ISSN 2039-1676


06 maggio 2015 |

Rivista italiana di diritto e procedura penale n. 1/2015

Abstract dei contributi

Come ormai d'abitudine, con l'autorizzazione dell'editore Giuffrè anticipiamo di seguito gli abstract dei lavori pubblicati nell'ultimo numero della Rivista italiana di diritto e procedura penale (n. 1/2015), che sarà distribuito nei prossimi giorni. Nella colonna di destra è disponibile la versione in inglese.

  

DOTTRINA

 Articoli

 

Pisani M., La pena di morte in Italia (1926-1948), p. 1 s.

 Viene qui delineata, prevalentemente sulla base delle discipline normative, la storia della pena di morte in Italia. E ciò a decorrere dal 1926, anno del suo ripristino - dopo l'abolizione sancita dal codice Zanardelli - attraverso una serie di passaggi alterni di segno e di esito diversi, fino alla Costituzione. Nel suo art. 27, comma 4º, si consacrava, al livello più alto, la soluzione abolizionista, che però, e ancora per diversi anni, lascerà indenne (almeno in astratto) l'applicabilità della pena di morte secondo quanto previsto "dalle leggi militari di guerra".

 Pulitanò D., Crisi della legalità e confronto con la giurisprudenza, p. 29 s.

 In una riflessione sulla crisi della legalità la giurisprudenza è luogo di possibile crisi, formante e non già fonte in un sistema retto dal principio di legalità (importanti indicazioni da Corte Cost. n. 230/12). Ha radice nella struttura stessa del law enforcement penalistico il rischio di autoritarismo ben intenzionato, motivato da intendimenti di tutela di dati interessi, ravvisabile in interpretazioni e applicazioni estensive di fattispecie di delitto o di istituti di parte generale, e in resistenze a seguire criteri di rigore probatorio pur affermati dalla Corte di cassazione, ma talora ridotti a formule retoriche. Occorre considerare il 'formante' giurisprudenziale come un possibile deformante della legalità, e riconoscere alle parti il diritto di contestare, con onere di adeguata motivazione e diritto a motivata risposta, la autorevolezza o plausibilità sostanziale di precedenti giurisprudenziali più o meno consolidati, o di un diritto vivente o ritenuto tale.

Kindhäuser U., Imputazione oggettiva e soggettiva nel delitto doloso, p. 59 s.

 La teoria dell'imputazione oggettiva cerca di escludere la rilevanza penale di alcuni decorsi causali sul piano degli elementi oggettivi del reato, prima di esaminare gli elementi soggettivi. Per questo formula due criteri: 1) la produzione di un evento non può essere imputata oggettivamente se manca la finalità oggettiva della condotta, perché in questo caso l'evento appare come casuale; 2) per l'imputabilità oggettiva di un evento è necessario che in esso si realizzi il rischio non consentito creato dall'autore. Il presente lavoro intende dimostrare che un evento può essere imputato oggettivamente sempre, a meno che la condotta che lo ha causato non contravvenga lo scopo di protezione della norma. Negli altri casi la teoria dell'imputazione oggettiva giunge a conclusioni incongrue o mescola elementi soggettivi ed oggettivi. Tuttavia il criterio del nesso di rischio è uno strumento idoneo a fondare, nella fattispecie soggettiva del delitto doloso, l'imputazione di un evento per dolo.

De Vero G., Dolo eventuale e colpa cosciente: un confine tuttora incerto. Considerazioni a margine della sentenza delle Sezioni Unite sul caso ThyssenKrupp, p. 77 s.

La sentenza delle Sezioni Unite sul caso ThyssenKrupp si segnala innanzitutto per il richiamo all'esigenza di determinatezza e per il conseguente rifiuto di formule verbali avulse da contenuti di realtà verificabili in sede processuale. Condivisibili sono poi la rivendicazione del necessario contenuto volontaristico del dolo eventuale e la parallela critica della teoria della rappresentazione. La ricerca di un 'equivalente della volontà' resta invece esposta al dubbio di applicazione analogica della definizione del dolo ex art. 43 c.p. e alle incertezze tuttora non superate dalla dottrina.

L'unico criterio idoneo a fornire una chiara distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente può ravvisarsi nel più grave disvalore oggettivo della condotta dolosa, che, in quanto rappresentato e voluto dall'agente, aggrava anche la sua colpevolezza. È comunque necessario un riconoscimento normativo della fattispecie, con previsione sanzionatoria adeguata ad una collocazione intermedia tra dolo in senso proprio e colpa.

