ISSN 2039-1676


23 marzo 2014 |

Rimessa alle Sezioni Unite una questione rilevante in tema di interrogatorio dell'indagato e nuova emissione di misura cautelare

Cass. Sez. V pen., ord. 5 febbraio 2014 (dep. 20 febbraio 2014), n. 8070, Pres. Fumo, Rel. Lignola, Ric. P.M. in proc. Sandomenico

Si segnala ai lettori l'ordinanza di rimessione della Quinta Sezione penale della Corte di Cassazione che chiama le Sezioni Unite ad esprimersi sulla vexata quaestio così testualmente riportata: "se sia necessario il previo interrogatorio in caso di nuova emissione di misura cautelare, a seguito di dichiarazione di inefficacia di quella precedente, per il mancato rispetto dei termini nel procedimento di riesame".

Prima di entrare nel cuore delle diverse ragioni a fondamento delle opposte tesi di cui si dà conto nel provvedimento ex art. 618 c.p.p., corre d'uopo fare brevi cenni al caso di specie per rendere ancor più intellegibile la problematica in parola.

Nel caso in argomento, l'indagato era stato, a suo tempo, sottoposto a misura cautelare personale e al pedissequo interrogatorio di garanzia a mente dell'art. 294 c.p.p. In sede di riesame, veniva dichiarata l'inefficacia della misura coercitiva, in ragione del mancato rispetto da parte dell'Ufficio della Procura di Perugia del termine di cinque giorni per la trasmissione degli atti a supporto della richiesta cautelare (art. 309, comma 5, c.p.p.). Successivamente, il Pubblico Ministero chiedeva e otteneva una nuova ordinanza nei confronti dell'inquisito, senza che nei suoi confronti si fosse proceduto al previo interrogatorio, come richiesto dall'art. 302, comma 1, c.p.p. Sicché, l'interessato proponeva, con successo, una seconda istanza di riesame, adducendo l'omissione del nuovo interrogatorio, a valle dell'imposizione dell'ordinanza ripropositiva della precedente ordinanza cautelare. Con ricorso proposto dalla Procura Generale di Perugia veniva impugnata, avanti alla Suprema Corte, l'ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva accolto l'istanza di riesame presentata dall'indagato che si era doluto dell'omesso interrogatorio, quando era in stato di libertà.

Il Giudice nomofilattico rileva la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale, non solo in seno alla Sezione rimettente, postulando, così, l'intervento esegetico delle Sezioni Unite su una tematica di estrema delicatezza che verte sui livelli di garanzie da accordare al soggetto destinatario di misura coercitiva.

Il trend tradizionale[1] ritiene che l'effetto estintivo portato dall'art. 302, comma 1, c.p.p. debba essere necessariamente interpretato nel senso di escludervi l'ipotesi dell'omesso interrogatorio, laddove nei confronti dell'interessato sia già stato, comunque, espletato l'adempimento processuale previsto dall'art. 294 c.p.p. in vigenza di una prima ordinanza cautelare divenuta inefficace in virtù del mancato ossequio dei termini del procedimento avanti al tribunale del riesame. A supporto della tesi più rigorosa, vi è la considerazione del fatto che il primo comma dell'art. 302 del codice di rito non possa essere oggetto di esegesi ultra litteram, in applicazione del divieto di analogia che governa il sistema delle patologie procedimentali nella fase cautelare. Di talché, secondo tale interpretazione, il corretto espletamento dell'interrogatorio di garanzia, a margine dell'originaria ordinanza applicativa di misura cautelare divenuta inefficace, sarebbe, allo stesso modo, satisfattivo, senza che dalla carenza di un secondo interrogatorio possa derivare alcuna conseguenza processualmente rilevante. Ad adiuvandum, si osserva come nella prassi l'ordinanza coercitiva frutto della nuova richiesta cautelare dell'ufficio inquirente non sia contenutisticamente dissimile da quella genetica. Una species di questo approccio tradizionalistico ritiene superfluo l'interrogatorio in argomento solo quando la nuova ordinanza non abbia alcun elemento di novità e, pertanto, si possa ragionevolmente ritenere che l'indagato sia stato messo già nelle condizioni di difendersi dalla medesima imputazione, all'epoca in cui costui era in vinculis[2].

Di converso, l'indirizzo più garantista[3]amplia la portata dell'estinzione della custodia prevista dall'art. 302, comma 1, c.p.p., soffermandosi sul fatto che detta norma richiede espressamente che la nuova misura sia disposta "previo interrogatorio". Evidente l'obiettivo di prestare maggiori tutele difensive nella fase cautelare, a prescindere dalla circostanza che l'ordinanza in parola sia l'esito di un provvedimento cautelare dichiarato inefficace per questioni di natura formale come quelle richiamate al comma 10 dell'art. 309 c.p.p. Detto indirizzo si fonda sul presupposto che, in realtà, nessuna ordinanza cautelare possa essere caratterizzata da una mera motivazione per relationem ad altra ordinanza dichiarata inefficace, essendovi, peraltro, la necessità di una nuova richiesta cautelare da parte della pubblica accusa.

Delineati i termini del contrasto di legittimità, si auspica che le Sezioni Unite, nella camera di consiglio fissata per il giorno 24 aprile 2014, possano positivamente dirimere il disaccordo, indicando la strada maestra da seguire in un ambito così delicato come quello delle guarentigie nel procedimento cautelare.

 


[1] Cfr. Cass. pen., sez. V, sent. 15 luglio 2010, n. 35931; Cass. pen., sez. I, sent. 28 febbraio 2003, n. 23482.

[2] Cfr. Cass. pen., sez. II, sent. 23 novembre 2012, n. 9258.

[3] Cfr. Cass. pen.,sez. V, sent. 12 novembre 2010, n. 5135; Cass. pen., sez. V, sent. 11 maggio 2010, n. 22801; Cass. pen. sez. VI, sent. 10 giugno 1998, n. 2119.