ISSN 2039-1676


22 luglio 2014 |

Interrogatorio dell'indagato e nuova emissione della misura cautelare

Cass. Sez. Un. pen., sent. 24 aprile 2014 (dep. 1° luglio 2014), n. 8070, Pres. Santacroce, Rel. Rotundo, in proc. Sandomenico

1. Si segnala la pronuncia a Sezioni Unite che ha preso posizione su una questione sottoposta dalla Quinta Sezione penale e, così, testualmente riportata: "se sia necessario il previo interrogatorio in caso di nuova emissione di misura cautelare, a seguito di dichiarazione di inefficacia di quella precedente, per il mancato rispetto dei termini nel procedimento di riesame"[1]. Come si è già avuto modo di preannunciare ai lettori[2], a tale quesito è stata data risposta negativa, nel senso della non necessarietà di un nuovo interrogatorio per la riemissione del provvedimento cautelare divenuto inefficace, a causa della mancata tempestiva trasmissione degli atti da parte della procura della repubblica.

Per meglio comprendere le ragioni che hanno condotto le Sezioni Unite a pervenire alle summenzionate conclusioni è necessario ripercorrere brevemente la fattispecie concreta che ha dato origine al procedimento cautelare personale sottoposto al Giudice di legittimità.

2. L'indagato era stato, a suo tempo, sottoposto a misura custodiale personale e al pedissequo interrogatorio di garanzia a mente dell'art. 294 c.p.p. In sede di riesame, veniva dichiarata l'inefficacia della misura coercitiva, in ragione del mancato rispetto da parte dell'Ufficio della Procura di Perugia del termine di cinque giorni per la trasmissione degli atti a supporto della richiesta cautelare (art. 309, comma 5, c.p.p.). Successivamente, il Pubblico Ministero chiedeva e otteneva una nuova ordinanza nei confronti del prevenuto, senza che nei suoi confronti si fosse proceduto al previo interrogatorio, come richiesto dall'art. 302, comma 1, c.p.p. Sicché, l'interessato proponeva, con successo, una seconda istanza di riesame, adducendo l'omissione del nuovo interrogatorio, a valle dell'imposizione dell'ordinanza ripropositiva della precedente ordinanza cautelare. Con ricorso proposto dalla Procura Generale di Perugia veniva impugnata, avanti alla Suprema Corte, l'ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva accolto l'istanza di riesame presentata dall'indagato che si era doluto dell'omesso interrogatorio, quando era in stato di libertà. La Quinta Sezione rilevava la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale postulando, così, l'intervento esegetico delle Sezioni Unite su una tematica di estrema delicatezza che verte sui livelli di garanzie da accordare al soggetto destinatario di misura coercitiva.

3. Le Sezioni Unite danno atto dell'esistenza di un primo arresto giurisprudenziale in seno alla Sesta Sezione[3], di poco successivo all'entrata in vigore del nuovo codice, che, così, si può riassumere: il principio stabilito dall'art. 302 del codice di rito si applica esclusivamente alle ipotesi di estinzione di misura per omesso interrogatorio della persona in stato cautelare e, pertanto, non può essere soggetto ad interpretazioni analogiche volte a ricomprendere anche i casi in cui l'annullamento della custodia cautelare derivi da altra causa, come quella del mancato rispetto da parte dell'ufficio della procura del termine di cinque giorni per la trasmissione degli atti a supporto della richiesta cautelare (art. 309, commi 5 e 10, c.p.p.).

Tale impostazione esegetica è stata ribadita, nei primi anni novanta, con riferimento a fattispecie di reiterazione della misura custodiale estinta per vizi di natura formale anche diversi dall'omesso interrogatorio di garanzia[4].

Dopodiché, le Sezioni Unite rammentano che la Sesta Sezione[5] ha avuto modo di chiarire che l'ambito applicativo dell'art. 302 c.p.p. - oltre a non includere l'ipotesi dell'inosservanza da parte dell'ufficio della procura del termine di cinque giorni per la trasmissione degli atti a supporto della richiesta cautelare (art. 309, commi 5 e 10, c.p.p.) - esclude, altresì, i casi particolari di misura custodiale reiterativa di altra divenuta inefficace a motivo dell'incompetenza del giudice (art. 27 c.p.p.). Quindi, sempre in ottica sostanzialista si considera satisfattiva la circostanza che l'indagato sia stato interrogato, seppur da un giudice privo di competenza.

