label. E' un'immagine pregnante, che riguarda peraltro casi limite di prescrizione off label.

L'art. 3 II co. cit. pone anche la regola che il medico può prescrivere off label se ritiene, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato in label, cioè con un farmaco autorizzato per la malattia da curare. E quindi se il medico ritiene l'utilità sia della terapia in label che di quella off label, è obbligato a praticare quella in label.

A questa regola dovrebbe negarsi natura cautelare. Non è infatti tangibile il fine di prevenire eventi avversi. E' vero che praticare una terapia off label, quando se ne potrebbe praticare una in label, significa comunque assumersi il rischio della non avvenuta sperimentazione della terapia. Ma è anche vero che il fine preventivo di eventi avversi può dirsi ampiamente soddisfatto, se comunque l'impiego off label è noto e avviene sotto l'ala protettrice di letteratura internazionalmente accreditata.

L'obbligo di trattare in label è inoltre regola che mal si concilia, o non si concilia proprio, con il principio costituzionale di libertà terapeutica. E questa è un'ulteriore ragione per ritenerla inapplicabile nel processo penale.

La violazione di questa regola dovrebbe comportare esclusivamente, in ipotesi, solo le conseguenze disciplinari poste dal V co. dell'art. 3 cit. Anche se il disagio d'incostituzionalità comunque persiste: il principio di libertà terapeutica non è "negoziabile", come è stato di recente efficacemente evidenziato in dottrina[10]. La non negoziabilità dovrebbe farsi sentire sotto tutti gli aspetti, senza nulla concedere dunque, neppure sotto l'aspetto disciplinare.

L'esclusione di conseguenze penali dovrebbe inoltre ridurre quel "trucco" tipico della medicina difensiva che è la modificazione della diagnosi, così che l'impiego del farmaco si possa ritenere in label anziché off label. Avviene cioè che il medico diagnostica la malattia x sapendo che la diagnosi esatta è y. Lo fa perché vuole trattare il paziente con il farmaco k, che ha come indicazione terapeutica x e che è impiegato off label per y. Questo avviene soprattutto in psichiatria, che è il settore che maggiormente si presta ad una diversa lettura del quadro sintomatologico e quindi ad un più agevole mascheramento di questo atto medico difensivista.

Natura cautelare deve essere negata all'art. 3 cit. anche laddove esige la presenza del consenso informato del paziente. Qui il codice di deontologia medica si mostra più severo della legge, ancorando la liceità dell'impiego off label alla forma scritta del consenso (art. 13 VIII co. c.d.m.). Indipendentemente dalla forma, la regola che pone l'obbligo di acquisizione del consenso informato non ha un fine di prevenzione di eventi avversi, ma quello di tutelare il diritto all'autodeterminazione terapeutica del paziente. Questo già in termini generali, prescindendo quindi dall'essere la prescrizione in scheda o fuori. Sul punto l'opinione della giurisprudenza è espressa in un modo che più chiaro non si potrebbe: "L'obbligo di acquisizione del consenso informato del paziente, non solo non è previsto che avvenga tassativamente in forma scritta, ma non costituisce nemmeno una regola cautelare e dunque la sua inosservanza da parte del medico non può costituire, nel caso che l'intervento abbia causato delle lesioni, un elemento per affermare automaticamente la responsabilità a titolo di colpa"[11].

L'opinione ed è stata ribadita anche nell'anno in corso: "...l'obbligo di acquisire il consenso informato non integra una regola cautelare la cui inosservanza influisce sulla colpevolezza, essendo l'acquisizione del consenso preordinata a evitare non già fatti dannosi prevedibili (ed evitabili), bensì a tutelare il diritto alla salute e, soprattutto, il diritto alla scelta consapevole in relazione agli eventuali danni che possano derivare dalla scelta terapeutica..."[12].

Secondo la giurisprudenza, esiste un'ipotesi nella quale la violazione della regola di acquisizione del consenso dà luogo a colpa, quando cioè tale violazione impedisce al medico "...di acquisire la necessaria conoscenza delle condizioni del paziente medesimo e di acquisire un'anamnesi completa"[13]. Si fa l'esempio della "...mancata conoscenza di un'allergia ad un determinato trattamento farmacologico..."[14].

Al riguardo appare opportuno un chiarimento. Di certo ha natura cautelare la regola che pone l'obbligo di svolgere un'anamnesi completa, ma questa è regola che non interferisce con quella che pone l'obbligo di acquisire il consenso informato. Sono regole diverse, perchè operano su piani diversi: quello anamnestico e quello informativo. Piani distinti cronologicamente, perché il colloquio anamnestico precede quello informativo; finalisticamente, perché l'anamnesi è tesa ad una corretta diagnosi, prognosi e terapia, mentre l'informazione è tesa all'autodeterminazione del paziente, quando il medico sa già come intervenire; soggettivamente, perché nell'anamnesi è il paziente che informa il medico, mentre per il consenso è il medico che informa il paziente.

Ne deriva che la regola che pone l'obbligo di acquisizione del consenso informato risulta priva, senza eccezioni, di natura cautelare.

