ISSN 2039-1676


16 novembre 2017 |

Appello ex art. 322-bis c.p.p. per il terzo proprietario del bene confiscato con sentenza non definitiva: una garanzia incomprimibile

Cass., SSUU, sent. 20 luglio 2017 (dep. 19 ottobre 2017), n. 48126, Pres. Canzio, Rel. Fumo, Ric. Muscari

Contributo pubblicato nel Fascicolo 11/2017

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1. Sono state depositate il giorno 19 ottobre scorso le motivazioni su cui si fonda la decisione assunta dalle Sezioni Unite all’esito dell’udienza del giorno 20 luglio 2017. Attesa la rilevanza della questione, viste anche le immediate ricadute processuali, il servizio novità della Corte suprema di cassazione aveva ritenuto di darne tempestivamente notizia[1].

Il profilo controverso, oggetto di un vivace contrasto interpretativo alimentato da plurime pronunce, afferiva al seguente tema: «se il terzo, rimasto estraneo al giudizio di cognizione, proprietario del bene del quale sia stata disposta, con sentenza, la confisca, sia legittimato a promuovere incidente di esecuzione prima della irrevocabilità della sentenza stessa»[2].

Risoluta – anche in ragione della delicatezza degli aspetti sostanziali e di rito interessati – ed articolata la risposta elaborata dal massimo consesso di legittimità: «il terzo, prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile, può chiedere al giudice della cognizione la restituzione del bene sequestrato e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame. Qualora sia stata erroneamente proposta opposizione mediante incidente di esecuzione, questa va qualificata come appello e trasmessa al tribunale del riesame»[3].

Pare che, con la sentenza in commento, le Sezioni Unite della Corte di cassazione abbiano inteso perseguire e cogliere un duplice obiettivo: l’uno immediato, l’altro di prospettiva.

Il primo, si perdoni l’ovvietà, rappresentato dalla risoluzione del contrasto insorto fra le sezioni semplici; il secondo, che affiora progressivamente, costituito dall’opportunità di riaffermare la propria funzione nomofilattica, quale elemento imprescindibile di quel “formante giurisprudenziale” con il quale l’operatore del diritto è chiamato, sempre più frequentemente, a confrontarsi.

 

2. La vicenda che giunge al vaglio delle Sezioni Unite è la seguente.

Pendente il ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte di appello di Napoli, confermando in punto responsabilità la sentenza di primo grado, aveva condannato l’imputato in ordine al delitto di cui all’art. 12-quinquies d.l. 306/1992, conv. con mod. dalla legge 356/1992, e mantenuta la confisca ex art. 12-sexies d.l. 306/1992 disposta all’esito del giudizio di primo grado (preceduta dall’esecuzione di un sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p.), le ricorrenti, terze rispetto al giudizio di cognizione, e in qualità di titolari delle quote societarie attinte dalla cautela reale prevista dalla legislazione speciale, proponevano alla Corte di appello di Napoli istanza di revoca della confisca e conseguente restituzione, in loro favore, dei beni.

Con provvedimento emesso de plano, ai sensi degli artt. 676 e 667 co. 4 c.p.p., la corte territoriale rigettava l’istanza; avverso la decisione de qua proponevano quindi opposizione le aventi diritto chiedendo, ai sensi dell’art. 666 c.p.p., la fissazione dell’udienza camerale per la discussione. All’esito dell’udienza, la Corte di appello di Napoli, non prima di aver motivato quanto all’ammissibilità in rito dell’istanza proposta, confermava il provvedimento già assunto de plano, rigettando le doglianze. Avverso la seconda ordinanza le istanti proponevano allora ricorso per cassazione, denunciando vizi in rito e sul merito.

Assegnato il ricorso alla prima Sezione, il Collegio, ravvisando l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine all’ammissibilità, in rito, dell’incidente di esecuzione proposto dal terzo proprietario del bene attinto dalla misura ablativa prima della irrevocabilità della sentenza che ne dispone la confisca, ne devolveva la risoluzione alle Sezioni Unite[4].

