ISSN 2039-1676


13 giugno 2018 |

Rimessa alle Sezioni Unite la questione della rilevanza penale del falso in assegno bancario "non trasferibile"

Cass., Sez. II, ord. 7 marzo 2018 (dep. 9 maggio 2018) n. 20456, Pres. Prestipino, Est. Di Pisa, ric. Felughi

Contributo pubblicato nel Fascicolo 6/2018

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1. Il prossimo 19 luglio le Sezioni Unite della Corte di Cassazione saranno chiamate a risolvere la seguente questione di diritto: se la falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di “non trasferibilità” rientra nella fattispecie descritta dall’art. 485 cod. pen. (rubricato “Falsità in scrittura privata” ed oggi depenalizzata, a seguito dell’intervento del D.lgs. n. 7 del 2016) e non in quella – differente – della “Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito” (di cui all’art. 491 cod. pen., come riformulato dal medesimo D.lgs. n. 7 del 2016).

 

2. Questa la vicenda processuale da cui trae origine il provvedimento in analisi: il G.I.P. del Tribunale di Avezzano, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., applicava al ricorrente la pena concordata fra le parti di 3 mesi di reclusione ed euro trecento di multa per i reati di ricettazione e falsificazione di un assegno bancario.

L’imputato ricorreva quindi per Cassazione muovendo, verso detta decisione, un’unica censura: il giudice avrebbe dovuto rigettare il patteggiamento poiché il reato di cui alla lettera b) del capo di imputazione (artt. 61 n. 2, 485 e 491 c.p.) era stato depenalizzato, già alla data della decisione, dal d.lgs. n. 7/2016.

 

3. Da qui – come osserva la Seconda Sezione– la necessità di procedere alla corretta qualificazione giuridica della condotta di falsificazione di un assegno munito della clausola di “non trasferibilità”, atteso che, in caso di patteggiamento per una pluralità di reati, la depenalizzazione di una delle violazioni “satellite” determinerebbe “…il venir meno di uno dei termini essenziali del contenuto dell’accordo”, imponendo “…l’annullamento della sentenza per una nuova valutazione delle parti”.

 

4. Entrando nel merito della questione, il Collegio muove dal riconoscimento dell’esistenza di un contrasto, in seno alle sezioni della Corte di Cassazione, circa la corretta qualificazione giuridica della falsità in assegno bancario “non trasferibile”. Contrasto emerso – aspetto, quest’ultimo, di un certo interesse – soltanto in tempi recentissimi, a seguito della “trasformazione”, ad opera del d.lgs. n. 7/2016, del falso in scrittura privata in illecito civile corredato da sanzione pecuniaria, e della conseguente (necessaria) modifica della previsione di cui all’art. 491 c.p. che non integra oggi una mera circostanza aggravante dell’ormai ex art. 485 c.p., bensì un autonomo titolo di reato, quello di falsità in alcune scritture private[1] (testamenti olografi, cambiali e, appunto, titoli di credito trasmissibili per girata o al portatore); scritture che sono state equiparate quoad poenam agli atti pubblici in considerazione della loro particolare regolamentazione che ha condotto il legislatore a mantenere ferma la rilevanza penale delle relative ipotesi di falso.

 

5. Circa la riconducibilità del falso in assegno non trasferibile all’una ovvero all’altra delle disposizioni appena richiamate, l’ordinanza in commento rileva come siano emersi nell’ultimo biennio due indirizzi contrapposti.

Secondo un primo orientamento, fatto proprio dalla quinta sezione della Corte di Cassazione, a seguito dell’abrogazione dell’art. 485 c.p. la condotta di falsificazione di un assegno bancario munito di clausola di “non trasferibilità” non sarebbe più sottoposta a sanzione penale, applicandosi l’art. 491 c.p. soltanto alle falsità commesse su titoli di credito “trasmissibili per girata”, nel novero dei quali non potrebbero includersi gli assegni bancari non trasferibili[2].

La locuzione in questione, infatti, limiterebbe il raggio applicativo della fattispecie criminosa ai soli titoli di credito che possano essere trasferiti in proprietà a giratari ulteriori rispetto al primo prenditore e che, quindi, possano costituire oggetto di una “filiera” di circolazione del credito tra più soggetti mediante semplice trasferimento del possesso del titolo, o mera apposizione di girata sullo stesso.

In ciò, invero, si annida quel particolare pericolo di falsificazione – rispetto agli assegni destinati a un soggetto determinato – che “illumina” la ratio della maggior tutela apprestata dall’art. 491 c.p.