I principi volti ad escludere interpretazioni analogiche dell'art. 302 del codice di rito vengono più di recente confermati da un orientamento di legittimità[6] concorde nel pretermettere la necessità del nuovo interrogatorio, proprio nei casi di mancato rispetto da parte dell'ufficio della procura del termine di cinque giorni per la trasmissione degli atti a supporto della richiesta cautelare (art. 309, commi 5 e 10, c.p.p.).

Sempre a suffragio del trend tradizionale sono intervenute svariate pronunce che le Sezioni Unite non dimenticano di citare, anche su tematiche relativamente nuove come quella della procedura relativa al mandato di arresto europeo. In questa prospettiva, è stata avvalorata la non obbligatorietà della reiterazione dell'interrogatorio di garanzia, qualora il provvedimento di convalida dell'arresto da parte della Corte d'Appello perda efficacia per inottemperanza del termine previsto dall'art. 13, comma 3, L. 22 aprile 2005, n. 69, con riferimento alla trasmissione del mandato d'arresto europeo o della segnalazione del Sistema Informatico Shengen (S.I.S.) effettuata dall'Autorità competente[7].

4. Dopo avere effettuato una approfondita disamina dell'orientamento prevalente di matrice tradizionalista, le Sezioni Unite esordiscono rilevando che, sin da subito, la Sezione rimettente si sarebbe mostrata, tra le righe, propensa ad aderire all'indirizzo ritenuto più garantista, volto ad amplificare la portata dell'estinzione della custodia prevista dall'art. 302 c.p.p., soffermandosi sul fatto che detta norma richiede espressamente che la nuova misura sia disposta "previo interrogatorio".

Espressione di detto orientamento è certamente la pronuncia Toni della Quinta Sezione del 2010[8] che troverebbe conferma in altri due precedenti. L'uno è rappresentato dalla sentenza Manfredi[9], nel cui ambito si afferma, solo a livello di principio, che l'art. 302 c.p.p. sarebbe la strada maestra per garantire il previo interrogatorio in tutti quei casi di reiterazione della misura custodiale per vizi formali. Con ciò, secondo le Sezioni Unite non si deve intendere che la garanzia del nuovo interrogatorio vada accordata a tutte le fattispecie di annullamento di custodia cautelare, bensì solo al caso di mancato espletamento dell'adempimento processuale previsto dall'art. 294 c.p.p. Invece, il precedente Schirripa[10], a parere delle Sezioni Unite, è un precedente del tutto particolare, in quanto verte, da un canto, su una iniziale misura cautelare dichiarata inefficace dal tribunale del riesame per la nullità dell'interrogatorio posto in essere ex art. 294 c.p.p., senza che l'indagato avesse preventivamente potuto visionare gli atti investigativi, dall'altro, su una successiva ordinanza custodiale applicata all'interessato, senza che il giudice per le indagini preliminari avesse proceduto ad un nuovo interrogatorio.

Di talché, le Sezioni Unite pervengono alla conclusione che, in realtà, esista un unico vero precedente di legittimità a favore della rinnovabilità dell'interrogatorio di garanzia nel caso in cui la primigenia misura sia stata annullata, a fronte del mancato rispetto da parte dell'ufficio della procura del termine di cinque giorni per la trasmissione degli atti a supporto della richiesta cautelare (art. 309, commi 5 e 10, c.p.p.). Detta pronuncia si fonda sul presupposto che, in realtà, nessuna ordinanza cautelare possa essere caratterizzata da una mera motivazione per relationem ad altra ordinanza dichiarata inefficace, essendovi, peraltro, la necessità di una nuova richiesta cautelare da parte della pubblica accusa. In questo senso, si pone come obiettivo di prestare maggiori tutele difensive nella fase cautelare, a prescindere dalla circostanza che l'ordinanza in parola sia l'esito di un provvedimento cautelare dichiarato inefficace per questioni di natura formale come quelle richiamate al comma 10 dell'art. 309 c.p.p.

Al quesito formulato dalla Sezione remittente, le Sezione Unite cristallizzano il seguente principio di diritto: "il giudice per le indagini preliminari non ha il dovere di interrogare l'indagato prima di ripristinare nei suoi confronti il regime custodiale e non è tenuto a reiterare l'interrogatorio di garanzia neanche successivamente, sempre che l'interrogatorio sia stato in precedenza regolarmente espletato e sempre che la nuova ordinanza cautelare non contenga elementi nuovi e diversi rispetto alla precedente".