Donini M., Scienza penale e potere politico, p. 95 s.

L'idea che la scienza penale sia qualcosa di più di una tecnica solo se, oltre alla dogmatica e ai principi, impiega anche conoscenze empiriche e criminologiche, ha un buon fondamento, ma suppone il superamento di varie aporie e offre alla scienza la possibilità di instaurare una forte dialettica critica con il potere politico. L'episteme della dottrina penalistica estende così l'interpretazione e la dogmatica normativista verso una scienza penale integrale che supera la dicotomia fatto/valore, la questione essere/dover essere e la cultura monistica tanto del positivismo logico quanto del solo sapere ermeneutico tradizionale. La great division è oggi tra ricerche individuali e di gruppo, tra scoperte e invenzioni di singoli o di un collettivo di pensiero. Nel momento in cui il potere di costruire il diritto è diviso tra molti autori, il compito di scrivere  la trama della ragione pubblica non è riservato alle sole Corti Supreme. Infatti, è sempre fondamentale il ruolo della scienza penale,  attraverso saperi condivisi e non separati tra i pubblici poteri e i cittadini, nel senso di una riduzione massima del livello di sofferenza di autore, vittima e terzi possibili destinatari della legge penale.

Mannozzi G., Traduzione e interpretazione giuridica nel multilinguismo europeo: il caso paradigmatico del termine « giustizia riparativa » e delle sue origini storico-giuridiche e linguistiche, p. 137 s.

Nel contesto giuridico europeo è ineludibile il problema della traduzione dei documenti normativi nelle diverse lingue dei Paesi membri. Le differenze giuridico-strutturali tra sistemi giuridici di common law e di civil law rendono ancor più complessa la trasposizione linguistica dei singoli istituti giuridici, poiché ogni termine riflette ampiamente le tradizioni culturali di ciascun ordinamento chiamato a tradurre documenti pensati e/o redatti in una delle lingue di lavoro dell'Unione Europea. L'espressione e la circolazione degli istituti giuridici prevalentemente in lingua inglese può inoltre determinare dinamiche interpretative distorte se riferite alla sola cultura anglosassone, con sacrificio del portato gius-filosofico dei paesi di civil law. Emblematico può essere considerato il dibattito sull'origine del termine « giustizia riparativa », sino ad oggi condotto in ambito quasi esclusivamente anglosassone, in cui viene ignorata la possibile matrice italiana del lessema « restorative justice ».

Manes V., Dove va il controllo di costituzionalità in materia penale?, p. 154 s.

Le statistiche sul controllo di costituzionalità delle leggi penali dimostrano una costante flessione: le questioni sollevate sono in costante calo, molte le pronunce di inammissibilità, sempre meno le pronunce di accoglimento. Diversi sono i fattori alla base di questo fenomeno: il potere di disapplicazione diretta da parte del giudice comune, in sede diffusa, nel caso di contrasto con atti di diritto UE dotati di effetti diretti; la tendenza dei giudici ad avere un dialogo immeditato con le Corti europee nell'ambito dei diritti fondamentali, aggirando il controllo accentrato della Corte costituzionale; l'onere di interpretazione costituzionalmente conforme della legge ordinaria, quale passaggio preliminare per prospettare correttamente la questione di illegittimità. Sullo sfondo, tuttavia, la Corte costituzionale si dimostra ancora vigile, proprio in materia penale: sui diritti fondamentali e sui relativi bilanciamenti (dove le pronunce più recenti dimostrano la adesione ad uno strict scrutiny); sulle "zone franche", sempre più assoggettate al sindacato della Corte, nonostante possibili effetti in malam partem delle pronunce.

Gatta G.L., La criminalizzazione della 'clandestinità' fra scelte nazionali e contesto europeo, p. 188 s.

