15 maggio 2018 |
A proposito di confisca e terzi: alle Sezioni unite il problema del rapporto tra cessione del credito e misura ablatoria reale ex art. 52 d.lgs. 159/2011.
Cass., Sez. V, ord. 9 gennaio 2018 (dep. 2 febbraio 2018), n. 5194, Pres. Palla, Est. Pistorelli, ric. Island Refinancing s.r.l.
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1. Con l’ordinanza n. 5194/2018 la Cassazione penale, quinta sezione, ha rimesso alle sezioni unite la più corretta interpretazione dell’art. 52 d.lgs. 159/2011 rispetto all’esatta qualifica del cessionario del credito rispetto al bene assoggettabile alla misura di prevenzione del sequestro, preordinato alla confisca[1].
Il contrasto tra le sezioni semplici della Suprema Corte concerne in particolare la questione se “la cessione, avvenuta dopo la trascrizione del provvedimento di sequestro o di confisca di prevenzione, del credito ipotecario precedentemente insorto determini o meno di per sé uno stato di mala fede in capo al nuovo titolare, come tale preclusivo dell’ammissibilità della sua ragione creditoria”.
Il problema dei rapporti tra misure ablatorie reali e titolarità del bene su cui le stesse insistono, è stato di recente attenzionato da più pronunce di legittimità (sia sul versante sostanziale che processuale), Forse proprio questo dato ha costituito una delle spinte propulsive alla l. 161/2017 che, con riferimento alle misure di prevenzione antimafia e alla confisca per sproporzione di cui all’art. 12 sexies d.l. 306/1992, ha preso esplicita posizione quanto alle forme di tutela giurisdizionale attribuite al terzo.
2. La vicenda che ha portato alla rimessione in commento nasce dalla domanda di ammissione al pagamento di un credito ceduto garantito da ipoteca su beni oggetto di confisca di prevenzione proposta da Island Refinancing s.r.l., secondo il combinato disposto degli artt. 1 commi 194 ss. l. 228/2012, 52 e 58 d.lgs. 159/2011.
Il Tribunale di Palermo rigetta la domanda facendo leva invero un elemento oggettivo difficilmente contestabile: la data della cessione del credito risulta posteriore rispetto alla trascrizione del provvedimento di sequestro del bene gravato da garanzia reale. Da qui, l’ulteriore passaggio argomentativo che segue l’impostazione giurisprudenziale prevalente: dato che l’art. 52, co. 1 lett. b) e co. 3 cit. valuta la sussistenza di uno stato di buona fede nei terzi solo se titolari di diritti di credito anteriori al sequestro, i titolari di quelli successivi sarebbero, per ciò, in mala fede[2]. Detto altrimenti, solo l’anteriorità della cessione rispetto all’intervento cautelare consentirebbe di fornire la prova della buona fede, intesa come dimostrazione dell’incolpevole affidamento.
Se questa è l’interpretazione seguita anche dal Tribunale di Palermo nel caso in esame, merita osservare che altre pronunce giungono al medesimo risultato seguendo una diversa linea argomentativa. Sempre all’interno del maggioritario orientamento di legittimità, infatti, si legge che “la confisca pregiudica ipso iure i diritti di credito dei terzi che risultino da atti con data certa posteriore al sequestro, talché essendo il creditore istante automaticamente in colpa, diventa irrilevante la prova delle ulteriori condizioni previste dall’art. 52, comma primo, lett. b”[3].
A tale impostazione, tuttavia, si contrappone una diversa ricostruzione che, seppur minoritaria, ha portato alla rimessione del contrasto interpretativo alle Sezioni Unite. In particolare, secondo alcune pronunce della Cassazione il riconoscimento di una situazione di affidamento incolpevole del creditore assistito da garanzia preesistente al sequestro non è precluso dal fatto che il medesimo abbia acquistato il diritto in epoca successiva all’adozione del provvedimento ablativo, atteso che la cessione del credito, in qualunque modo avvenuta, determina soltanto la sostituzione del creditore originario. Di conseguenza, subentrando il cessionario nella medesima posizione giuridica del cedente, il “nuovo” creditore assumerebbe, insieme ai pertinenti diritti, anche il rischio che il primo non fosse in buona fede al momento del sorgere dell’originario credito[4]. Sicché, a rendere inammissibili le pretese del creditore cessionario non è la priorità temporale dell’intervento cautelare rispetto alla cessione, ma ciò che assume rilevanza è unicamente lo stato soggettivo del cedente al momento del sorgere, in via originaria, del diritto di credito, secondo l’art. 52 primo co. lett. b) cit.[5].
3. L’ordinanza in commento si sofferma poi brevemente su un’altra questione controversa che viene in rilievo nel caso di specie, ma che si ritiene assorbita nella questione rimessa alle Sezioni Unite. Il Tribunale di Palermo, infatti, avrebbe del tutto trascurato la peculiare modalità di trasferimento del credito. Si fa riferimento, precisamente, alla cessione del credito “in blocco” nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione ex art. 58 d.lgs. 385/1993.
Rispetto a questa questione, alcune pronunce hanno ritenuto che la cessione di crediti in blocco ben può rendere in concreto inesigibile, ancorché materialmente possibile, la verifica delle trascrizioni sulle garanzie costituite per ciascun credito oggetto dell’operazione[6]. Pertanto, così opinando, l’acquisto del diritto successivamente all’adozione del provvedimento di sequestro o di confisca non esclude, per ciò solo, la sussistenza di una situazione di affidamento incolpevole, o meglio, di buona fede, in capo al creditore assistito da garanzia[7].
