ISSN 2039-1676


28 novembre 2011 |

La tutela del giudice amministrativo avverso le sanzioni "penali" dell'AGCM è conforme ai principi dell'equo processo sanciti dalla Convenzione EDU

Corte EDU, sez. II, sent. 27.9.2011, ric. n. 43509/08, Pres. Tulkens, Menarini Diagnostics s.r.l. c. Italia

 

L'Autorità italiana Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) infliggeva alla società Menarini Diagnostics s.r.l. una sanzione amministrativa pecuniaria di 6 milioni di euro per pratiche anticoncorrenziali sul mercato dei test diagnostici del diabete.

La società impugnava il provvedimento sanzionatorio innanzi al giudice amministrativo, contestando sia la qualificazione delle proprie condotte come anticoncorrenziali, sia l'ammontare dell'ammenda, ritenuta sproporzionata rispetto alle violazioni contestate.

Sia il TAR (nel 2003) che il Consiglio di Stato (nel 2006) rigettavano il ricorso, rilevando - sulla base della giurisprudenza consolidata a quell'epoca, ossia prima dell'entrata in vigore del Codice del processo amministrativo, avvenuta il 16 settembre 2010 - come lo scrutinio del giudice amministrativo avesse per oggetto soltanto la legalità del provvedimento, e pertanto incontrasse il limite della discrezionalità amministrativa, sindacabile soltanto sotto il profilo dell'eccesso di potere: sicché, malgrado la legge attribuisse espressamente al GA il potere di valutare la proporzionalità della sanzione amministrativa, ed eventualmente rideterminarla (cfr. art. 23 della legge n. 689 del 1981, richiamato dalla legge sulla concorrenza n. 287 del 1990), non vi era dubbio che, in base ai principi generali, l'organo giurisdizionale non potesse sostituire le proprie valutazioni dei fatti a quelle dell'autorità indipendente, bensì soltanto verificare che la stessa avesse esercitato correttamente il proprio potere. 

Dopo aver adito invano le Sezioni Unite della Cassazione, la società Menarini ricorreva alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, lamentando la violazione del diritto ad un equo processo, sotto il profilo del mancato esame della fondatezza dell'accusa mossale dell'AGCM.

La Corte di Strasburgo - con la pronuncia cui si accede seguendo il link in calce - si interroga, preliminarmente, sull'applicabilità ratione materiae dell'art. 6 della Convenzione, dal momento che tale norma riserva alla materia penale il diritto all'esame sulla fondatezza dell'accusa, mentre nel caso di specie alla ricorrente era stata inflitta una "sanzione amministrativa pecuniaria".

Sul punto, la risposta dei giudici di Strasburgo è favorevole alla ricorrente, in base ai criteri stabiliti dalla sentenza Engel e altri c. Paesi Bassi per la qualificazione delle misure sanzionatorie: infatti, benché le violazioni in materia concorrenziale costituiscano illeciti amministrativi ai sensi del diritto italiano (primo criterio Engels), la loro qualificazione in termini penali discende dalla natura pubblicistica degli interessi tutelati (secondo criterio), nonché dalla finalità repressiva e general-preventiva della sanzione inflitta, e dalla severità della stessa (terzo criterio) (cfr. C. eur. dir. uomo, grande camera, sent. 23 novembre 1976, Engel e altri c. Paesi Bassi).

Nel merito, i giudici di Strasburgo rigettano il ricorso, rilevando che la società ricorrente aveva beneficiato di un tutela di piena giurisdizione, e non limitata al mero controllo di legalità: il GA, infatti, dopo aver esaminato gli elementi di prova allegati dalle parti, aveva svolto un adeguato sindacato sulle valutazioni tecniche dell'amministrazione, nonché una dettagliata analisi circa l'adeguatezza della sanzione ai rilevanti parametri, compresa la proporzionalità. La Corte, in conclusione, dichiara che non vi è stata violazione dell'art. 6 comma 1 Cedu.

Di particolare interesse per il penalista è l'opinione dissenziente del giudice De Albuquerque. Questi evidenzia come il sindacato del GA italiano sulla discrezionalità tecnica della PA sia di tipo debole, in quanto, almeno con riferimento alle valutazioni basate su scienze opinabili - come l'economia - non contempla alcun potere sostitutivo: pertanto - prosegue la dissenting opinion - la qualificazione dei fatti dai quali è dipesa l'applicabilità della sanzione - formalmente amministrativa, ma sostanzialmente penale - è rimasta affidata all'amministrazione, con grave pregiudizio per i principi di legalità della sanzione penale e di separazione dei poteri. Nell'ultimo capoverso, tuttavia, il giudice dissenziente evidenzia come a tale situazione di illegittimità convenzionale l'ordinamento italiano abbia ormai posto rimedio attraverso la previsione, nel nuovo Codice del processo amministrativo (alla lettera c) dell'art. 134), di una giurisdizione di merito in materia di sanzioni amministrative pecuniarie.


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