ISSN 2039-1676


22 marzo 2011 |

Cass. pen., sez. V, 1.2.2011 (dep. 28.2.2011), n. 7592, Pres. Marasca, Rel. Dubolino (violenza privata e parcheggio dell'automobile)

Configurabile il delitto di violenza privata nel caso di chi ostruisce dolosamente l'uscita di un parcheggio condominiale con la propria auto

Con la sentenza che può leggersi in allegato la Cassazione ha ritenuto configurabile il delitto di violenza privata (art. 610 c.p.) nel caso di chi, posteggiando l'automobile nel cortile del proprio condominio, impedisce volontariamente l'uscita di un altro condomino (che peraltro, per la lunga attesa, accusa un malore).
 
Sotto il profilo oggettivo, la S.C. ha sottolineato anzitutto come sussista un nesso di causalità tra la condotta dell'agente - che con il proprio veicolo ha ostruito per più di un’ora l’uscita dell’auto del proprio condomino dal cortile condominiale - e l'evento, consistito, appunto, nell'impedimento dell’uscita dell'auto del condominio dal parcheggio condominiale.
 
Nella condotta, in particolare, la Cassazione riconosce quella coartazione della volontà del soggetto passivo che la dottrina prevalente, seguita dalla giurisprudenza, ricollega al concetto di “violenza”, ed in particolare alla c.d. violenza impropria, tale perché non provvista di un impiego “diretto” di energia corporea sulla vittima (cfr. Viganò, in Dolcini-Marinucci, “Codice Penale Commentato”, II ed., Milano, 2006, art. 610, pp. 4275 e ss.).
 
La sentenza annotata conferma dunque l’orientamento della Cassazione secondo cui la limitazione della libertà di movimento, anche in assenza di un contatto fisico, è sufficiente per la configurabilità del delitto de quo (cfr. ex multis Cass. Pen. 23.1.1986, Martino, in Riv. Pen. 1987, 380). E proprio in applicazione di tale principio di diritto la S.C., in un caso analogo a quello in esame, ha in passato affermato che risponde di violenza privata l'automobilista che, con idonea manovra, costringe il conducente di altro autoveicolo a fermarsi contro la sua volontà (cfr. Cass. pen., 6.10.1983, De Marco, in CED Cassazione m. 161419).
 
Sotto il profilo soggettivo, la Corte ha poi ritenuto sussistente il dolo del delitto di violenza privata dopo aver escluso la fondatezza della prospettazione difensiva – peraltro avanzata per la prima volta in sede di legittimità – secondo cui l'imputato non avrebbe rimosso la propria autovettura per averne smarrito le chiavi.
 
Va infine segnalato che, a fronte della maturata prescrizione del reato, la S.C. si è pronunciata in relazione alle sole questioni civili, affermando che la costrizione al non utilizzo della propria autovettura rende interamente risarcibile il patimento sofferto, che nel caso di specie si è peraltro altresì tradotto in un malore occorso alla persona offesa.