ISSN 2039-1676


21 ottobre 2013

La Procura di Agrigento sulle recenti vicende di Lampedusa: una replica al nostro editoriale

Lettera del Procuratore Aggiunto di Agrigento dott. Ignazio Fonzo a Diritto penale contemporaneo a proposito dell'editoriale di L. Masera e F. Viganò del 14 ottobre 2013

Spettabile redazione di Diritto Penale Contemporaneo,

con riferimento all'articolo a firma dei professori Viganò e Masera dal titolo "Abolire la Bossi-Fini?" mi corre l'obbligo di alcune doverose precisazioni.

Tre sono gli argomenti, in particolare, che necessitano, a mio sommesso parere, chiarimenti.

A) Verosimilmente a cagione dell'enfasi eccessiva di alcuni organi di stampa, si è diffusa l'erronea convinzione che coloro i quali, da civili, prestano soccorso ai migranti in difficoltà, per ciò solo verrebbero sottoposti ad indagini quali favoreggiatori dell'immigrazione clandestina ex art. 12 d.lvo 286/98.

E' bene sgombrare il campo, subito, da qualsiasi equivoco in proposito. 

Nessuno, men che meno la Procura di Agrigento che ben conosce le norme vigenti,  ha mai ipotizzato di sottoporre ad indagini chi ha prestato, da civile,  soccorsi ai migranti . Nè mai nessuno è stato processato per queste ragioni.

Il testo del comma 2 del citato art. 12, al riguardo, non si presta ad alcuna interpretazione di segno diverso : "Fermo restando quanto previsto dall'art. 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assisternza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato".

Chi, specie una certa stampa assai disinvolta, dunque, ha affermato ciò  se ne assume la responsabilità avendo redatto - mi si permetta - mistificanti resoconti giornalistici.

Sarebbe bastato verificare alla fonte per evitare simile grave inesattezza, né, da parte di detta stampa, potrà dirsi che la notizia giornalistica non è stata smentita poichè non spetta ad un Ufficio giudiziario, peraltro impegnato in ben più gravi incombenti, replicare ad ogni piè sospinto a notizie giornalistiche imprecise, infondate, non verificate e frutto solo di elaborazioni, ardite per vero, dell'estensore del pezzo giornalistico, posto che anche in sede di conferenza stampa relativa al fermo di Khaled Bensalem questo argomento era stato, il giorno 8 ottobre 2013 ampiamente chiarito.

B) Nella nota dei professori  Viganò e Masera si manifesta stupore per l'iscrizione dei clandestini per il reato di cui all'art. 10 bis d.lvo 286/98, in realtà occorrerebbe stupirsi  del contrario.

Per quanto riguarda gli Uffici giudiziari agrigentini  (v. allegata richiesta di archiviazione standard), infatti,  i Gdp di Agrigento, per ragioni che non si possono approfondire in questa sede, NON accolgono la richiesta di archiviazione da noi formulata e dispongono, quando il migrante non beneficia di asilo politico o comunque di provvedimenti di soggiorno per ragioni umanitarie, l'imputazione coatta.

In sede di udienza la Procura di Agrigento, ex 129 cpp, reitera la richiesta di nlp, ma questa fino ad oggi viene disattesa e, quando si riesce a celebrare il processo, gli imputati vengono condannati alla pena pecuniaria prevista.

Purtroppo, poichè gli imputati vengono difesi da giovani avvocati d'ufficio, non abilitati all'esercizio dinanzi alla Cassazione, non si sono potute impugnare, sinora, queste sentenze per ottenere una delibazione della Suprema Corte. Vero è che il ricorso potrebbe essere sottoscritto dagli stessi imputati, ma lascio immaginare quanto ciò sia improponibile ...

La necessità dell'iscrizione dei migranti nel registro ex art. 335 cpp, poi, deriva da due fattori inequivocabili: da un lato le denunzie - dopo le identificazioni - provenienti dagli organi di Polizia, e dall'altro, come statuito dalla Suprema Corte con plurime decisioni, dalla necessità, ex art. 210 cpp, di assumere le dichiarazioni dei migranti con l'assistenza del difensore di guisa che dette dichiarazioni possano essere utilizzate nei confronti dei soggetti, quelli sì, individuati come favoreggiatori dell'immigrazione clandestina ex art. 12 d.lvo 286/98 (ed al riguardo allego delle pubblicazioni a mia firma - intervento al Convegno sul tema: Esilio, destierro, migrazioni del 27 9 2012 e Le garanzie dell'imputato nei procedimenti in materia migratoria, in I quaderni europei, 4, 2013 - ove tutto ciò viene meglio esplicitato, nonché il provvedimento del Gip di Agrigento dell' 11 10 2013 nel corpo del quale sono state ampiamente illustrate le ragioni che impongono l'iscrizione de qua).

C) Nella stessa nota, infine, si assume che il trattenimento presso i Cpt (o Cie, che dir si voglia) dei migranti oltre i tempi previsti dalla legge sia non solo illegittimo, ma altresì - se mal non ho compreso - illegale, se non illecito penalmente in quanto del tutto ingiustificato e contrario anche a norme internazonali e/o sovranazionali. Il tema è particolarmente delicato e problematico per ragioni che si cercherà di esplicitare.

