ISSN 2039-1676


28 ottobre 2013 |

Il disegno di legge in materia di negazionismo passa all'esame dell'aula del Senato

Disegno di legge S. 54-A (Amati e a.)

 

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1. Dopo la mancata approvazione del testo in sede deliberante, il 16 ottobre scorso la Seconda Commissione Permanente (Giustizia) ha trasmesso all'aula del Senato il ddl S. 54-A, intitolato "Modifiche all'articolo 414 del codice penale in materia di negazione di crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, nonché di apologia di crimini di genocidio e crimini di guerra".

 

2. Il testo ora all'esame del Senato si differenzia da quello del ddl originario S. 54, poiché recepisce alcuni emendamenti proposti in Commissione. Il vecchio testo, infatti, interveniva sull'art. 3 co. 1 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, di ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, fatta a New York nel 1966. In particolare, aggiungeva a tale comma una lettera b-bis), che avrebbe consentito di punire "con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 10.000 euro chiunque pone in essere attività di apologia, negazione, minimizzazione dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, o propaganda idee, distribuisce, divulga o pubblicizza materiale o informazioni, con qualsiasi mezzo, anche telematico, fondati sulla superiorità o sull'odio razziale, etnico o religioso, ovvero, con particolare riferimento alla violenza e al terrorismo, se non punibili come più gravi reati, fa apologia o incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, anche mediante l'impiego diretto od interconnesso di sistemi informatici o mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili".

 

3. Il ddl S. 54-A, invece, ha un'impostazione diversa, in quanto interviene esclusivamente sull'art. 414 c.p. e, dunque, sul delitto di istigazione a delinquere. Più specificamente, inserisce dopo l'attuale terzo comma il seguente: "La pena di cui al primo comma, numero 1), si applica a chiunque nega l'esistenza di crimini di genocidio o contro l'umanità o di guerra".

Inoltre, modifica in questi termini la formulazione del vigente ultimo comma della norma: "Fuori dei casi di cui all'articolo 302, se l'istigazione o l'apologia di cui ai commi precedenti riguarda delitti di terrorismo, crimini di genocidio, crimini contro l'umanità o crimini di guerra, la pena è aumentata della metà".

 

4. In conclusione, la riforma lascia invariati i primi due commi dell'art. 414 c.p., relativi alla pubblica istigazione a commettere generici delitti o contravvenzioni. Non muta neanche il terzo comma, che si riferisce alla pubblica apologia di uno o più generici delitti. La riforma consentirà, invece, di punire con la reclusione da uno a cinque anni chiunque neghi l'esistenza di crimini di genocidio o contro l'umanità o di guerra. Inoltre, nel caso in cui l'istigazione o l'apologia riguardi gli specifici delitti di terrorismo, crimini di genocidio, crimini contro l'umanità o crimini di guerra, la pena applicabile sarà aumentata della metà, sempre che non si rientri nel disposto dell'art. 302 c.p., che incrimina l'istigazione a commettere alcuni delitti posti in essere contro la personalità interna od internazionale dello Stato.

Continueremo a seguire l'iter parlamentare di questo disegno di legge, che adempie - seppure parzialmente - gli obblighi imposti all'ordinamento italiano dalla decisione quadro dell'Unione europea 2008/913/GAI, il cui termine di attuazione è invano scaduto il 28 novembre 2010. Obblighi che che, da un lato, mirano a soddisfare elementari esigenze di tutela della memoria delle vittime di gravi drammi storici ed, indirettamente, intendono contribuire a contrastare i molteplici fenomeni di discriminazione razziale ancora oggi esistenti, ma che, dall'altro, presentano indubbi e delicati problemi di interferenza con il diritto alla libera manifestazione del pensiero e, in particolar modo, il diritto alla libera ricerca storica.