L'A. prende in esame un fenomeno riscontrabile nel contesto italiano ed europeo: la tendenza a configurare come reato il soggiorno e/o l'ingresso irregolare nello Stato (è così in 28 Stati membri dell'UE). Mentre il legislatore europeo della Direttiva rimpatri (115/2008/UE) - che non ha bisogno di intercettare il consenso elettorale - affida il controllo e la gestione dei flussi migratori al diritto amministrativo, i legislatori nazionali non rinunciano per lo più ad affiancare alla disciplina amministrativa sanzioni penali. Senonchè, come ha certificato la Corte di Giustizia UE negli ultimi anni, lo spazio lasciato dal diritto UE al diritto penale è assai limitato nella materia in esame, e lo rende nella sostanza un'arma spuntata. E' così anche in Italia, dove - proprio per effetto del diritto UE - i reati connessi all'ingresso e al soggiorno irregolare (con la sola eccezione del reato di illecito reingresso) sono oggi puniti con mere pene pecuniarie destinate a restare ineseguite. La criminalizzazione della clandestinità è pertanto inutile: non ha effetto deterrente e, d'altra parte, nemmeno facilita le espulsioni. L'autentica ragion d'essere del diritto penale nella materia in esame risiede allora nel suo carattere simbolico, funzionale a politiche securitarie e a un populismo penale che mira ad acquisire un facile consenso elettorale, calpestando il ruolo di extrema ratio proprio del diritto penale stesso. La recente scelta del legislatore italiano di delegare il Governo a depenalizzare il reato di 'clandestinità' va pertanto salutata con favore.

Sechi P., Contrasto al sovraffollamento carcerario e misure alternative alla detenzione: un primo bilancio, p. 199 s.

Dopo aver esaminato le implicazioni della sentenza pilota della Corte europea dei diritti dell'uomo nel caso Torreggiani ed altri c. Italia in materia di sovraffollamento carcerario, il lavoro si sofferma sul potenziamento delle misure alternative alla detenzione - intese sia come misure che vanno ad ampliare il novero delle sanzioni, sia come misure operanti nella fase di esecuzione della pena - analizzando l'efficacia delle innovazioni legislative in argomento al fine di far fronte al problema del sovraffollamento delle carceri. Si prospetta, infine, la possibilità di introdurre una nuova misura alternativa alla detenzione, ancorata all'ultimo periodo di pena da scontare, che svolga il duplice ruolo di agevolare il reinserimento del condannato e di responsabilizzare tale soggetto mediante il rispetto di prescrizioni di natura precipuamente riparativa.

Corda A., Ricostruzioni dogmatiche e dinamiche probatorie: l'imputabilità penale tra colpevolezza e affirmative defenses, p. 238 s.

 

Il presente lavoro indaga il trattamento processual-probatorio della categoria dell'imputabilità penale e della sua assenza per infermità mentale nei soggetti maggiorenni. Se, da un lato, le moderne acquisizioni della dogmatica collocano ormai stabilmente la capacità di intendere e volere all'interno del formante della colpevolezza, dall'altro, la giurisprudenza maggioritaria continua però a considerarla quale componente esterna alla struttura del reato. Da tale qualificazione, dettata dall'esigenza di alleggerire l'onere probatorio dell'accusa, discendono rilevanti implicazioni rispetto alla concreta operatività dell'istituto. Il modello risultante ricorda quello delle affirmative defenses dell'ordinamento statunitense, con particolare riferimento alla insanity defense. La declinazione processuale dell'imputabilità offre altresì lo spunto per proporre una tassonomia del c.d. fenomeno della processualizzazione delle categorie del diritto penale sostanziale e per svolgere alcune riflessioni in merito al delicato rapporto tra elaborazione teorica della scienza penalistica e prassi applicativa.

 

Guido E., Il valore della legalità nell'impresa a partire dalla normativa sulla responsabilità degli enti per l'illecito derivante da reato, p. 280 s.

L'entrata in vigore della recente legge 6 novembre 2012, n. 190 per il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione ha sollecitato una riflessione sugli strumenti normativi messi a disposizione dall'ordinamento allo scopo di tutelare il bene della legalità nella conduzione dell'attività economica. Lo studio, in particolare, offre un'analisi comparativa di due strumenti di prevenzione del rischio di reato: i modelli organizzativi, introdotti con il d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231 per gli enti, e i piani anticorruzione, che la legge più sopra richiamata ha reso obbligatori per le pubbliche amministrazioni. Questo confronto ha costituito l'occasione per mettere in evidenza la diversità dei due sistemi e osservare che, a partire dalla disciplina sulla responsabilità delle persone giuridiche, l'intero ordinamento giuridico si è conformato alla logica della prevenzione mediante organizzazione, anche se rimangono differenti i beni tutelati e i presidi che si costruiscono.

Pezzimenti, C., La responsabilità penale del medico tra linee guida e colpa "non lieve": un'analisi critica, p. 311 s.