La violazione di questa regola non potrà giustificare quindi l'affermazione della colpa per la prescrizione off label, se appunto non preceduta dal consenso informato. Potrà però giustificare conseguenze disciplinari, previste ancora dall'art. 3 V co. cit.

Natura cautelare va infine negata anche a due disposizioni di due leggi finanziarie: l'art. 1 co. 796 lett. z della legge finanziaria del 2007 (l. 296 del 27 dic. 06) e l' art. 2 co. 348 di quella del 2008 (l. 244 del 24 dic. 07). La prima disposizione vieta le prescrizioni off label, a carico del servizio sanitario, in forma diffusa e sistematica. La seconda pone espressamente il divieto di prescrivere off label se non sono disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazione clinica di fase seconda. Sono disposizioni che hanno un fine prettamente di contenimento della spesa sanitaria pubblica, dato il contesto nel quale sono inserite. Vietano quindi che il medico prescriva off label su ricetta a carico del servizio sanitario (c.d. rossa), con conseguenze anche qui non penali, ma solo economiche e disciplinari. Ma quelle disposizioni non vietano che il medico prescriva su ricetta a carico del paziente (c.d. bianca), se il paziente, animato dalla speranza di guarigione, è disposto a farsi carico dei costi di una terapia off label non coperta dal servizio sanitario.

La speranza di guarigione è del paziente. E il medico ha l'obbligo deontologico di fargliela nutrire[15]. Ma anche chi interpreta la legge può condividerla. E alimentarla con la sua interpretazione.

 


[1] http://www.torrinomedica.it/farmaci/schedetecniche/Viagra.asp#axzz2OTcn5epb

[2] http://www.prevenzione-cardiovascolare.it/archivio/archivio_text.php?cat_id=478&pos=0

[3] V. amplius, Roiati, Medicina difensiva e colpa professionale medica in diritto penale, Milano, 2012, nel capitolo riservato all'argomento, 217 e ss., con bibliografia e giurisprudenza ivi citata.

[4] Art. 3. Osservanza delle indicazioni terapeutiche autorizzate.

1. Fatto salvo il disposto dei commi 2 e 3, il medico, nel prescrivere una specialita' medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalita' di somministrazione previste dall'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dal Ministero della sanita'.

2. In singoli casi il medico puo', sotto la sua diretta responsabilita' e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, impiegare un medicinale prodotto industrialmente per un'indicazione o una via di somministrazione o una modalita' di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata, ovvero riconosciuta agli effetti dell'applicazione dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora il medico stesso ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i qual sia gia' approvata quella indicazione terapeutica o quella via o modalita' di somministrazione e purche' tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale.

3. Fino al termine della sperimentazione di cui all'articolo 1, sono fatti salvi gli atti  del medico che, limitatamente al campo oncologico, abbia impiegato o impieghi  medicinali a base di octreotide o di somatostatina, purche' il paziente renda per iscritto il proprio consenso dal quale risulti che i medicinali impiegati sono sottoposti a sperimentazione.

3-bis. Nelle ipotesi disciplinate dai commi 2 e 3 il medico trascrive sulla ricetta, senza riportare le generalita' del paziente, un riferimento numerico o alfanumerico di collegamento a dati d'archivio in proprio possesso che consenta, in caso di richiesta da parte dell'autorita' sanitaria, di risalire all'identita' del paziente trattato.

4. In  nessun caso il ricorso, anche improprio, del medico alla facolta' prevista dai commi 2 e 3 puo' costituire riconoscimento del diritto del paziente alla  erogazione dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale, al di fuori dell'ipotesi disciplinata dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648.

5. La violazione, da parte del medico, delle disposizioni del presente articolo e' oggetto di procedimento disciplinare ai sensi del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233.

[5] Giunta, Il caso Di Bella: libera sperimentazione terapeutica e responsabilità penale, in Dir. pen. proc., 1998, p. 668

[6] Corte Costituzionale n. 282/2002, in Ced Cass.

[7] http://www.torrinomedica.it/farmaci/schedetecniche/Propofol_Kabi.asp#axzz2OTcn5epb

[8] http://prontuario.eperto.com/farmaco.php?nome=CATAPRESAN*30CPR+150MCG

[9] http://www.paginesanitarie.com/skfarmaci/monografia%20di%20valium%20im%203f%2010mg%202ml.htm

[10] Risicato, Commento a Cass. Sez, IV, 11 lug. 12 (dep.19 set. 12), n. 35922, Ingrassia, est. Piccialli, in Dir. pen. e proc., 13, 200

[11] Cass. Sez. IV, 10 lug. 09 (dep. 25 set. 09), n. 37875, Jaus, est. Massafra, in Giunta e altri, Il diritto penale della medicina nella giurisprudenza di legittimità, E.S.I., 2011

[12] Cass. Sez. IV, 21 dic. 12 (dep. 29 gen. 13) n. 4541, Carlino, est. Massafra, inedita

[13] Sent. Jaus cit.

[14] Cass. Sez. IV, 24 giu. (30 set. 08) n. 37077, Marazziti, est. Piccialli, in Giunta e altri, Il diritto penale della medicina cit.

[15] V. art. 33 c.d.m., sia pure obbligo limitato al momento della comunicazione di prognosi gravi o infauste.