L’inserimento della clausola di “non trasferibilità”, invece, “congela” il titolo nelle mani del prenditore, impedendo la circolazione dell’ordine di pagamento e l’apposizione sull’assegno di qualunque girata diversa da quella c.d. “impropria”, destinata, cioè, al banchiere per l’incasso della somma indicata nel check – trattandosi, in questo caso, di una “segnatura” priva di effetti traslativi inerenti al titolo, e costituente mero mandato a riscuotere.

Qualunque altra interpretazione, in definitiva, sarebbe lesiva — ad avviso dei fautori di tale orientamento — del principio di stretta legalità.

 

6. Va peraltro osservato come – alla luce della recente disciplina antiriciclaggio che impedisce l’emissione di check bancari privi della clausola di “non trasferibilità” per importi superiori ai 1000 euro[3] – si determini la necessaria riconduzione al nuovo illecito civile di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 7/2016, ricorrendone i presupposti, di tutte le falsità poste in essere su assegni recanti importi maggiori della soglia quantitativa individuata dal d.lgs. n. 231/2007[4].

 

7. Prima di affrontare l’esame del contrapposto indirizzo giurisprudenziale, pare utile evidenziare come la questione della riconducibilità del falso in assegno non trasferibile all’art. 491 c.p., o alla meno grave fattispecie di falsità in scrittura privata, fosse stata oggetto di un accesso (e complesso) dibattito che aveva impegnato dottrina e giurisprudenza sul finire degli anni ’70[5].

Contrasto prontamente risolto dalle Sezioni Unite con la sentenza Guarracino, laddove si era per l’appunto evidenziato come la ragione della più rigorosa tutela accordata dall’art. 491 c.p. ai titoli di credito al portatore o trasmissibili per girata non risiedeva (e non risiede) “…nella loro natura giuridica, né nella loro attitudine alla circolazione illimitata, che è comune a tutti i titoli di credito, ma è determinata dal maggiore pericolo di falsificazione insito nel regime di circolazione” di tali titoli, “…rispetto al regime di circolazione dei titoli nominativi. Ne deriva che la circolabilità propria dei titoli presi in considerazione dalla norma citata deve esistere in concreto, come requisito essenziale condizionante l’inquadramento dell’illecito nella norma stessa, il che comporta che non si possa prescindere dalle clausole che in concreto ostacolino la circolazione dei titoli anzidetti”, la presenza delle quali impone, quindi, di qualificare la condotta di falsificazione posta in essere su un assegno non trasferibile come mera falsità in scrittura privata[6].

E ciò in virtù dell’assenza, in tal caso, di un requisito essenziale per l’integrazione della fattispecie di cui all’art. 491 c.p. quale quello della concreta “destinabilità” alla circolazione del titolo – qualità, quest’ultima, costituente la vera essenza dei titoli trasmissibili per girata[7]. Non deve, peraltro, dimenticarsi che detta fattispecie di reato ha ad oggetto pur sempre documenti equiparati (soltanto) quoad poenam agli atti pubblici in virtù del particolare regime di circolazione che li caratterizza[8], perduto il quale essi riacquistano la loro “intrinseca natura[9] di mere scritture private.

 

8. Le Sezioni Unite, ben esercitando la loro funzione nomofilattica, avevano in definitiva inaugurato un indirizzo interpretativo rimasto granitico fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 7/2016 che, pertanto – quasi in una sorta di eterogenesi dei fini della disciplina del nuovo illecito civile di falso in scrittura privata – ha letteralmente “riesumato” un dibattito ormai dimenticato – forse anche alla luce del fatto che, prima della novella, le falsità in assegni bancari costituivano pur sempre condotte penalmente rilevanti, anche laddove riportate all’interno della fattispecie di cui all’art. 485 c.p., rispetto alla quale l’art. 491 c.p. si poneva (pacificamente) quale mera circostanza aggravante[10].

 

9. Possiamo adesso concentrare la nostra attenzione sul secondo orientamento, cui l’ordinanza in commento mostra chiaramente di aderire, secondo cui la falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità risulterebbe ancor oggi penalmente rilevante, rientrando nel raggio applicativo del reato di falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito[11].

Vari gli argomenti posti a sostegno di tale linea interpretativa fatta propria dalla seconda sezione della Corte di Cassazione nell’ultimo biennio.