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4. A nostro avviso, la questione rimessa alle Sezioni Unite deve essere analizzata tenendo a mente due principi generali dell’ordinamento.
Il primo riguarda la qualificazione civilistica della cessione del credito. Rientrando nei casi di modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio, la cessione determina una successione a titolo particolare nella situazione giuridica trasmessa, che è acquistata dal cessionario a titolo derivativo[8]. Sicché, il riferimento ad un credito in capo al cedente avente data certa anteriore all’intervento cautelare rende indifferente sia il momento, successivo, in cui interviene la cessione, sia la diversa identità del suo avente causa.
Il secondo, invece, riguarda la natura giuridica della confisca. La soluzione alla questione concernente la salvaguardia delle ragioni del terzo titolare di diritti sul bene attinto dal sequestro e dalla confisca, potrebbe cambiare a seconda che si qualifichi la misura come pena in senso sostanziale[9] o come misura di sicurezza[10].
5. Merita infine di essere segnalato che, per la confisca come misura di prevenzione, l’art. 23 del Codice Antimafia ha previsto la partecipazione processuale del terzo che vanta “diritti reali o personali di godimento nonché diritti reali di garanzia sui beni in sequestro”.
Analoga previsione è stata introdotta, per la cd. confisca allargata, dalla l. 161/2017. Il neointrodotto co. 4 quinquies e il novellato co. 4 bis dell’art. 12 sexies impongono la citazione dei “terzi titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni in stato di sequestro, di cui l’imputato risulti avere la disponibilità a qualsiasi titolo”.
In merito, infatti, noti restano i recenti interventi delle Sezioni Unite (sent. n. 48126/2017)[11] e della Corte Costituzionale (sent. n. 253/2017)[12], entrambi incentrati, pur con esiti opposti, su strumenti di reazione e limiti di opponibilità del provvedimento nei confronti dei terzi titolari di diritti incompatibili con la disposizione ablatoria.
[1] Sui principali profili problematici dei rapporti tra misure di prevenzione antimafia e terzi si veda, a titolo esemplificativo, G. Bongiorno, Tecniche di tutela dei creditori nel sistema delle leggi antimafia, in Riv. dir. proc., 1998, I, 445 ss.; L. Modica, Note in tema di tutela dei diritti dei terzi nei cosiddetti “pacchetti sicurezza”, in Mazzarese – Aiello (a cura di), Le misure patrimoniali antimafia. Interdisciplinarietà e questioni di diritto penale, civile e amministrativo, Milano 2010, 343 ss.; S. Mazzamuto (e bigliografia ivi citata), La tutela dei terzi di buona fede nella confisca antimafia: le ultime novità legislative e giurisprudenziali, in Juscivile.it, 7, 2013, 406 ss.
[2] Cass. pen., sez. II, n. 38821 del 28 marzo 2017, Island Refinancing s.r.l., Rv. 271181; Cass. pen., sez. II, n. 7694 del 11 febbraio 2016, Italfondiario s.p.a., Rv. 266204; Cass. pen., sez. II, n. 10770 del 29 gennaio 2015, Island Refinancing s.r.l., Rv. 263297.
[3] In termini ord. n. 5194 in commento, che richiama Cass. pen., sez. II, n. 38821/2017 cit.
[4] Cass. pen., sez. V, n. 1841/2017 del 24 novembre 2016, Italfondiario s.p.a., R.v. 269123.
[5] Cass. pen., sez. VI, n. 39368 del 15 giugno 2017, Sagrantino Italy s.r.l. e Cass. pen., sez. VI, n. 43126 del 15 giugno 2017, Island Refinancing s.r.l. cit.
[6] Cass. pen., sez. VI, n. 35602/2015 n. 35602 del 16 giugno 2015, Sagrantino Italy srl e altro, Rv. 265605; conf., seppur in materia di confisca ex art. 12 sexies d.l. 306/1992, Cass. pen., sez. I, n. 4526 del 27 settembre 2013, Italfondiario s.p.a., Rv. 25913.
[7] Cass. pen., sez. VI, n. 35602/2015 cit.
[8] Sull’istituto della cessione del credito in generale, tra molti, T. Mancini, La cessione dei crediti, in Trattato Rescigno, Padova, 1999, 461; F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Edizioni Scientifiche Italiane, 2013, 619 ss.
[9] V. Maiello, Confisca, CEDU e diritto dell’Unione tra questioni risolte ed altre ancora aperte, in questa Rivista, 11 luglio 2012, p. 11 ss., anche per le citazioni riportate.
[10] In relazione ai presupposti applicativi della confisca di cui all’art. 240 c.p., la “non appartenenza della cosa a terzi estranei al reato” è ritenuta dalla giurisprudenza espressione più ampia rispetto al diritto di proprietà, ricomprendendo anche i diritti di godimento e di garanzia, cfr. Cass., Sez. Un., 28 aprile 1999 in Riv. pen. 1999, 633.
[11] In questa Rivista, 16 novembre 2017, con nota di S. Verzelletti, Appello ex art. 322-bis c.p.p. per il terzo proprietario del bene confiscato con sentenza non definitiva: una garanzia incomprimibile (fasc. 11/2017, p. 238 ss.).
[12] In questa Rivista, 15 gennaio 2018, con nota di E. Andolfatto, Confisca disposta con sentenza di primo grado e appello dei terzi proprietari: la Corte Costituzionale dichiara l’inammissibilità delle questioni sollevate dalla Corte di Cassazione (fasc. 1/2018, p. 265 ss.).