Nel tentativo di individuare soluzioni idonee ad attenuare il fenomeno della medicina difensiva e capaci di razionalizzare il sistema, l'art 3, 1º comma, del decreto Balduzzi ha disciplinato in modo specifico la responsabilità penale del medico. Il presente lavoro si pone come scopo, pertanto, di analizzare i nuovi confini normativi della colpa medica. Dopo aver riflettuto sull'evoluzione giurisprudenziale attinente alle linee guida, ci si soffermerà sul ruolo che le stesse, espressamente valorizzate a livello normativo, possano avere nella determinazione del Tatbestand. Sull'altro versante, l'attenzione sarà rivolta alla misura soggettiva della colpa: occorrerà riflettere, infatti, se, proprio in relazione ad essa, sia possibile accertare la colpa lieve e se, pertanto, quest'ultima possa essere intesa come un'ipotesi legale di inesigibilità. La lettura interpretativa che si propone intende valorizzare l'individualizzazione oggettiva e soggettiva del giudizio di responsabilità. L'obiettivo è quello di ricostruire la colpa penale del medico in termini autenticamente colpevoli, e ciò nel pieno rispetto del principio di personalità della responsabilità penale di cui all'art 27, comma 1º, Costituzione.

 

 Note a sentenza

Giuliani L., Motivazione "autonoma" dell'ordinanza applicativa di una misura cautelare coercitiva e poteri del tribunale della libertà (alle soglie di una "storica" riforma?), p. 351 s. (Nota a Corte cost., sent. 3.12. 2014, n. 270)

La Corte costituzionale è chiamata a valutare la compatibilità con i principi costituzionali - e segnatamente con l'art. 13 comma 2 Cost., da interpretarsi anche alla luce del diritto di difesa e del principio di imparzialità del giudice - della disciplina del riesame delle misure cautelari personali là dove non consente al tribunale della libertà di annullare l'ordinanza cautelare allorché questa, motivata per relationem, non contenga alcuna autonoma valutazione del materiale indiziario. Adeguatezza della motivazione e strumenti di tutela rispetto ai vizi motivazionali dei provvedimenti limitativi della libertà personale sono i due temi al centro dell'incidente costituzionale in esame. Un ostacolo procedurale impedisce alla Corte di entrare nel merito, nondimeno una riflessione sull'argomento riveste interesse in vista della imminente riforma legislativa che, incidendo tra l'altro sull'art. 309 comma 9 c.p.p., si porrà come un novum nel dibattito giurisprudenziale e dottrinale sul punto.

Corvi A., Alla ricerca del fatto penalmente rilevante nei delitti associativi, p. 395 s. (Nota a Cass., Sez. VI, 3.12.2013, n. 695, Gullo)

La sentenza commentata tratta dei presupposti per farsi luogo a revisione di una pronuncia definitiva di condanna per il reato di associazione a delinquere (nel caso di specie finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti), nell'ipotesi di cui all'art. 630 lett. a) c.p.p., affermando che sono fondate su fatti fra loro incompatibili due sentenze che giungano a conclusioni opposte circa l'esistenza di un determinato sodalizio criminoso, sulla base delle medesime prove. Nel commento, si analizzano gli elementi costitutivi del reato associativo, soffermandosi in particolare sul requisito dell'organizzazione, che, secondo la migliore dottrina e giurisprudenza, deve essere concretamente idonea a raggiungere gli scopi avuti di mira dall'associazione. Infine, si ipotizza l'individuazione di altre caratteristiche in grado di definire il concetto di 'organizzazione', così da renderlo maggiormente conforme ai principi di precisione e di offensività in materia penale.

De Santis G., Sulla rilevanza penale dell'elusione fiscale, p. 396 s. (Nota a Trib. Catania, ord. 27.11.2014)

 L'ordinanza del Tribunale di Catania che si annota, ripercorre l'articolato dibattito giurisprudenziale - nazionale e sovranazionale - sull'abuso del diritto in materia tributaria con precipuo riferimento alla materia penale. La vicenda concreta prendeva le mosse da un'indagine a carico di un imprenditore per il reato di dichiarazione infedele realizzato per mezzo di una condotta di elusione fiscale. Tuttavia, nel nostro ordinamento non sussiste alcuna norma che affianca al disconoscimento del vantaggio fiscale in caso di elusione (ai sensi della norma antielusiva di cui all'art. 37bis d.p.r. 600/1973), anche il reato ex art. 4 d. lgs. 74/2000. E infatti, ritenere sufficiente l'appiglio normativo dell'art. 37bis cit. per configurare un divieto di condotta, sulla cui violazione fondare la sanzione penale per dichiarazione infedele, ex art. 4, d.lgs. 74/2000, è una soluzione inammissibile rispetto ai principi di legalità e tassatività dell'illecito penale sia, a livello nazionale che a livello europeo, ex artt. 7 (CEDU) e 49 (Carta di Nizza). Peraltro, la questione interpretativa della (ir)rilevanza penale dell'elusione in materia tributaria è pressante anche in ragione dell'imminente attuazione della delega fiscale.