Il Primo Presidente, con decreto del 15 maggio 2017, assegnava pertanto il ricorso alle Sezioni Unite affinché avessero ad affrontare e risolvere la questione controversa di cui erano portatrici le pronunce richiamate nel provvedimento di rimessione.

 

3. Per un primo filone giurisprudenziale[5], il terzo titolare del bene attinto dapprima dal sequestro preventivo e, dopo la pronuncia di merito non ancora definitiva, dalla confisca può chiedere la restituzione del bene al giudice procedente e, nell’eventualità di un provvedimento di diniego (non essendo esperibile l’appello ex art. 322-bis c.p.p., proponibile unicamente sino alla sentenza), può proporre opposizione al giudice della cognizione.

In ciò trovando applicazione analogica, in quanto il proprietario del bene non è parte del processo e quindi privo della legittimazione all’appello ex art. 579 c.p.p., la procedura prevista dal combinato disposto degli artt. 676, 677 co. 4 e 666 c.p.p.; norma, quest’ultima, che prevede espressamente (al comma 6) l’autonoma ricorribilità per cassazione dell’ordinanza emessa all’esito della camera di consiglio.

L’orientamento contrapposto, viceversa, nega al terzo proprietario del bene – estraneo al giudizio di cognizione – la legittimazione ad attivare un sub-procedimento “parallelo” (strutturato sulle forme e sugli schemi dell’incidente di esecuzione), prima del passaggio in giudicato della sentenza che ha disposto la confisca.

Le sentenze che si esprimono nei termini da ultimo esposti[6] si fanno anche carico di evidenziare la tenuta costituzionale dell’interpretazione offerta. Al riguardo, rimarcano come la possibilità garantita al terzo-estraneo di chiedere la restituzione del bene nelle forme di cui all’art. 263 c.p.p., sino alla pronuncia della prima sentenza di merito e, una volta intervenuto il passaggio in giudicato della sentenza che dispone la confisca, la facoltà di proporre incidente di esecuzione risultino «coerenti tanto con i principi costituzionali, quanto con la normativa della Convezione europea dei diritti dell’uomo, poiché esse incidono soltanto sui modi e sui tempi nei quali il terzo può far valere i propri diritti sui beni, non certo sulla possibilità di tutela dei diritti stessi»[7].

La temporanea sospensione (nel periodo ricompreso fra la pronuncia e il passaggio in giudicato della sentenza che dispone la confisca) della possibilità di chiedere la restituzione del bene vincolato si impone in virtù della necessità di scongiurare il rischio di un contrasto, peraltro interno al medesimo giudice, fra quanto deciso nell’ambito del giudizio di cognizione e la decisione afferente all’istanza di revoca della confisca promossa dal terzo.

Risulterebbe irrazionale, in presenza di una sentenza che ha disposto la confisca sulla base delle prove raccolte, ammettere la possibilità di instaurare contestualmente un separato iter procedimentale, in grado di dar luogo ad un paralizzante contrasto di decisioni.

 

4. Mantenendo al centro del ragionamento la questione oggetto dell’ordinanza di rimessione, le Sezioni Unite giungono efficacemente al punto e concludono (solo in apparenza “sposando” il citato secondo orientamento) affermando «con nettezza che il terzo estraneo potrà ricorrere alla procedura dell’incidente di esecuzione solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza che dispone la confisca»[8].

La perentoria affermazione, invero, rappresenta non già il punto di arrivo della motivazione, bensì un passaggio intermedio, preceduto e seguito da argomentazioni per il tramite delle quali si concretizza l’esercizio di quella funzione nomofilattica[9] che pare finalisticamente orientata a dar sempre più forza al formante giurisprudenziale.

L’abbrivio all’intervento di “ortopedia procedimentale” operato dalle Sezioni Unite, volto a garantire al terzo estraneo proprietario del bene uno strumento di tutela adeguato e, last but not least, dare coerenza al sistema, è offerto al Supremo Collegio[10] dall’incidente di costituzionalità promosso, in altro procedimento, dalla Prima Sezione[11]: trattasi di vicenda processuale nell’ambito della quale il giudice a quo ha investito la Consulta dei plurimi dubbi di costituzionalità degli artt. 573, 579 co. 3 e 593 c.p.p., nella parte in cui non consentono al terzo, estraneo al reato (ma titolare formale del diritto di proprietà sul bene confiscato), di proporre appello avverso la sentenza di primo grado, relativamente al capo contenente la statuizione di confisca.