Innanzi tutto — rileva lo stesso Collegio nell’ordinanza in commento — l’art. 491 non distinguerebbe le varie tipologie di girata rilevanti, sicché anche il titolo – come l’assegno bancario non trasferibile – trasmissibile mediante mera girata per l’incasso rientrerebbe tra gli oggetti materiali tipici delle fattispecie, potendo, peraltro, il falso avente a oggetto un simile documento “…esercitare la sua funzione dissimulatoria almeno nei confronti dell’impiegato della banca e dell’istituto da questi rappresentato”. Si rileva, inoltre, come non si rinvenga alcuna traccia, nei lavori preparatori del d.lgs. n. 7/2016, della presunta “…volontà del legislatore di depenalizzare per le vie di fatto la maggior parte dei più gravi falsi in assegni, tenuto conto che, a seguito della Legge di Stabilità del 2016 […] tutti gli assegni per un importo superiore ad euro 1000 devono obbligatoriamente essere dotati di clausola di non trasferibilità. Con la conseguenza che, del tutto irragionevolmente a voler seguire l’opposta tesi, la falsificazione di un titolo di credito di importo inferiore ai mille euro, non dotato di clausola di non trasferibilità, sarebbe un fatto ancora penalmente perseguibile ai sensi del nuovo art. 491 cod. pen., al contrario della falsificazione apposta su un assegno di importo maggiore e, per questo, espressione di un maggiore disvalore della condotta e di possibili maggiori effetti dannosi sulla vittima[12].

Nessun valido argomento, poi, potrebbe trarsi dalla sentenza Guarracino delle Sezioni Unite su cui ci siamo sopra soffermati, trattandosi di una “…decisione intervenuta su un assetto normativo [radicalmente diverso da quello attuale] nel quale tutte le falsificazioni su assegni erano comunque penalmente rilevanti”.

In ultimo, si pone in risalto il fatto che, potendo apporsi clausole di “non trasferibilità”, ai sensi dell’art. 43 del R.D. n.1736/1933, anche su assegni che ne fossero privi al momento della loro emissione, l’eventuale adesione alla tesi avversata condurrebbe “…al risultato paradossale di far dipendere la sussistenza o meno del reato dall’iniziativa dell’autore dello stesso, il quale potrebbe falsificare l’assegno” apponendovi la clausola in questione, così agevolmente (auto)rendendosi immune da ogni conseguenza di rilievo penale[13].

 

10. L’ordinanza in commento, inoltre, pone all’attenzione delle Sezioni Unite ulteriori riflessioni volte a corroborare l’impostazione interpretativa appena esposta.

Si richiamano, in primo luogo, alcuni arresti della giurisprudenza di legittimità che dimostrerebbero, avuto riguardo alla prassi dei rapporti cartolari, una concreta attitudine alla circolazione degli assegni bancari muniti di clausola di non trasferibilità: dall’orientamento secondo cui “…nel caso di girata di un assegno bancario non trasferibile a persona che non sia il banchiere per l’incasso, la responsabilità […] della banca trattaria (e di quella che abbia pagato), per il pagamento a detto illegittimo giratario, viene meno allorquando non ne derivi pregiudizio per il traente non avendo il legittimo prenditore dell’assegno reclamato il suo ulteriore pagamento[14]; all’indirizzo in base al quale l’assegno non trasferibile “…può essere girato “in bianco”, potendo in tal caso il giratario far valere la girata come promessa di pagamento [...]” a determinate condizioni[15].

In sostanza, si spiega, una interpretazione estensiva della locuzione “titoli di credito trasmissibili per girata” consentirebbe di attribuire rilievo, ai fini dell’integrazione dell’art. 491 c.p., anche a tali forme irregolari, ma invalse nella pratica degli affari, di trasmissione (e circolazione) cartolare.

Dovrebbe, altresì, tenersi conto, sotto un ulteriore profilo, dell’insidia all’affidamento sugli elementi apparenti del titolo determinata dell’agevole possibilità di cancellare la stessa clausola di “non trasferibilità” senza alcuna visibilità o di falsificare la girata per l’incasso, con la conseguente messa in pericolo della pubblica fede – primario profilo di tutela della disposizione di cui all’art. 491 c.p.

La legge regolatrice dell’assegno bancario, peraltro, utilizza letteralmente il termine “girata” anche per indicare il mero mandato al banchiere per la riscossione dell’assegno, sicché, secondo l’ordinanza in esame, anche sotto tale profilo potrebbe ritenersi applicabile l’art. 491 c.p. nella parte in cui tale disposizione fa (generico) riferimento a titoli di credito trasmissibili “per girata”.

Si rileva, infine, nel passaggio conclusivo dell’ordinanza, come seguendo l’opposto orientamento potrebbero ipotizzarsi irragionevoli “…residui ambiti di operatività” dell’art. 491 c.p. anche in ipotesi di assegni non trasferibili.

