ISSN 2039-1676


24 settembre 2013 |

Manipolazione del mercato e giudizio di accertamento del pericolo concreto: il caso FIAT

Corte d'appello di Torino, 21 febbraio 2013 (dep. 28 febbraio 2013), Pres. est. Pallini, Imp. Gabetti

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1. Pubblichiamo, in attesa della nuova pronuncia della Cassazione, la sentenza della Corte d'appello di Torino sulla responsabilità per i comunicati diffusi al pubblico nell'agosto del 2005 da IFIL Investments s.p.a. e Giovanni Agnelli & C. s.a.p.a. sulla vicenda del prestito di tre miliardi di euro contratto da FIAT s.p.a. nel 2002.

La Corte d'appello, quale giudice di rinvio a seguito di annullamento della Corte di cassazione, ha riformato la sentenza di assoluzione resa in primo grado. In particolare, i giudici della Corte d'appello hanno affermato la responsabilità degli imputati per il delitto di manipolazione del mercato di cui all'art. 185 TUF, ritenendo accertata la concreta idoneità dei comunicati diffusi al pubblico a provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari.

 

2. In sintesi i fatti oggetto della vicenda come ricostruiti nelle citate pronunce.

Il 26 luglio 2002 FIAT s.p.a. contrae un debito di 3 miliardi di euro con un gruppo di banche. Il contratto prevede che la restituzione debba avvenire entro il 20 settembre 2005 e che, in caso di mancato rimborso, il debito sarà automaticamente convertito in azioni.

Nel 2005, al vertice del gruppo Agnelli si trova la Giovanni Agnelli & C. che è azionista di controllo di FIAT, avendo il contemporaneo controllo azionario delle società EXOR, IFI e IFIL. In particolare, IFIL Investments - società controllata al 63,6% da IFI, che è una società interamente posseduta da Giovanni Agnelli & C. - detiene in FIAT una partecipazione pari al 30,6%.

Se FIAT non rimborsa il prestito contratto nel 2002, la conversione del relativo importo in capitale azionario sottoscritto dalle banche creditrici determinerà un nuovo assetto proprietario. Per effetto della diluizione conseguente all'aumento di capitale, infatti, la partecipazione di IFIL scenderà ad una quota pari al 22%. Per il gruppo Agnelli, dunque, al fine di evitare di perdere il controllo della società FIAT, si pone l'imprescindibile necessità di impedire che la partecipazione azionaria di IFIL scenda al di sotto del 30% del capitale, quota necessaria per ritenere non contendibile la società.

Il 26 aprile 2005 EXOR, società controllata dalla Giovanni Agnelli & C., stipula con Merill Lynch International (MLI), banca d'affari di dimensioni multinazionali, un contratto di equity swap. Il contratto di equity swap è un contratto che ha natura prevalentemente finanziaria e consiste in un cosiddetto derivato costituito, in pratica, da una scommessa. Il contratto prevede che (i) MLI acquista 90 milioni di azioni FIAT, e cioè un valore di azioni esattamente corrispondente a quello che sarebbe necessario al gruppo Agnelli per mantenere la quota di partecipazione azionaria del 30,6% dopo il convertendo, ad un prezzo non superiore a 6 euro per azione; (ii) alla scadenza del contratto, che viene individuata alla data del 23 dicembre 2006, se il valore del titolo FIAT sarà superiore a 6 euro, EXOR incasserà la plusvalenza, se sarà inferiore, la incasserà invece MLI. L'operazione non viene comunicata al pubblico.

Lo stesso 26 aprile 2005 FIAT comunica di avere incontrato i rappresentanti delle banche creditrici e annuncia che il 20 settembre procederà all'aumento di capitale funzionale alla conversione del debito in azioni, dal momento che FIAT non potrà rimborsare il prestito.

Tra il 20 aprile e il 20 settembre 2005 - cioè tra la stipulazione dell'equity swap e la scadenza del prestito convertendo - l'azione FIAT registra una variazione positiva del 55% accompagnata da elevati volumi di scambio: il prezzo passa da 4,6 euro e 7,15 euro per azione.

