ISSN 2039-1676


30 settembre 2013 |

Le Sezioni Unite sull'individuazione del giudice di rinvio quando il giudice d'appello abbia dichiarato la prescrizione omettendo di motivare sulla responsabilità  civile

Cass., Sez. un., 18 luglio 2013 (dep. 27 settembre 2013) n. 40109, Pres. Santacroce, Rel. Conti, ric. Sciortino

1. Le Sezioni unite penali compongono un perdurante contrasto sulla questione meglio individuata in epigrafe, affermando il principio enunciato nella massima pure in epigrafe trascritta.

Ai fini di una migliore intelligenza della questione di diritto sottoposta all'esame delle Sezioni unite, giova ricordare che l'odierno imputato aveva proposto ricorso contro sentenza della Corte d'appello di Palermo che aveva dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti in relazione ai reati di danneggiamento e lesioni contestatigli per essere i reati estinti a seguito di intervenuta prescrizione.

Lamentava erronea applicazione degli artt. 125.3 e 578 c.p.p., per avere la Corte di merito omesso di esaminare i motivi d'impugnazione, nei quali si denunciavano, con articolati e puntuali rilievi, l'inattendibilità e la contraddittorietà delle dichiarazioni dei testi, coinvolti in un annoso conflitto parentale, senza tener conto del fatto che, come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni unite, l'art. 578 c.p.p. esige un pieno e positivo accertamento della responsabilità dell'imputato, qui mancato.

In particolare, e per quanto interessi, la sentenza impugnata si era limitata ad affermare che "la rappresentazione dei fatti resa dalle due vittime non soltanto si profila concorde sui presupposti di fatto e sulla dinamica sviluppatasi in conseguenza, ma appare anche indicativamente suffragata dalle parziali ammissioni dello stesso imputato ... dagli elementi di convincimento esaminati e valutati dal primo giudice non emergeva una sua evidente estraneità ai fatti o un'insussistenza dei medesimi".

È qui che si colloca la questione controversa: qual è il giudice al quale, in caso di ritenuta fondatezza del motivo di ricorso proposto ai fini della responsabilità civile, occorre rinviare il processo?

Come aveva posto in rilievo l'ordinanza di rimessione, anche avuto riguardo a una specifica segnalazione dell'ufficio del massimario della Corte di cassazione, nella giurisprudenza di legittimità, si fronteggiavano due opposti orientamenti, sorti da una diversa lettura dell'incipit dell'art. 622 c.p.p. (Fermi gli effetti penali della sentenza...).

Secondo un primo orientamento, infatti, quando il giudice di appello rilevi la sopravvenuta prescrizione del reato senza motivare in ordine alla ritenuta responsabilità dell'imputato, ai fini della disposta conferma delle statuizioni civili, la Corte di cassazione deve annullare la sentenza con rinvio allo stesso giudice penale che ha emesso il provvedimento impugnato e non al giudice civile competente per valore in grado di appello ai sensi dell'art. 622 c.p.p., giacché quest'ultima norma presuppone o il già definitivo accertamento della responsabilità penale o l'accoglimento dell'impugnazione proposta dalla sola parte civile avverso sentenza di proscioglimento (Cass., sez. V, 26 marzo 2013 n. 21251, inedita; sez. V, 7 dicembre 2012 n. 5764/2013, in C.e.d. Cass., n. 254955; sez. III, 6 giugno 2012 n. 26863, ivi, n. 254054; sez. V, 15 luglio 2011 n. 42135, ivi, n. 251707; sez. V, 24 marzo 2009 n. 14522, ivi, n. 243343; sez. III, 27 marzo 2008 n. 15653, ivi, n. 239865).

In altri termini, la disciplina eccezionale e derogatoria dell'art. 622 c.p.p. sarebbe applicabile solo quando "l'annullamento faccia seguito ad accoglimento dell'impugnazione proposta dalla sola parte civile avverso sentenza di proscioglimento, o riguardi esclusivamente, in presenza di accertamento definitivo della responsabilità penale, il quantum della pretesa risarcitoria, esso solo demandabile al giudice civile allorché la persona offesa abbia effettuato la scelta, prevista e consentita dall'ordinamento, di esercitare l'azione civile nel processo penale" (così sez. V, n. 21251/2013).

Per l'opposto orientamento, invece, una volta dichiarata l'estinzione del reato per prescrizione, non residua più alcuno spazio per ulteriori pronunce del giudice penale, sicché "altra soluzione non può essere adottata, ai fini delle determinazioni sulle statuizioni civili,, se non quella del rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, non avendo più ragion d'essere la speciale competenza promiscua (penale e civile) attribuita al giudice penale in conseguenza della costituzione di parte civile" (così Cass., sez. VI, 17 aprile 2013 n. 23944, non massimata sul punto; ma v., tra le ultime, anche sez. IV, 26 febbraio 2013 n. 21617, inedita; sez. V, 7 novembre 2012 n. 1084/2013; sez. II, 27 aprile 2010 n. 32577, in 247973, oltre alle molte altre citate nella sentenza in commento).