E ciò poiché la stessa normativa antiriciclaggio prevede la possibilità di ottenere dall’istituto di credito il rilascio di moduli di assegni privi delle ordinarie clausole di non trasferibilità, con la conseguenza di consentire l’emissione di assegni sforniti di detta clausola anche per importi superiori al limite di 1000 euro. In tali casi, pertanto, vi sarebbe l’obbligo della banca di provvedere al pagamento – fatta salva la necessaria segnalazione da parte dell’operatore della violazione, che comporta esclusivamente l’irrogazione di sanzioni amministrative – con la correlativa riconducibilità delle falsità poste in essere su tali titoli di credito alla disposizione di cui all’art. 491 c.p., ancorché si sia in presenza di un assegno ex lege “non trasferibile”[16].

 

11. Le richiamate argomentazioni poste a sostegno dell’indirizzo giurisprudenziale accolto dalla seconda sezione della Corte di Cassazione, tuttavia, non sembrano condivisibili.

Non convincente, anzitutto, è il rilievo secondo cui, accogliendo la prima delle tesi qui esposte, si arriverebbe al risultato irragionevole di sanzionare penalmente soltanto i falsi in assegni di modesto valore.

La ratio di maggior tutela dell’art. 491 c.p., infatti, non risiede nel maggiore o minore importo dell’assegno, ma nel particolare regime di circolazione proprio dei titoli di credito liberamente trasferibili a più soggetti[17].

Per la stessa ragione non sembra irragionevole attribuire perdurante rilievo penale alle condotte di falsità aventi a oggetto assegni privi della clausola di non trasferibilità, emessi in violazione del limite quantitativo indicato dal d.lgs. n. 231/2007.

Altra questione, che qui ovviamente non è possibile tematizzare, è se, considerato il vigente assetto di disciplina, non sia il caso di riflettere circa il trasferimento dell’intero settore della tutela penale in materia di assegni nel campo del nuovo illecito punitivo civile[18].

Non convincente, poi, appare l’affermazione secondo cui i principi espressi dalle Sezioni Unite Guarracino non dovrebbero continuare a valere anche nell’attuale assetto normativo. Va rimarcato, invero, come tale pronuncia abbia preso posizione su elementi costitutivi dell’ipotesi di cui all’art. 491 c.p. e sul fondamento giustificativo della tutela offerta da siffatta previsione, i quali risultano a tutt’oggi immutati[19].

Non convincente, inoltre, ci sembra il rilievo per cui il soggetto attivo del reato potrebbe agevolmente rendersi (auto)immune da ogni conseguenza di rilievo penale, apponendo sull’assegno la clausola di non trasferibilità.

Nell’ipotesi in questione, infatti, la falsità verrebbe posta in essere in un segmento temporale in cui il titolo di credito è privo di clausole limitative della sua circolazione, per cui risulterebbe comunque configurabile l’art. 491 c.p., estendendosi al contrario il raggio applicativo del nuovo illecito civile di falso in scrittura privata a tutte le condotte di falso che intervengano su assegni già muniti della clausola di non trasferibilità ancor prima dell’intervento del soggetto attivo di volta in volta in considerazione – a nulla rilevando, quindi, che detta clausola sia apposta dall’originario traente, o dal successivo giratario.

 

12. Non convincente, soprattutto, appare il richiamo al tenore letterale dell’art. 491 c.p., che non distinguerebbe tra le varie tipologie di girata rilevanti. Un simile ragionamento appare metodologicamente erroneo nella parte in cui isola come una “monade” il termine “girata”, e non valorizza per contro l’esigenza di una interpretazione unitaria della locuzione “titoli di credito trasmissibili per girata”, e ciò, come si dirà, anche alla luce di una necessaria lettura teleologica della norma.

Al riguardo va invero segnalata una risalente posizione dottrinale che, mediante l’indicazione puntuale di una considerevole mole di indici normativi, segnalò come l’espressione in questione si riferirebbe a tutti i titoli che consentano un trasferimento della legittimazione all’esercizio del diritto cartolare anche in nome altrui[20].

Una locuzione, quindi, dal significato estremamente più ampio di quello che il primo orientamento sopra esposto vorrebbe attribuirgli – facendo esclusivo riferimento ai titoli che consentano di trasferire mediante girata la titolarità del diritto in essi incorporato – e tale da ricomprendere anche la c.d. girata “impropria” per l’incasso.

Tale assunto, tuttavia, sta e cade nel momento in cui si individua tra gli scopi di tutela dell’art. 491 c.p. anche la mera circolazione intra-bancaria del titolo, unica forma di “transito” legale ipotizzabile per gli assegni non trasferibili[21]. Una soluzione che, tuttavia, appare lontana dall’oggettività giuridica e dagli scopi di tutela del reato di falsità in testamenti olografi, cambiali e altri titoli di credito.