E' bene tener presente che la stragrande maggioranza dei migranti, pur arrivando in Italia, non vuole permanere nel nostro Paese, bensì raggiungere il Nord Europa spesso per ricongiungersi ai familiari. Per queste ragioni essi rifiutano l'identificazione in Italia, e ciò perché l'eventuale diritto d'asilo può essere richiesto nel primo Paese ove si fa ingresso e pertanto l'identificazione nel nostro territorio determinerebbe l'impossibilità della richiesta all'arrivo in altra Nazione. Le procedure umanitarie, indi, subiscono dei rallentamenti certamente non voluti dagli organi amministrativi, cui si aggiungono, assai di frequente, le esigenze investigative degli organi di polizia tese alla identificazione degli "scafisti", che sovente si nascondono, quando non immediatamente individuati, tra le fila dei migranti richiedenti rifugio e/o asilo. Orbene, con ciò non si vogliono giustificare ritardi o inadempimenti dello Stato Italiano, ma si tenta solo di contribuire alla conoscenza dei fatti per come si verificano "sul campo", tenendo conto delle scarse risorse di uomini e mezzi a disposizione in questo frangente in cui la riduzione della spesa pubblica costituisce il leit motiv quotidiano degli organi di Governo. Può solo assicurarsi, senza tema di smentita, che anche su questo l'eventuale necessaria azione giudiziaria non subisce alcun tipo di condizionamento, basti pensare che nel 2009 i Cpt di Lampedusa furono posti sotto sequestro per violazione delle norme edilizie ed igieniche. E fu consentiata la riapertura solo dopo lavori di adeguamento.

Spero di essere stato esaustivo e che si possa riparare alle imprecisioni rilevate nell'articolo in questione.

Grato per l'attenzione porgo distinti saluti.    

Ignazio Fonzo, Procuratore della Repubblica Aggiunto di Agrigento

* * *

Ci permetta, gentile dott. Fonzo, qualche brevissima replica alle Sue osservazioni.

Le siamo grati, anzitutto, per la Sua netta smentita dell'affermazione, purtroppo ripresa insistentemente dai quotidiani nei giorni scorsi, secondo cui i soccorritori si esporrebbero al rischio di essere sottoposti a procedimento penale. Per quanto si tratti di un'affermazione assurda, ritenevamo e ritieniamo opportuno che da parte di tutte le autorità, comprese quelle giudiziarie, non si sprechi alcuna occasione per denunciarne la falsità, affinché nessuno possa trarne argomento per sottrarsi ai propri obblighi morali e giuridici di salvare vite umane in pericolo.

Quanto all'iscrizione dei sopravvissuti nel registro degli indagati per la contravvenzione di cui all'art. 10 bis, si tratta evidentemente - e Lei ha ragione da vendere sul punto - di un atto dovuto in base alla legge. Il disagio espresso nel nostro editoriale derivava, semmai, dalle scelte comunicative forse non felicissime della Procura: che, subito dopo la tragedia, da un lato confermava l'immediata apertura di indagini nei confronti di persone appena scampate alla morte, e dall'altro escludeva nettamente che fossero state iniziate indagini sui ritardi nei soccorsi, dei quali avevano pure parlato i giornali e che - se sussistenti - integrerebbero ipotesi delittuose ben più gravi rispetto a quella contravvenzione, che tutti gli esperti sanno essere unicamente fonte di inutili ma ingenti esborsi da parte dello Stato in termini di emolumenti ai giudici di pace e agli avvocati d'ufficio. I documenti che Lei ci allega, i quali danno conto dei davvero commendevoli sforzi compiuti dalla Procura per sostenere - invano - presso i giudici di pace la necessità di archiviare sin da subito i relativi procedimenti, confermano purtroppo la sensazione di un assurdo dispendio di forze, in procedimenti destinati al più a concludersi con sentenze che mai saranno eseguite, nei confronti di imputati nel frattempo divenuti irreperibili.

Il nostro dissenso è, invece, di sostanza rispetto alla questione della legittimità dei trattenimenti nel Centro di Lampedusa. Un Centro che non è - ci perdoni l'insistenza sul punto - un "centro di identificazione e di espulsione" (CIE), in cui lo straniero può essere legittimamente trattenuto sulla base del vigente t.u., previa convalida da parte del giudice di pace ai sensi dell'art. 13 Cost. Il centro di Lampedusa è, invece, semplicemente un centro di primo soccorso ed accoglienza (CPSA), nel quale non è lecito privare alcuno straniero della propria libertà personale, quali che siano le condizioni - anche 'emergenziali' - in cui l'accoglienza ha luogo.

Ora, nel nostro ordinamento privare taluno della propria libertà senza averne titolo integra un fatto di sequestro di persona; e un fatto aggravato ai sensi dell'art. 605, comma 2, n. 2 c.p., se il soggetto attivo è un pubblico ufficiale. Come Lei certamente sa, nel 2011 fu presentato presso la Procura di Agrigento un esposto nel quale si denunziava la prassi degli illegittimi trattenimenti nel CPSA di Lampedusa; ma la stessa Procura - dopo aver proceduto all'iscrizione per il solo meno grave delitto di violenza privata - chiese e ottenne l'archiviazione del procedimento (clicca qui per scaricare la richiesta di archiviazione, motivata peraltro in pochissime righe). Non resterà, a questo punto, che rimettersi al prudente apprezzamento della Corte europea dei diritti dell'uomo, che sulla prassi dei trattenimenti di Lampedusa dovrà prestissimo pronunciarsi, in risposta al ricorso al quale facevamo cenno nel nostro editoriale (Francesco Viganò e Luca Masera).