Il 23 agosto 2005 la Consob invia ad IFIL e Giovanni Agnelli & C. una "Richiesta di comunicazione al pubblico di notizie ai sensi dell'art. 114, comma 5, del d.lgs. 58/1998" in cui chiede di «[...] diffondere un comunicato stampa contenente informazioni in merito ad eventuali iniziative intraprese e/o allo studio in relazione alla prossima scadenza del ... prestito convertendo, nonché ad eventuali nuovi fatti rilevanti riguardanti la sfera societaria e comunque ogni notizia utile a spiegare l'andamento delle quotazioni dei titoli emessi dalla medesima società».

Il 24 agosto 2005 IFIL e Giovanni Agnelli & C. diffondono i comunicati oggetto di contestazione, in cui si legge: « [...] IFIL precisa di non aver intrapreso né studiato alcuna iniziativa in relazione alla scadenza del prestito convertendo e ribadisce di non disporre di alcun elemento utile a spiegare tale andamento, né di informazioni relative a nuovi fatti rilevanti che possano aver influito sull'andamento stesso. Peraltro, IFIL conferma, ribadendo quanto già espresso in sede di assemblea degli azionisti del 27.6.2005, l'intenzione di rimanere azionista di riferimento di FIAT. Al riguardo IFIL valuterà eventuali iniziative al momento opportuno».

Il 12 settembre 2005 FIAT decide l'aumento di capitale al prezzo di 10,28 euro per azione, prezzo largamente superiore al valore di mercato di 7,3 euro.

Il 15 settembre MLI ed EXOR modificano ufficialmente il contratto di equity swap prevedendo: la chiusura anticipata del contratto indicando come momento dell'esecuzione il 20 settembre 2005; l'acquisto da parte di EXOR da MLI di 82,25 milioni di azioni FIAT al prezzo di 5,6 euro per azione. Con un ulteriore contratto le parti stabiliscono che EXOR venderà a IFIL le azioni FIAT ricevute da MLI al prezzo di 6,5 euro per azione. Grazie a questa operazione, quindi, IFIL manterrà (anche dopo l'aumento di capitale allo scadere del prestito concesso agli istituti bancari) una partecipazione del 30,06% in FIAT tale da garantirne il controllo.

Lo stesso 15 settembre 2005 IFIL comunica al pubblico di avere deliberato l'acquisto da EXOR delle 82,25 milioni di azioni FIAT rinvenute a seguito dell'operazione di equity swap tra EXOR e MLI, osservando che l'operazione consente, da un lato, «di mantenere invariata la quota di partecipazione di IFIL in FIAT dopo l'aumento deliberato ... ai sensi del contratto di finanziamento convertendo», dall'altro, «di cogliere un'opportunità irripetibile per partecipare in pieno ai progressi attesi per il gruppo FIAT».

Dopo tale annuncio, essendo ormai noto che IFIL manterrà la quota del 30% in FIAT e che la società non è pertanto contendibile, l'azione FIAT registra una perdita del 7,9%.

Per questi fatti la Procura della Repubblica di Torino ha instaurato un procedimento penale nei confronti di Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Virgilio Marrone, e cioè nei confronti dei soggetti che, secondo l'Accusa, contribuirono alla materiale diffusione dei comunicati al pubblico: il primo nella sua qualità di rappresentante legale di IFIL e Giovanni Agnelli & C., nonché amministratore delegato di IFIL, il secondo in qualità di consulente legale del Gruppo FIAT, nonché consigliere d'amministrazione di IFIL, il terzo in quanto procuratore di Giovanni Agnelli & C.

 

3. A conclusione del giudizio di primo grado, il Tribunale di Torino, con sentenza resa il 21 dicembre 2010 e depositata il 18 marzo 2011 (clicca qui per scaricare il testo della sentenza), ha assolto tutti gli imputati dal reato di manipolazione del mercato previsto dall'art. 185 TUF per insussistenza del fatto (a commento della sentenza del Tribunale di Torino si veda: D. Falcinelli, Il giudice, l'antifrasi e una "Fata morgana": se il tipo del pericolo concreto esprime un'offesa di danno (di un bene astratto), in questa Rivista, 3 giugno 2011; nonché S. Preziosi, Il pericolo come evento e l'abbandono dello schema di accertamento prognostico nei reati di pericolo concreto, in Giur. comm., 2012, 379, e M. Scoletta, Prognosi e diagnosi del pericolo nel delitto di manipolazione del mercato, in Corr. mer., 2011, 844).