A ben vedere, da un lato, il bene tutelato dalla norma è in primo luogo quello della fede pubblica, richiedendosi la messa in pericolo della fiducia di un numero indeterminato di persone sulla genuinità del documento[22]; dall’altro, come correttamente rilevato già dalle Sezioni Unite Guarracino, la ratio di tutela dell’art. 491 c.p. è strettamente connessa al maggior pericolo di falsificazione insito nel regime di circolazione dei titoli trasmissibili in proprietà mediante girata, trattandosi di un meccanismo circolatorio particolarmente esposto (per le sue stesse caratteristiche) a condotte insidiose e idonee a pregiudicare l’affidamento di una pluralità di soggetti sulla correttezza degli elementi indicati nel titolo[23].

Insomma, è alla libera e corretta circolazione del diritto cartolare tra il pubblico che il legislatore sembra aver rivolto la sua attenzione, e non già al (limitato) “transito” del titolo tra istituti di credito, né tantomeno a forme irregolari di circolazione di assegni non trasferibili che, a norma del R.D. n. 1736/1933, possono essere validamente incassati soltanto da soggetti determinati – circostanza, quest’ultima, che, secondo certa risalente dottrina, potrebbe addirittura escludere la stessa natura di titolo di credito del documento, il che, chiaramente, escluderebbe in radice la configurabilità dell’art. 491 c.p.[24].

Ma dando ormai per assodato, anche alla luce della più recente giurisprudenza civile di legittimità[25], che anche in ipotesi di assegni non trasferibili sempre di titoli di credito si tratti, ciò che più conta, come visto, è che l’elemento essenziale ai fini della configurabilità dell’art. 491 c.p. risulta essere la concreta circolabilità del documento tra il pubblico e non tra le banche, trattandosi in quest’ultimo caso di un regime di “transito legale” del tutto limitato – relativo, peraltro, a un titolo a legittimazione invariabile, su cui non è possibile inserire clausole diverse dalla mera girata per l’incasso – e rispetto al quale, nella logica del legislatore, appare sufficiente la tutela offerta dal nuovo illecito punitivo civile di falso in scrittura privata – attesi i minori pericoli di falsificazione connessi a tale fenomeno circolatorio.

Tale rilievo, in conclusione, pone in luce il corretto significato della locuzione “titoli di credito trasmissibili per girata” che, in base a una interpretazione teleologica della norma, non può che fare esclusivo riferimento a quegli assegni che siano liberamente trasferibili in proprietà mediante semplice trasmissione del possesso del titolo, o apposizione di girata sull’assegno a norma del R.D. n. 1736/1933.

Qualunque clausola che limiti la circolazione del titolo, pertanto, comporta il venir meno di un elemento essenziale del reato e, quindi, esclude la possibilità di sanzionare la relativa falsità commessa su un assegno che ne sia munito ai sensi dell’art. 491 c.p.[26].

 

 


[1] La legge delega, infatti, imponeva di mantenere la rilevanza penale dei falsi in testamenti olografi, cambiali e titoli di credito trasmissibili per girata o al portatore, e in tale luce, quindi, vanno inquadrate le modifiche operate sulla fattispecie di cui all’art. 491 c.p. In particolare, si è provveduto a riscrivere la rubrica della norma, stante la sua (nuova) natura di reato autonomo, e a inserire nella disposizione quel particolare dolo specifico che caratterizzava le figure di falso oggi abrogate. In argomento, in particolare, si veda A. Gullo, La depenalizzazione in astratto tra vecchi e nuovi paradigmi. Un’analisi dei decreti legislativi 7 e 8 del 15.1.2016, in www.lalegislazionepenale.eu, 29 luglio 2016, p. 42, il quale rileva, peraltro, come il nuovo illecito punitivo civile di falso in scrittura privata sia stato modificato rispetto alla previgente fattispecie codicistica di cui all’art. 485 c.p., essendosi “…sostituito il dolo specifico di procurare a sé o altri un vantaggio o recare ad altri un danno, che selezionava la rilevanza penale delle condotte […] con un più pregante evento di danno […] in considerazione dello stretto legame intercorrente tra i nuovi illeciti civili e l’azione di risarcimento del danno” e dell’opportunità “…di non anticipare la soglia di intervento della sanzione civile a condotte prodromiche rispetto alla effettiva lesione”. Per un’analisi delle recenti strategie di depenalizzazione si vedano, altresì: F. Palazzo, Nel dedalo delle riforme recenti e prossime venture, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2014, n. 4, pp. 1693 ss.; A. Sereni, La depenalizzazione nella società di massa tra logica liberale e logica economica, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2015, n. 3, pp. 557 ss.; G.L. Gatta, Depenalizzazione e nuovi illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie civili: una riforma storica, in questa Rivista, 25 gennaio 2016; A. Gargani, La depenalizzazione bipolare: la trasformazione di reati in illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie amministrative e civili, in Dir. pen. proc., 2016, n. 5, pp. 577 ss.; Id, Illecito civile punitivo (voce), in Enc. Dir., Annali, X, Milano, 2017, pp. 487 ss.; C. Piergallini, Pene “private” e prevenzione penale: antitesi o sincrasi?, in Aa.Vv., La pena, ancora: tra attualità e tradizione, Studi in onore di Emilio Dolcini, C.E. Paliero, F. Viganò, F. Basile, G.L. Gatta (a cura di), Milano, 2018, pp. 631 ss.

