ISSN 2039-1676


13 aprile 2012 |

La Corte costituzionale sui reati ministeriali: regole di procedura e rapporti tra Autorità  giudiziaria e Parlamento

Corte costituzionale, sentenze nn. 87 e 88 del 12 aprile 2012, Pres. Quaranta, Rel. Tesauro (n. 87) e Lattanzi (n. 88) (il 'Tribunale dei ministri' è competente solo per i reati commessi dai membri del Governo nell'esercizio delle loro funzioni, e l'autorità giudiziaria 'ordinaria', che procede per reati ritenuti non funzionali, non ha doveri di comunicazione al Parlamento delle procedure pendenti)

1. Pubblichiamo immediatamente per la loro importanza, riservandoci per il prossimo futuro una illustrazione più meditata ed articolata, le sentenze depositate dalla Corte costituzionale in data 12 aprile 2012, con le quali sono stati respinti i ricorsi per conflitto tra poteri dello Stato proposti dalla Camera e dal Senato, relativamente ai notissimi procedimenti penali aperti nei confronti degli onorevoli Berlusconi (sentenza 87, giudizio pendente a Milano per concussione ed altro) e Mastella (sentenza 88, giudizio pendente dapprima a S. Maria Capua Vetere e poi a Napoli, per concussione e abuso d'ufficio).

 

2. Per la prima volta la Corte ha ricostruito compiutamente la disciplina dei procedimenti penali per fatti in ipotesi commessi dal Presidente del consiglio o da Ministri.

Una precedente occasione si era creata, dopo la sentenza n. 241 del 2009, in relazione ad un procedimento penale a carico dell'onorevole Matteoli, per fatti asseritamente commessi in epoca nella quale rivestiva la carica di ministro. Con la sentenza in questione la Corte si era occupata della cd. «archiviazione anomala» del Tribunale dei ministri, cioè del provvedimento con il quale lo speciale collegio (istituito dalla legge costituzionale n. 1 del 1989 per conoscere dei reati di cui all'art. 96 della Costituzione) declina la propria competenza funzionale, sul presupposto che gli atti ad esso inviati dal pubblico ministero non riguardino, in effetti, reati commessi dalla persona interessata nell'esercizio delle proprie funzioni. La Corte aveva rilevato, nella specie, come l'Autorità  giudiziaria non avesse comunicato la decisione declinatoria al Parlamento, così come previsto espressamente dalla legge (comma 4 dell'art. 8 della citata legge costituzionale n. 1 del 1989, in relazione al comma 1 dell'art. 2 della legge n. 219 del 1989).

Informata dal Tribunale ordinario ormai procedente per il reato comune, la Camera dei deputati, il 28 ottobre 2009, aveva deliberato che i comportamenti tenuti dal Ministro interessato avrebbero avuto natura funzionale, e sarebbero stati tenuti per il perseguimento di un preminente interesse pubblico, negando così la prescritta autorizzazione a procedere. O, meglio, l'autorizzazione a procedere che sarebbe stata prescritta se davvero i comportamenti in questione fossero stati pertinenti alla funzione di governo.

Proprio tale assunto era stato negato dal giudice procedente, il quale aveva dunque promosso conflitto tra poteri, non già per sindacare la negazione del provvedimento autorizzativo, bensì per contestare il presupposto che avrebbe legittimato l'adozione del provvedimento parlamentare, cioè la natura funzionale della condotta.

Il conflitto era stato dichiarato ammissibile dalla Corte costituzionale con la ordinanza n. 211 del 2010. Tuttavia una decisione di merito è stata poi preclusa dal ritardo con il quale l'Autorità giudiziaria ha depositato gli atti dopo la notifica al Parlamento dell'ordinanza della Corte. Dunque, seguendo una giurisprudenza costante, la Corte medesima ha «definitivamente» dichiarato il conflitto improcedibile con l'ordinanza n. 317 del 2011.

 

3. La situazione determinatasi nei procedimenti a carico degli onorevoli Berlusconi e Mastella è comunque sensibilmente diversa da quella studiata nel procedimento Matteoli.

Nei primi due giudizi, infatti, il pubblico ministero ed il giudice del rinvio a giudizio hanno negato ab initio la natura funzionale dei reati attribuiti all'ex Presidente del consiglio ed all'ex Ministro della giustizia, di talché gli atti non sono stati mai trasmessi al cd. Tribunale dei ministri. Ciò ha comportato che non si creasse la premessa per un'investitura formale del Parlamento, la quale invariabilmente consegue, invece, quando il collegio speciale è chiamato in causa: per la prescritta comunicazione della «archiviazione anomala» (supra), nel caso che la natura funzionale venga disconosciuta, o per la richiesta di autorizzazione a procedere, quando venga stabilita la necessità del rinvio a giudizio per il reato funzionale (comma 1 dell'art. 8 della legge costituzionale n. 1 del 1989).

Naturalmente il ramo competente del Parlamento - anche a prescindere dal clamore mediatico intorno alle relative vicende - è stato comunque «informato» delle procedure in corso (dai Presidenti di gruppi parlamentari nel caso Berlusconi, e dall'interessato nel caso Mastella).

E le due Camere hanno scelto una strada diversa da quella imboccata con il cd. conflitto Matteoli, ove si era deliberato un diniego di autorizzazione come se l'autorizzazione fosse stata richiesta.