Fornendo un plastico esempio di quel “dialogo fra corti” che caratterizza il momento attuale, tanto in ambito domestico, quanto a livello sovranazionale, le Sezioni Unite12 si premurano di accompagnare l’interprete, articolando le motivazioni e segnalando gli snodi attraverso i quali giungere al principio di diritto che ne rappresenta il punto di arrivo.

In prima battuta13, le Sezioni Unite espongono le ragioni di “coerenza del sistema”, che inducono ad escludere – in pendenza del processo di cognizione – la possibilità di instaurare un incidente di esecuzione: evitare decisioni contrastanti assunte, peraltro, dal medesimo giudice, ribadire la natura funzionale della competenza attribuita al giudice dell’esecuzione e, da ultimo, impedire che l’interprete crei, ex nihilo, percorsi procedurali anomali: ecco i punti di partenza sui quali poggia la decisione in commento.

Al contempo, conscio della necessità di salvaguardare la posizione del terzo il cui diritto di proprietà sul bene è limitato dalla confisca “allargata”, il giudice di legittimità indica i motivi sulla scorta dei quali la proponibilità (avverso l’ordinanza di diniego alla restituzione del bene) dell’appello ex art. 322-bis c.p.p.14 rappresenti, nella sistematica del codice, scelta non già obbligata, ma fisiologica. All’uopo sottolinea come – sino al passaggio in giudicato della sentenza che ha disposto la confisca – il titolo in forza del quale il bene viene sottratto alla disponibilità del terzo rimane il provvedimento di sequestro preventivo, vincolo reale avverso il quale l’unico rimedio attivabile, per contestarne la fondatezza, resta l’appello cautelare15.

A chiusura del ragionamento, le Sezioni Unite forniscono all’interprete una guida per trattare le ulteriori, coeve vicende: il giudice del merito, richiesto a norma degli artt. 676 e 667 co. 4 c.p.p. di riconsiderare la fondatezza del provvedimento di rigetto dell’istanza proposta dal terzo, non deve dichiararla inammissibile, bensì, rilevata la propria incompetenza funzionale, è tenuto a trasmettere gli atti al tribunale del riesame, che giudicherà quale giudice di appello ex art. 322-bis c.p.p.16.

 

5. In conclusione, si tratta di una pronuncia ricca di spunti che invitano l’interprete a confrontarsi con quella sorta di funzione pedagogica alla quale le Sezioni Unite vieppiù cedono, agevolate da un legislatore sovente poco attento al dettaglio e alle ricadute sistematiche dei propri interventi.

In concreto, basta riflettere sulla recente modifica, operata con legge 17 ottobre 2017 n. 16117, sull’istituto della confisca “allargata”, di cui all’art. 12-sexies d.l. 306/1992. La lett. f) dell’art. 31 comma 1 prevede l’introduzione, nel citato art. 12–sexies, di un comma 4-quinquies che recita: «Nel processo di cognizione devono essere citati i terzi titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni in stato di sequestro, di cui l’imputato risulti avere la disponibilità a qualsiasi titolo»18.

Ad una prima lettura, la disposizione parrebbe (il condizionale è d’obbligo) in grado di risolvere, se non tutte, la maggior parte delle questioni controverse affrontate con la sentenza in commento. Tuttavia pare difettare, nell’art. 31 richiamato, una previsione che chiarisca – avuto riguardo al processo di cognizione a carico di uno o più imputati che abbiano disponibilità del bene – quale ruolo assuma il terzo titolare di diritti reali o di godimento, la cui citazione (atteso l’uso della forma verbale “devono”) non è certamente discrezionale. Si tratterà di una parte processuale o di un mero soggetto?

Ciò comporta (come ben sanno gli operatori, ma forse non il legislatore) ricadute consistenti avuto riguardo ai diritti (anche in tema di impugnazioni) e alle facoltà spettanti al terzo.

Pare quindi probabile che sul punto le Sezioni Unite possano nuovamente essere chiamate ad intervenire.