[2] In tal senso, in particolare, si vedano: Cass., Sez. V, sent. 22 novembre 2016, n. 3422, Merolla; Cass., Sez. V, sent. 17 gennaio 2017, n. 11999, Toma, in C.E.D. Cass., n. 269710; Cass., Sez. V, sent. 2 febbraio 2017, n. 13047, Benestante; Cass., Sez. V, sent. 4 aprile 2017, n. 32972, P.M. in proc. Valentini, in C.E.D. Cass., n. 270677. In tempi meno recenti, nello stesso senso: Cass., Sez. V, sent. 18 aprile 1972, n. 5250, Scarrone, in C.E.D. Cass., n. 121702; Cass., Sez. V, sent. 10 maggio 1978, n. 9447, Tantin, in C.E.D. Cass., n. 139704; Cass., Sez. VI, sent. 5 ottobre 1979, n. 538, Galante, in C.E.D. Cass., n. 143953; Cass., Sez. II, sent. 20 novembre 1981, n. 6942, Susini, in C.E.D. Cass., n. 154622; Cass., Sez. V, sent. 3 febbraio 2009, n. 9727, Gozzi, in C.E.D. Cass., n. 243019.

[3] L’art. 49 del d.lgs. n. 231/2007, in cui si prevede (tra l’altro) il limite all’emissione di assegni sforniti della clausola di non trasferibilità, è stato più volte modificato negli ultimi anni dal legislatore. L’attuale formulazione della norma, in particolare, è frutto delle modifiche operate con la legge di stabilità 2016 (l. n. 208/2015) e, soprattutto, da ultimo, con il d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90, inerente alla “attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006”, che ha disposto una riformulazione complessiva della disposizione.

[4] Così Cass., Sez. V, 17 gennaio 2017, Toma, cit.

[5] Per una compiuta ricostruzione del risalente dibattito dottrinale e giurisprudenziale in argomento si vedano: R. Pannain, Sull’assegno non trasferibile, in Arch. pen., 1965, II, pp. 17 ss.; A. Bartulli, Riflessi penalistici della circolazione anomala dei titoli di credito, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1969, pp. 30 ss.; A. Santoro, Falsità in assegni circolari o bancari con clausola di non trasferibilità, in Banca, borsa e titoli di credito, 1972, II, pp. 195 ss.

[6] Così Cass., Sez. U., sent. 20 febbraio 1972, n. 4, Guarracino, in C.E.D. Cass., n. 118012.

[7] Sul punto v.: G. De Amicis, sub. art. 491 c.p., AA.VV, Codice penale: rassegna di giurisprudenza e dottrina, G. Lattanzi., E. Lupo (a cura di), Milano, 2010, p. 641, il quale evidenzia come l’equiparazione “…dei titoli di credito trasmissibili per girata agli atti pubblici è correlativa alla loro destinazione alla circolazione. Conseguentemente, quando per qualcuna delle clausole che ad essi possono essere apposte, viene soppressa fin dall’origine la destinazione alla circolazione, viene meno la ragione della rinvigorita tutela penale ed il titolo, ai fini di un’eventuale falsificazione, riprende la sua intrinseca natura di privata scrittura”; R. Bartoli, Le falsità documentali, in F. Palazzo, C.E. Paliero (diretto da),Trattato teorico pratico di diritto penale, vol. VI, Reati contro la fede pubblica, M. Pelissero, R. Bartoli (a cura di), Torino, 2011, p. 235.

[8] Sul punto A. Gullo, La depenalizzazione in astratto, cit., p. 41.

[9] Così, letteralmente, Cass., Sez. V, sent. 10 maggio 1978, Tantin, cit.

[10] Sugli effetti della nuova disciplina degli illeciti punitivi civili rispetto all’assetto normativo delle falsità in atti si vedano V. Mormando, F. Bottalico, Le falsità in atti: la tutela penale della documentalità nel sistema dei reati contro la fede pubblica, Bari, 2017, pp. 270 ss.