Non si è optato neppure per la soluzione che oggi la Corte indica con grande chiarezza, e cioè per la proposizione di un conflitto tra poteri che abbia ad oggetto l'elusione delle prerogative parlamentari sul presupposto della erronea negazione, da parte dell'Autorità giudiziaria,  della natura funzionale del reato attribuito al componente del Governo.

Con insistenza, in entrambe le sentenze, la Corte mette in rilievo questo dato. In nessun atto o momento dei due giudizi il Parlamento ha mai sostenuto che i reati in contestazione, nel giudizio a carico dell'onorevole Berlusconi come in quello a carico dell'onorevole Mastella, sarebbero stati commessi nell'esercizio delle funzioni ministeriali, o meglio non ha mai chiesto che la Corte si pronunciasse al proposito.

Le Camere, piuttosto, ne hanno fatta una «questione di procedura».

 

4. Semplificando di molto, e comunque rinviando alla descrizione analitica che compare nelle parti in fatto delle due sentenze che pubblichiamo, si può dire che in entrambi i conflitti sono state sostenute una tesi principale ed una tesi subordinata.

La prima configura in sostanza una competenza generalizzata dello speciale collegio istituito dalla legge cost. n. 1 del 1989 per tutti i reati commessi da un Ministro o dal Presidente del consiglio dei ministri. Tale competenza implicherebbe, come sopra si è visto, un canale di «comunicazione necessaria» tra l'autorità giudiziaria ed il Parlamento, facendo salve le prerogative dello stesso Parlamento in punto di autorizzazione a procedere per i reati funzionali.

Secondo la tesi subordinata, ed essenzialmente fondata sul principio di «leale collaborazione» tra i poteri dello Stato, per i reati considerati non funzionali potrebbe seguirsi in effetti la procedura ordinaria (dunque indagini ed azione penale a cura del pubblico ministero, e rinvio a giudizio disposto dal giudice per le indagini preliminari), ma l'autorità procedente avrebbe un obbligo di informazione nei confronti della Camera competente.

 

5. Sui quesiti così focalizzati, la Corte costituzionale ha deciso il 14 febbraio 2012, dando informazione pubblica, attraverso un comunicato stampa, che aveva respinto i ricorsi promossi dalla Camera e dal Senato.

Oggi i dispositivi delle sentenze, che si caratterizzano per un percorso motivazionale analogo, chiariscono le opzioni interpretative compiute dalla Consulta.

Alla luce delle rapide osservazioni che precedono, in particolare, dovrebbero comprendersi facilmente i tre punti che caratterizzano ciascuno dei due dispositivi.

In primo luogo, ove il pubblico ministero non ritenga commessi nell'esercizio delle funzioni ministeriali i reati per i quali procede, correttamente provvede a svolgere le indagini e ad esercitare l'azione penale nelle forme ordinarie: dunque «spettava alla Procura della Repubblica [...] di Milano avviare, esperire indagini e procedere alla richiesta di giudizio immediato nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica per un'ipotesi di reato ritenuto non commesso nell'esercizio delle funzioni, omettendo di trasmettere gli atti» al Tribunale dei ministri (sentenza 87);  «spettava alla Procura della Repubblica [...] di Santa Maria Capua Vetere avviare un procedimento penale nei confronti del Ministro della giustizia in carica all'epoca dei fatti per ipotesi di reati ritenuti non commessi nell'esercizio delle funzioni ministeriali, e alla Procura della Repubblica [...] di Napoli proseguirlo ed esercitare l'azione penale con una duplice richiesta di rinvio a giudizio, omettendo di trasmettere gli atti» al citato Tribunale dei Ministri (sentenza 88).

In secondo luogo,  la decisione di rinvio a giudizio (nelle forme previste dal codice vigente, sopravvenuto alla legge costituzionale più volte citata) correttamente viene rivolta al giudice per le indagini preliminari, invece che essere assunta direttamente, come avviene per i reati ministeriali, dallo  speciale collegio.

Dunque «spettava al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Milano proseguire nelle forme comuni ed emettere il decreto di giudizio immediato nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, per un'ipotesi di reato ritenuto non commesso nell'esercizio delle funzioni, omettendo di trasmettere gli atti» al  Tribunale dei ministeri (sentenza 87). Nel contempo, «spettava al Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Napoli rigettare l'eccezione di incompetenza funzionale avanzata dalla difesa del Ministro della giustizia imputato, in carica all'epoca dei fatti, e proseguire nelle forme comuni, per ipotesi di reati ritenuti non commessi nell'esercizio delle funzioni, omettendo di trasmettere gli atti» allo speciale collegio.

Infine, non esiste alcun obbligo di comunicazione, nei confronti del Parlamento, delle procedure «ordinarie» a carico di componenti del Governo.

Dunque, «spettava alla Procura della Repubblica [...] presso il Tribunale ordinario di Milano ed al Giudice per le indagini preliminari di detto Tribunale esercitare le proprie attribuzioni, omettendo di informare la Camera dei deputati della pendenza del procedimento penale nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica» (sentenza 87). Analogamente, «spettava alla Procura della Repubblica [...] di Santa Maria Capua Vetere, alla Procura della Repubblica [...] di Napoli, e al Giudice dell'udienza preliminare [...] di Napoli esercitare le proprie attribuzioni, omettendo di informare il Senato della Repubblica della pendenza del procedimento penale a carico del Ministro della giustizia in carica all'epoca dei fatti».

 

Per accedere alla sentenza n. 87 del 2012 (cd. conflitto Berlusconi), cliccare qui.

Per accedere alla sentenza n. 88 del 2012 (cd. conflitto Mastella), cliccare qui.