Ad avviso del giudice di prime cure, per potersi configurare un'ipotesi di manipolazione del mercato occorre stabilire, in ossequio al dettato normativo, se il comunicato sia concretamente idoneo a provocare una sensibile alterazione del prezzo dello strumento finanziario e, cioè, occorre accertare la sussistenza del pericolo concreto. Questa verifica è necessaria in quanto la natura di pericolo concreto del delitto di manipolazione del mercato è ciò che distingue tale norma dal corrispondente illecito amministrativo di cui all'art. 187ter TUF, che si configura quale illecito di pericolo astratto.

Il Tribunale ritiene però che la valutazione rimessa al giudice di merito non possa fondarsi sul metodo della c.d. prognosi postuma, basata cioè su un giudizio ex ante, dal momento che tale metodo - derivato da quello proprio del delitto tentato ex art. 56 c.p. - condurrebbe a una valutazione in termini di pericolo astratto, non conforme al disposto dell'art. 185 TUF. Osserva il Collegio che «la valutazione del pericolo concreto deve riguardare situazioni concrete effettivamente prodotte dalla condotta e non può quindi ridursi ad un semplice giudizio sulla condotta stessa».

Il giudice di merito deve quindi condurre una vera e propria diagnosi di ciò che è realmente avvenuto e verificare gli effetti in concreto prodotti dal comunicato stampa sul mercato finanziario.

Tali effetti, rileva il Tribunale, possono concretizzarsi o in un'effettiva alterazione dell'andamento del titolo - e in questo caso non si potrà parlare soltanto di pericolo, bensì di vero e proprio danno al mercato -, o nell'assenza di qualsivoglia evidenza di un andamento anomalo dello strumento finanziario, come effettivamente accadde secondo il Tribunale nel caso di specie.

Non essendo rilevabili ulteriori fattori, esterni ed indipendenti rispetto al comunicato stampa incriminato, che possano aver ridotto o impedito il realizzarsi dell'alterazione del prezzo del titolo, non può che concludersi per l'inidoneità alterativa del comunicato stampa e per l'insussistenza del fatto tipico di manipolazione del mercato ex art. 185 TUF.

Avverso la sentenza del Tribunale di Torino, la Procura ha proposto ricorso "per saltum" in Cassazione.

 

4. La quinta Sezione penale della Corte di cassazione - con sentenza resa il 20 giugno 2012 e depositata il successivo 15 ottobre (clicca qui per scaricare il testo della sentenza) - ha accolto il ricorso proposto dalla Procura e ha annullato la sentenza impugnata rinviando alla Corte d'appello di Torino per il giudizio di secondo grado.

Rileva, innanzitutto, la Suprema Corte che la linea di demarcazione tra reati di pericolo astratto e reati di pericolo concreto tracciata dal collegio torinese non è giuridicamente corretta. Secondo i giudici di prime cure, la situazione di pericolo concreto richiesta dal delitto di manipolazione del mercato assumerebbe il carattere di evento naturalistico che andrebbe verificato con valutazione ex post, guardando, cioè, alle concrete reazioni del mercato in seguito alla diffusione del comunicato falso.

In realtà, osserva la Cassazione, il delitto di manipolazione del mercato è un reato di mera condotta e non d'evento, che si consuma nel momento in cui ha luogo la diffusione della notizia falsa. La verifica dell'idoneità della falsa notizia a produrre gli effetti distorsivi sul mercato finanziario (vale a dire: la verifica della situazione di pericolo) deve essere riportata a tale momento, con la conseguenza che l'unico criterio utilmente applicabile è quello della prognosi postuma (sulla natura del delitto di manipolazione del mercato quale reato di mera condotta pericolosa, e non già di evento, si veda la nota - a commento di una coeva sentenza della Corte di Cassazione in tema di aggiotaggio - di F. Viganò, La Cassazione chiude il caso della scalata Antonveneta (e perde una preziosa occasione per fare un po' di chiarezza sui delitti di aggiotaggio), in questa Rivista, 7 aprile 2013).