[11] In tal senso si vedano: Cass., Sez. II, sent. 22 giugno 2017, n. 36670, Milani, in C.E.D. Cass., n. 271111; Cass., Sez. II, sent. 11 luglio 2017, n. 39093, Grassi; Cass., Sez. II, sent. 24 novembre 2017, n. 12599, Grassi, in C.E.D. Cass., n. 272368; Cass., Sez. II, sent. 6 dicembre 2017, n. 8063, D’Avino; Cass., Sez. II, sent. 17 gennaio 2018, n. 8065, Canistro.

[12] In quest’ultimo senso, in particolare, si veda anche Cass., Sez. II, sent. 22 giugno 2017, Milani, cit.

[13] Così anche Cass., Sez. II, 24 novembre 2017, Grassi, cit.

[14] In tale direzione, in particolare: Cass. civ., Sez. I, sent. 14 dicembre 1987, n. 9267, in Banca, borsa e titoli di credito, 1989, II, pp. 136 ss., con nota di A. La Banca, Le posizioni del traente di assegno bancario munito di clausola di non trasferibilità: recenti tendenze giurisprudenziali.

[15] Così Cass. civ., Sez I, sent. 29 luglio 2014, n. 17193, in Banca, borsa e titoli di credito, 2016, II, pp. 167 ss, con nota di A. Zanardo, Assegno bancario non trasferibile e valore “negoziale” della girata: ancora una pronuncia della Suprema Corte. In senso conforme, per quanto con riferimento a ipotesi di girate cambiarie in bianco, si vedano: Cass. civ., Sez. I, sent. 2 settembre 1996, n. 8008, in C.E.D. Cass., n. 499432; Cass. civ., Sez. I, sent. 16 aprile 2004, n. 7250, in C.E.D. Cass., n. 572111.

[16] Ulteriori margini di applicabilità per l’art. 491 c.p. potrebbero trarsi, apparentemente, anche in base all’orientamento di una risalente pronuncia della Suprema Corte – si tratta di Cass., Sez. V, sent. 15 aprile 1981, n. 6953, Di Cola, in C.E.D. Cass., n. 149769, non richiamata dall’ordinanza in commento – nell’ambito della quale si è rilevato come la girata “…di un assegno bancario in favore di istituto di credito, che, alla stregua della lettera del documento, risulti “piena” e non “per l’incasso”, legittima l’istituto medesimo all’esercizio del credito “nomine proprio”, onde permanendo in tal caso la destinazione del titolo alla circolazione, l’eventuale falsificazione della girata al banchiere è [pertanto, in tal caso] punibile non a norma dell’art. 485, bensì a norma dell’art. 491 cod. pen.”. Tuttavia, pur non distinguendo le tipologie di assegno bancario cui si riferisce, appare evidente come la medesima pronuncia non estenda la valida di un simile assunto anche agli assegni bancari non trasferibili, e ciò non soltanto poiché la (stessa) decisione in questione chiarisce come l’applicabilità dell’art. 491 c.p. debba desumersi proprio dall’attitudine del titolo alla circolazione piena – caratteristica, quest’ultima, radicalmente assente negli assegni non trasferibili – ma anche in quanto l’opposto ragionamento risulterebbe (palesemente) non praticabile rispetto alla chiara lettera dell’art. 43 della legge sull’assegno bancario (R.D. n. 1736/1933), che sancisce come il prenditore dell’assegno non trasferibile non possa “…girare l’assegno se non ad un banchiere per l’incasso, il quale non può ulteriormente girarlo”. Peraltro, la stessa giurisprudenza civile di legittimità ha avuto modo di chiarire come, in caso di assegni non trasferibili, la girata piena dell’ordinatario debba “…aversi per non apposta” – in questa direzione, in particolare, si è pronunciata Cass. civ., Sez. I, sent. 18 gennaio 2006, n. 871, in C.E.D. Cass., n. 585940. Su tale ultimo punto, e per una compiuta disamina della disciplina legislativa dell’assegno bancario, si vedano: G.A. Micheli, G. De Marchi, Assegno (voce), in Enc. dir., Milano, 1958, pp. 299 ss.

[17] In argomento, in particolare, v.: E. Grande, Falsità in atti (voce), in Dig. disc. pen., Torino, 1991, p. 64. L’A., infatti, evidenzia come la “…genuinità di tali documenti deve essere garantita in maniera particolare affinché essi possano assolvere alla loro funzione chiave nella circolazione delle ricchezze”; G. Mastrogiulio, sub art. 491 c.p., in Aa.Vv., Trattato di diritto penale, parte speciale, Vol. V, A. Cadoppi, S. Canestrari, A. Manna, M. Papa (a cura di), Milanofiori Assago, 2010, p. 480.