Com'è evidente, l'indirizzo in questione comprende tra "gli effetti penali della condanna" che, secondo la parte iniziale dell'art. 622 c.p.p., restano "fermi", anche quelli derivanti dalla declaratoria di prescrizione effettuata dal giudice d'appello o da quello di legittimità.

Puntualmente, infine, la sentenza in esame ricorda che Sez. un., 29 settembre 2011 n. 155/2012, in questa Rivista, in un passo della motivazione afferma che è fatto obbligo al giudice d'appello il quale dichiari estinto il reato per prescrizione o amnistia verificatasi nel corso del giudizio di secondo grado di decidere ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza impugnata relativi agli interessi civili e che la relativa valutazione deve essere approfondita nell'esame richiesto dal compendio probatorio acquisito ed esauriente nelle risposte da dare in fatto ai motivi d'appello.

 

2. Premesso un excursus sulle pertinenti decisioni a sezioni unite della Corte suprema, a far tempo da Sez. un., 21 ottobre 1992 n. 1653/1993, in C.ed. Cass., n. 192471, fino alla più recente 30 settembre 2010 n. 43055, in questa Rivista, con nota di Leo, attraverso Sez. un., 28 maggio 2009 n. 35490, in Cass. pen., 2010, p. 4091, con commento di Beltrani (ma in senso diverso, sia pure con riferimento a un caso specifico, si veda anche Sez. un., 3 febbraio 1995 n. 7902, in C.e.d. Cass., n. 201547), la sentenza offre un'ampia ricostruzione storica dell'istituto, a partire dal codice di rito del 1913, attraverso quello del 1930, fino alle vicende che hanno condotto alla formulazione attuale, antesignana della quale fu la legge n. 405 del 1978.

Quindi passa a trarre dalle premesse, tutte coerenti e condivise, delle decisioni delle Sezioni unite, le logiche conclusioni.

In particolare, poiché in presenza di una causa di estinzione del reato, anche se il giudice di merito non compie alcuna valutazione sull'esistenza di cause di proscioglimento nel merito, la sentenza non può essere annullata con rinvio (agli effetti penali), perché lo impedisce l'art. 129, comma 1, c.p.p., il ricorso dell'imputato non può avere ricadute sulle statuizioni penali della sentenza impugnata; ma la circostanza che le sue censure, rivolte all'omessa valutazione della sua responsabilità civile non siano state esaminate dal giudice a quo implica necessariamente che la relativa decisione sia viziata e debba essere annullata.

Sull'individuazione del giudice al quale la regiudicanda deve essere rimessa, molto efficacemente la sentenza rileva che l'orientamento secondo il quale il rinvio andrebbe disposto dinanzi al giudice penale non ha fondamento alcuno, giacché è erronea l'idea che l'art. 622 c.p.p. presupporrebbe un definitivo accertamento della responsabilità penale. Difatti, nel suo inciso iniziale, tale disposizione (fermi gli effetti penali della sentenza) non comporta affatto il riferimento a un "accertamento" della responsabilità penale; d'altro canto, tra gli "effetti penali della sentenza" rientrano sicuramente quelli derivanti da una pronuncia di estinzione del reato e ammettere una riapertura del tema penale solo per effetto dell'incidenza che su di esso, in linea di pura ipotesi, potrebbe avere il riesame dell'accertamento di responsabilità civile finirebbe per alterare e stravolgere fini e meccanismi decisori della giustizia penale in dipendenza di interessi civilistici ancora sub iudice.

Né si potrebbe giungere a diversa conclusione argomentando dalla circostanza che il rinvio dinanzi al giudice civile, comportando, nel prosieguo del giudizio, l'applicazione di regole e forme proprie del processo civile, si possa tradurre in un evento potenzialmente più gravoso per il danneggiato; difatti si tratterebbe di una possibile conseguenza che quest'ultimo ben può mettere nel conto, prospettandosi, nel momento in cui esercita l'azione civile nel processo penale, possibili esiti di quest'ultimo che non siano di condanna e lo obblighino così ad assumere il giudizio in sede civile e, quindi, secondo le regole proprie di questo.

D'altro canto, sull'opposto versante, l'imputato che abbia serie intenzioni a coltivare l'interesse a un pieno accertamento della sua innocenza, anche ai fini della responsabilità civile, sa che può realizzarlo mediante la rinuncia alla prescrizione (o all'amnistia, secondo il dictum di Corte cost., 14 luglio 1971 n. 175).

In conclusione, correttamente le Sezioni unite, condividendo le censure mosse con l'unico motivo di ricorso alla sentenza impugnata, l'hanno annullata con rinvio al giudice civile competente.