5. L'ingente quantità di pronunce nel solco "formalista" rispetto al, di fatto, solo precedente di segno "garantista" (rappresentato dalla sentenza Toni) spinge le Sezioni Unite ad aderire all'interpretazione che, d'altra parte - non si può nasconderlo - meglio si concilia con la lettera dell'art. 302 c.p.p. e con il principio di tassatività che regola le patologie nel procedimento cautelare.

Non da ultimo, preme osservare che nel canone sancito dalle Sezioni Unite si è correttamente precisato che la non obbligatorietà di un secondo interrogatorio di garanzia ha come presupposto "che la nuova ordinanza cautelare non contenga elementi nuovi e diversi rispetto alla precedente". A tal riguardo, si evidenzia che si tratta di una puntualizzazione fondamentale, poiché ha il pregio di delimitare fino a che punto sia superfluo il nuovo interrogatorio di garanzia, a fronte dell'inefficacia della prima misura custodiale per violazione dei termini previsti dall'art. 309 c.p.p.

In questo modo, le Sezioni Unite hanno il merito di trovare il punto di sintesi tra istanze garantiste e sostanzialiste; queste ultime prevalgono, essendovi, come si è visto, argomentazioni più convincenti in favore dell'interpretazione letterale dell'art. 302 c.p.p. Tutto ciò a "patto" che le due ordinanze cautelari siano connotate dal medesimo contenuto e che l'inosservanza atta a generare l'estinzione del provvedimento custodiale sia frutto di violazioni meramente formali. Diversamente, allorquando l'escussione del prevenuto sia avvenuta senza averlo messo nelle condizioni di avvalersi di vere e proprie garanzie - come, ad esempio, nell'ipotesi della nullità dell'interrogatorio per pretermesso "accesso agli atti" investigativi - l'adempimento processuale richiamato dall'art. 294 c.p.p. diviene irrinunciabile.

In definitiva, l'esegesi qui fornita permette alle Sezioni Unite, con un certo agio, di concludere, nel caso di specie, nel senso dell'accoglimento del ricorso interposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia e, per l'effetto, di annullare senza rinvio l'ordinanza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Perugia per il prosieguo del procedimento cautelare. Non assume, perciò, alcun rilievo la circostanza che l'indagato fosse stato "scarcerato" dal Tribunale del Riesame di Perugia, a valle dell'accoglimento della richiesta di riesame che costui aveva presentato. Che nella fattispecie il prevenuto si trovasse in stato di libertà quando veniva sopraggiunto dalla nuova misura custodiale è, quindi, un dato neutro che non può sovvertire il divieto di analogia che governa l'interpretazione dell'art. 302 c.p.p.

 


[1] P. De Martino, Rimessa alle Sezione Unite una questione rilevante in tema di interrogatorio dell'indagato e nuova emissione di misura cautelare, in questa Rivista, 23 Marzo 2014.

[2] M.C. Ubiali, Alle Sezioni Unite una questione relativa alla necessità di previo interrogatorio in caso di nuova emissione di misura cautelare, in questa Rivista, 29 Aprile 2014.

[3] Cfr. Cass. pen., Sez. VI, sent. 19 aprile 1990, n. 1510.

[4] Cfr. Cass. pen., Sez. VI, 12 gennaio 1995, n. 44; Cass. pen., Sez. I, sent. 2 novembre 1994, n. 5038.

[5] Cfr. Cass. pen., Sez. VI, 15 marzo 1996, n. 1122.

[6] Cfr. Cass. pen., Sez. I, sent. 28 febbraio 2003, n. 23482; Cass. pen., Sez. VI, sent. 1° febbraio 2000, n. 669; Cass. pen., Sez. VI, sent. 13 ottobre 1999, n. 3245; Cass. pen., Sez. IV, sent. 5 maggio 1999, n. 1412; Cass. pen., Sez. I, sent. 17 dicembre 1998, n. 6498.

[7] Cfr. Cass. pen., Sez. VI, sent. 11 maggio 2006, n. 21974.

[8] Cfr. Cass. pen., Sez. V, sent. 12 novembre 2010, n. 5135.

[9] Cfr. Cass. pen., Sez. VI, sent. 10 giugno 1998, n. 2119.

[10] Cfr. Cass. pen., Sez. V, sent. 11 maggio 2010, n. 22801.