ISSN 2039-1676


06 dicembre 2010 |

Cass., Sez. un., 30.9.2010 (dep. 3.12.2010), n. 43055, Pres. Lupo, Rel. Galbiati, Ric. Dalla Serra

Contro la sentenza di proscioglimento pronunciata a fronte della richiesta di decreto penale è ammissibile solo il ricorso per cassazione

È interessante la lettura della recente decisione delle Sezioni unite in materia di impugnazione della sentenza di proscioglimento pronunciata dal giudice delle indagini preliminari, a norma dell’art. 469, comma 3, c.p.p., quando non ritiene accoglibile la richiesta di decreto penale di condanna avanzata dal pubblico ministero.
 
In realtà nessuno dei principi enunciati appare innovativo. E tuttavia la fattispecie sottoposta a giudizio è stata occasione per ripercorrere alcuni punti essenziali della giurisprudenza di legittimità nella materia delle impugnazioni.
 
Anzitutto la questione controversa. Nonostante alcune episodiche voci di segno contrario, è stato ribadito l’assunto già due volte affermato dalle stesse Sezioni unite: contro la sentenza in questione è ammissibile, a norma dell’art. 518, comma 2, del codice di rito, il solo ricorso per cassazione, e non è invece ammissibile, in particolare, la proposizione dell’appello (in tal senso Cass., Sez. un., 11 maggio 1993, n. 6203, P.M. in proc. Amato, in Cass. pen. Mass. 1993, 290, con nota di G. Romeo, Rimedio esperibile contro il proscioglimento in difformità da richiesta di decreto penale: lacune (o incongruenze?) legislative e supplenza (o incongruenza?) giudiziaria; Cass., Sez. un., 9 giugno 1995, n. 18, P.G. in proc. Cardoni, in Cass. pen.  1996, 473, con nota di M. Vessichelli, Prova insufficiente o incompleta e proscioglimento a norma dell'art. 129 cod. proc. pen.).
 
In sintesi, e nel contesto segnato dal principio di tassatività delle impugnazioni, si ritiene decisiva la regola generale per la quale il giudice di appello conferma o riforma i provvedimenti impugnati (art. 606 c.p.p.): non potrebbe, nei casi di specie, ordinare la restituzione degli atti al pubblico ministero (alternativa decisoria che invece spetta al giudice di prime cure), né potrebbe deliberare una decisione di condanna dell’imputato in caso di impugnazione del pubblico ministero.

Interessante anche il «punto» compiuto relativamente alle impugnazioni promosse dopo la prescrizione del reato. La rinuncia alla prescrizione deve consistere in una manifestazione di volontà espressa e puntuale, non potendo dunque essere desunta dal fatto stesso dell’impugnazione. Nel contempo, in caso di ricorso per un reato estinto, i poteri di annullamento della Cassazione sono circoscritti ai casi della immediata constatazione di ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 129, comma 2, c.p.p. (proscioglimento di merito): l’annullamento con rinvio è incompatibile con la declaratoria di estinzione del reato stabilita dagli artt. 129, comma 1, e 620, comma 1, lett. a), dello stesso codice di rito. Connesso a questo principio è l’altro secondo cui, qualora già risulti una causa di estinzione del reato, la sussistenza di una nullità, anche di ordine generale, non è rilevabile nel giudizio di legittimità, con la sola eccezione dei casi in cui non siano richiesti accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito,  o nei quali la nullità afferisca direttamente alle modalità di rilevazione della causa estintiva.