 


[1] Informativa riportata in questa Rivista, 21 luglio 2017.

[2] In tal senso v. il § 1 del Considerato in diritto.

[3] In tal senso v. il § 11 del Considerato in diritto.

[4] Ordinanza di rimessione pubblicata in questa Rivista, 17 maggio 2017.

[5] In questo senso, Cass., sez. I, 12 giugno 1991, Pini, in C.e.d., n. 187679; Cass., sez. II., 14 marzo 2001, Chiazzese, ivi, n. 218641; Cass., sez. I, 30 ottobre 2008, Banca Antonveneta S.p.a., ivi, n. 241844; da ultimo, v. Cass., sez. V. 9 febbraio 2015, Rocchi, ivi, n. 264253.

[6] In questo senso, e citando solo le più recenti, cfr. Cass., sez. II. 10 gennaio 2015, Purificato, in C.e.d., n. 26283; Cass., sez. II, 18 gennaio 2017, D’Alonzo, ivi, n. 269239.

[7] In tal senso v. il § 4 del Considerato in diritto.

[8] In tal senso v. il § 6 del Considerato in diritto.

[9] La necessità, dettata dalle attuali temperie di politica giudiziaria, di consolidare e rilanciare la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione e, ancor più specificatamente, del suo massimo consesso, vale a dire le Sezioni Unite, è confermato dalla recente introduzione del comma 1bis nell’art. 618 c.p.p. (rubricato “Decisioni delle sezioni Unite”), introdotto con la legge n. 103/2017, in vigore dal 03.08.2017. Modifica preceduta ed accompagnata da un vivace dibattito dottrinale, con riferimento al quale si rimanda, per un primo possibile approfondimento, a G. Canzio, Nomofilachia e diritto giurisprudenziale, in questa Rivista, 06 febbraio 2017.

[10] In tal senso v. il § 5 del Considerato in diritto.

[11] Ordinanza n. 8317 del 14.01.2016, Pres. Siotto, Rel. Magi, Ric. Gatto. A commento, v. T. Trinchera, Il diritto del terzo estraneo al giudizio di impugnare la sentenza che ha disposto la confisca dei beni: la parola alla Corte Costituzionale, in questa Rivista, 11 maggio 2016.

12 Osservando al riguardo come «pur in pendenza della appena ricordata questione di costituzionalità e impregiudicato il futuro orientamento del Giudice delle leggi, compete nondimeno alle Sezioni Unite il compito di affrontare e risolvere il quesito ad esse sottoposto»; v. il § 5.2 del Considerato in diritto.

13 In tal senso v. il § 6 del Considerato in diritto.

14 Il diritto del terzo proprietario del bene, ed estraneo al processo di cognizione, di proporre appello ex art. 322-bis c.p.p. avverso l’ordinanza in forza della quale il giudice del merito, che con sentenza non definitiva ha disposto la confisca del bene, ha rigettato l’istanza di restituzione era già stato riconosciuto in arresti, anche recenti, della Corte di Cassazione sulla scorta dei quali era emerso, rispetto ai due filoni giurisprudenziali che hanno dato causa al contrasto ora risolto, un terzo orientamento che le Sezioni Unite impiegano quale chiave di volta del principio di diritto affermato. Vedasi al riguardo Cass., sez. III, 06 ottobre 2010, n. 39715, Pignatelli, in C.e.d., n. 248624; Cass., sez. III, 18 settembre 2013, n. 42362, Ariano, ivi, n. 256976 e Cass., sez. I, 12 febbraio 2016, n. 12769, Verde, ivi, n. 266691.

15 In tal senso v. il § 8 del Considerato in diritto.

16 In tal senso v. il § 10 del Considerato in diritto.

17 Rubricata “Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate”, in questa Rivista, 06 novembre 2017. A commento del d.d.l. poi divenuto legge, v. S. Finocchiaro La riforma del codice antimafia (e non solo): uno sguardo d’insieme alle modifiche appena introdotte, in questa Rivista, 3 ottobre 2017.

18 Art. 31 legge 17 ottobre 2017, n. 161 la cui rubrica riporta “Modifiche all’articolo 12 – sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356”.