ISSN 2039-1676


16 febbraio 2015

Per la Consulta l'imputato condannato per decreto può essere prosciolto ex art. 129 cod. proc. pen., se ha proposto opposizione e al tempo stesso domanda di oblazione.

Corte cost., 13 febbraio 2015, n. 14, Pres. Criscuolo, Rel. Frigo

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Diamo immediata notizia, pur riservandoci di tornare sul tema, di una pronuncia della Corte costituzionale in materia di decreto penale, che assume forte rilievo pratico e, forse, un rilievo ancora maggiore dal punto di vista sistematico.

Nel caso di specie il rimettente aveva ricevuto, in sede di opposizione al decreto di condanna per alcuni reati ambientali, una richiesta principale di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., ed una domanda subordinata di oblazione. Aveva giudicato pressoché scontata - lo stesso rimettente - una preclusione ad accogliere la domanda principale, che pure nel merito gli era parsa fondata (dato il carattere asseritamente liberatorio della documentazione prodotta dai condannati). Le Sezioni unite della Cassazione, in effetti, avevano definito abnorme la sentenza di proscioglimento emessa dal giudice per le indagini preliminari dopo l'opposizione al decreto penale, in quanto lo stesso giudice è vincolato, nella fase in questione, all'adozione degli atti di impulso previsti dall'art. 464 c.p.p., e non può pronunciarsi nuovamente sullo stesso fatto-reato dopo l'emissione del decreto né revocare quest'ultimo fuori dei casi tassativamente previsti (Cass., Sez.  Un., 25 marzo 2010, n. 21243, Zedda, in Cass. pen.  2010, 3765). D'altra parte la giurisprudenza di legittimità aveva anche giudicato inammissibile, più volte, la domanda di oblazione presentata, in sede di opposizione, in via subordinata rispetto a quella di proscioglimento per ragioni di merito (Cass., Sez.  3, 24 febbraio 2011, n. 12518, in CED Cass. n. 249788; Cass., Sez.  3,  12 ottobre 2006, n. 39350, ivi, n. 235499).

Esclusa l'ammissibilità del proscioglimento in base al «diritto vivente», il giudice a quo  aveva stimato che la preclusione implicasse una violazione del principio di uguaglianza (discriminando irragionevolmente l'imputato già raggiunto dal decreto penale rispetto a quello per il quale la domanda debba ancora essere valutata, che può essere prosciolto ex art. 129 cod. proc. pen.), e si trovasse altresì in contrasto con il disposto degli artt. 24, 27 e 111 della Costituzione.

Ebbene, la Consulta ha giudicato la questione infondata, ma non perché la preclusione individuata dal rimettente sia ragionevole e compatibile con i vari principi costituzionali evocati. Il rimettete, piuttosto, avrebbe errato nel ritenere precluso il proscioglimento, o più precisamente (ma i termini della questione, fuori dal piano del processo costituzionale, sembrano mutare di poco) nel ritenere che il «diritto vivente» consideri sussistere la preclusione.

Le Sezioni unite (supra), nell'enunciare la regola di esclusiva legittimazione del giudice del decreto penale opposto ad adottare i provvedimenti propulsivi del giudizio di merito, avrebbero espressamente eccettuato proprio la fattispecie in considerazione, e cioè quella della domanda di oblazione. Se è vero, d'altra parte, che il proscioglimento ex art. 129 c.p.p. deve trovare collocazione in un segmento processuale che già preveda la valutazione della regiudicanda (Cass., Sez.  Un., 25 gennaio 2005, n. 12283, De Rosa, in Guida dir.  2005, 16, 71), sarebbe vero anche che proprio l'incidente regolato dal comma 2 dell'art. 464 c.p.p. e dall'art. 141 disp. att. varrebbe ad integrare una occasione procedurale utile per la valutazione di merito dell'accusa.

In sostanza, e quindi, la Consulta sembra considerare ammissibile la sostanziale revoca del decreto opposto da parte del giudice che l'ha emesso, attraverso la sentenza di improcedibilità, purché sia proposta una domanda di oblazione. Più precisamente, e come si è detto, la Consulta ha per esplicito dichiarato erronea la convinzione del giudice a quo che il «diritto vivente» precludesse la soluzione dell'immediato proscioglimento. (GL)