[18] Potrebbe invero, al riguardo, apparire ragionevole meditare sull’introduzione di una formula legislativa adeguata che, senza determinare ulteriori differenziazioni problematiche rispetto ad altri titoli di credito, consenta di trasformare tutti i falsi in assegni bancari in illeciti punitivi civili.

[19] In tal senso, in particolare, Cass., Sez. V, sent. 4 aprile 2017, P.M. in proc. Valentini, cit.

[20] Il riferimento è al contributo di A. Bartulli, Riflessi penalistici, cit., p. 84 ss.

[21] Così A. Bartulli, Riflessi penalistici, cit., p. 112. L’A., infatti, rileva come anche l’assegno non trasferibile meriti la particolare tutela penale offerta dall’art. 491 c.p. poiché “…nella circolazione bancaria degli assegni il pericolo della falsità non è meno grave che nella c.d. circolazione ordinaria”.

[22] Sul punto, in particolare, si vedano: A. De Marsico, Falsità in atti (voce), in Enc. dir., XVI, Milano, 1967, pp. 580 ss., il quale evidenzia in argomento come nell’ambito delle falsità in scritture private interessi “…alla normalità del traffico giuridico od economico la genuinità di tutti i mezzi di prova utili”; G. Mastrogiulio, sub art. 491 c.p., cit., p. 480, che sottolinea come “…si è ribadito che in tema di falso su titoli di credito trasmissibili per girata o al portatore l’oggetto della tutela penale è dato dall’affidamento dei terzi sugli elementi apparenti dei titoli stessi in considerazione del fatto che la loro irregolare circolazione può ledere diritti di soggetti diversi dagli originari negoziatori”; R. Borgogno, sub. art. 491 c.p., in Trattato di diritto penale, parte speciale, C.F. Grosso, T. Padovani, A. Pagliaro (diretto da), Vol. X, Reati contro la fede pubblica, F. Ramacci (a cura di), Milano, 2013, p. 595.

[23] Proprio l’affidamento della generalità dei terzi sugli elementi apparenti del titolo di credito rappresenta, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, il peculiare profilo di tutela del reato di cui all’art. 491 c.p. In tal senso, in particolare, si vedano: Cass., Sez. V, sent. 20 maggio 1975, n. 10232, Papaleo, in C.E.D. Cass. n. 131093; Cass., Sez. V, sent. 7 ottobre 1980, n. 13301, Bonassai, in C.E.D. Cass., n. 147056; Cass., Sez. V, sent. 10 dicembre 1981, n. 465, Rendina, in C.E.D. Cass., n. 151656; Cass., Sez. II, sent. 20 settembre 2007, n. 38605, Iaciofano, in C.E.D. Cass., n. 236164.

[24] Per una ricostruzione di tale dibattito in letteratura si rinvia ai contributi di: A. Bartulli, Riflessi penalistici, cit., pp. 93 ss.; A. Santoro, Falsità in assegni, cit., pp. 196 ss.

[25] La giurisprudenza civile di legittimità, invero, ben chiarisce come “…la clausola di intrasferibilità degli assegni […] trasforma il titolo di credito in titolo a legittimazione invariabile, con preclusione alla circolazione sia sul piano cartolare che con riguardo alla cessione ordinaria, con l’unica eccezione costituita dalla possibilità da parte del prenditore di effettuare la girata ad un banchiere per il solo incasso […]”. In tal senso, in particolare: Cass. civ., Sez. III, sent. 16 maggio 2003, n. 7633, in Giust. civ., 2004, n. 12, pp. 3018 ss., con nota di E. Severini, In tema di pagamento di assegni muniti di clausola di non trasferibilità; Cass. civ., Sez. II, sent. 17 febbraio 2010, n. 3785, in C.E.D. Cass., n. 611514.

[26] In questa direzione, del resto, appare orientata la dottrina largamente maggioritaria. Si vedano, in particolare: R. Pannain, Sull’assegno, cit., p. 19, il quale, in particolare, evidenzia conclusivamente che nessuna “…distinzione esiste tra “titoli di credito trasmissibili mediante girata” e titoli di credito non trasmissibili girata all’infuori di quelli che non abbiano o abbiano una clausola apposita (soprattutto “non trasferibile”). Se non si fossero voluti escludere dalla maggiore tutela penale quelli della seconda categoria, cioè quelli forniti della clausola in questione, non si spiegherebbe la formula dell’art. 491 c.p.”; A. Santoro, Falsità in assegni, cit., p. 201; E. Grande, Falsità in atti, cit., p. 65; G. Mastrogiulio, sub art. 491 c.p., cit., p. 500; R. Bartoli, Le falsità documentali, cit., p. 235; R. Borgogno, sub. art. 491 c.p., cit, p. 602; V. Mormando, F. Bottalico, Le falsità in atti, cit., p. 400.