Rilevano poi i giudici di legittimità che il Tribunale è incorso in altre affermazioni che sono carenti di pregio giuridico, là dove: (a) ha escluso la possibilità di un raffronto tra gli effetti del comunicato falso e quelli che sarebbero potuti derivare dalla comunicazione vera, sul presupposto per cui, trattandosi di giudicare un comportamento commissivo e non omissivo, non vi sarebbe spazio per una verifica controfattuale; (b) ha escluso l'obbligo per gli imputati di fornire notizie vere; (c) ha negato l'utilità di una ricerca del contenuto che avrebbe dovuto connotare la notizia vera.

In realtà, osserva la Suprema Corte, (a) l'individuazione del contenuto della notizia vera è un presupposto necessario alla formazione del giudizio sulla falsità stessa della notizia, in quanto «non è dato parlare di falsità, se non in esito ad un confronto col dato veridico e alla constatazione della relativa difformità»; (b) l'alternativa alla diffusione delle false notizie non era costituita dal mero silenzio, giacché vi è un preciso obbligo giuridico di ottemperare alla richiesta di diffusione al pubblico di informazioni rivolta dalla Consob ai sensi dell'art. 114, co. 5, TUF; (c) ai fini dell'accertamento del reato, non è impossibile ed è anzi doverosa la verifica (impropriamente definita "controfattuale"), diretta a stabilire, con giudizio ex ante, quali conseguenze avrebbe prodotto sul mercato finanziario la diffusione della notizia vera.

 

5. Con la sentenza qui pubblicata, la Corte d'appello di Torino - quale giudice di rinvio ai sensi dell'art. 623 c.p.p. - ha riconosciuto gli imputati Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens entrambi colpevoli del reato di manipolazione del mercato loro contestato, condannandoli alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e al pagamento della multa di 600 mila euro.

In particolare, per la parte che qui soprattutto interessa, la Corte d'appello torinese ha rilevato che, immediatamente dopo il comunicato del 24 agosto 2005, il titolo FIAT incontrò una moderata flessione (pari al 4,7%) che tuttavia recuperò in breve tempo sino a raggiungere, il successivo 14 settembre, il valore massimo di 7,7 euro per azione. Dopo il 15 settembre 2005, invece, quando fu diffusa la notizia dell'acquisto da parte di IFIL delle azioni FIAT già comperate sul mercato da MLI e il mercato venne quindi a conoscenza che IFIL avrebbe mantenuto la qualità di azionista di controllo, la flessione fu assai più marcata. Infatti, tra il 16 e il 23 settembre il titolo fece registrare una perdita pari al 7,9%, senza più raggiungere, neppure in seguito, il valore massimo di euro 7,7 per azione.

Il comunicato vero - quello che il 24 agosto 2005, a seguito alla richiesta rivolta dalla Consob, FIAT avrebbe dovuto pubblicare in luogo di quello diffuso - avrebbe dunque verosimilmente prodotto un effetto sostanzialmente sovrapponibile a quello del 15 settembre. Dalla comparazione tra gli effetti prodottisi all'indomani del comunicato falso e gli effetti manifestatesi dopo la diffusione della notizia, la Corte ricava che se fosse stato diffuso un comunicato veridico, il corso dell'azione FIAT sarebbe sceso non di qualche punto, come in effetti è avvenuto, ma in termini assai più sensibili, così come accaduto il 15 settembre 2005, quando vennero definitivamente meno le aspettative del mercato in merito alla contendibilità del controllo della società.

In definitiva, osserva il collegio torinese, adottando il metodo della prognosi postuma indicato dalla Cassazione (e, quindi, svolgendo una verifica ex ante delle conseguenze che avrebbe prodotto sul mercato finanziario la diffusione della notizia vera), si può affermare che la diffusione, il 24 agosto 2005, di un comunicato falso sia stata idonea a impedire (e di fatto impedì) quella sensibile flessione del prezzo del titolo, che si sarebbe invece immediatamente prodotta laddove fosse stato invece diffuso un comunicato veridico, con il quale fossero state rese note al mercato le precedenti operazioni finanziarie che di fatto garantivano anche per i futuro a IFIL il mantenimento del controllo su FIAT: ciò che appare sufficiente, secondo i giudici del gravame, per affermare che la diffusione di tale comunicato sia stata concretamente idonea a provocare una sensibile alterazione del prezzo dell'azione FIAT, come richiesto dall'art. 185 TUF.