Trinchera T., Profili di responsabilità  penale in caso di surrogazione di maternità all'estero: tra alterazione di stato e false dichiarazioni al pubblico ufficiale su qualità personali, p. 418 s. (Nota a Trib. Brescia, 26.11.2013; Trib. Milano, 8.4.2014; Trib. Milano, 14.4.2014; Trib. Varese, 8.10.2014)

Nel corso dell'ultimo anno, la giurisprudenza si è posta più volte il problema di stabilire se una coppia che ricorre all'estero alla maternità surrogata e successivamente ottiene in Italia il riconoscimento del rapporto di filiazione, possa essere chiamata a rispondere del reato di alterazione di stato mediante false dichiarazioni (art. 567 co 2 c.p.) o del reato di false dichiarazioni o attestazioni a pubblico ufficiale su qualità personali (art. 495 co. 2 n. 1 c.p.). Nel presente contributo, l'A. analizza le diverse soluzioni sino ad ora adottate dalla giurisprudenza di merito, soffermandosi in particolare su due recenti decisioni del Tribunale di Milano e del Tribunale di Varese che hanno assolto gli imputati da entrambi i reati. Nel secondo caso, in particolare, il giudice si è adeguato ai principi espressi dalla Corte EDU nei casi Mennesson e Labassee in punto di maternità surrogata.

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Tra gli ulteriori contributi presenti nel fascicolo n. 1/2015 della Rivista, oltre alle rassegne di giurisprudenza costituzionale e di giustizia penale sovranazionale, si segnalano:

 

 

  • nella rubrica "Commenti e dibattiti" le seguenti recensioni:

 

 

Maiwald M., A proposito di G.L. Gatta, "La minaccia. Contributo allo studio delle modalità della condotta penalmente rilevante" (Aracne, Roma, 2013, pp. 313), p. 441 s.

Bacco F., Diritto penale e 'uso scettico' della verità. Riflessioni a margine di G. Forti, G. Varraso, M. Caputo (a cura di), "'Verità' del precetto e della sanzione penale alla prova del processo" (Napoli, Jovene, 2014), p. 444 s.

 

 

  • nella rubrica "Leggi e documenti":

 

 

Discorso del Santo Padre Francesco alla delegazione dell'Associazione Internazionale di Diritto Penale (Sala dei Papi, 23 ottobre 2014) - con commento di L. Eusebi, "Cautela in poena", p. 459 s.

Lettera del Santo Padre Francesco al Presidente della Commissione Internazionale contro la pena di morte (Vaticano, 20 marzo 2015) - con commento di L. Eusebi, "Cautela in poena", p. 466 s.

 

 

  • nella rubrica "Rassegna bibliografica" (p. 2189 s.) le schede delle seguenti monografie:

 

 

Bartolini A., Brunelli D., Caforio G. (a cura di), I beni immateriali tra regole privatistiche e pubblicistiche, Jovene, Napoli, 2014, pp. 284. (V. Valentini)

Canzio G., Cerqua L.D., Lupária L. (a cura di), Diritto penale delle società, Cedam, Padova, 2014, pp. 1582 (V. F. Mettica)

Conti C., La preclusione nel processo penale, Giuffrè, Milano, 2014, pp. 444 (V. Meroni)

Eusebi L., La Chiesa e il problema della pena. Sulla risposta al negativo come sfida giuridica e teologica, Editrice La Scuola, Brescia, 2014, pp. 190 (G. L. Gatta)

Ferrua P., La prova nel processo penale, I, Struttura e procedimento, Giappichelli, Torino, 2015, pp. 287 (F. Cassibba)

Foffani L., Doval A., Castronuovo D. (a cura di), La sicurezza agroalimentare nella prospettiva europea. Precauzione prevenzione, repressione, Giuffrè, Milano, 2014, pp. 649 (F. Diamanti)

Lupária L. (a cura di), Lo statuto europeo delle vittime di reato. Modelli di tutela tra diritto dell'Unione e buone pratiche nazionali, Cedam, Padova, 2015, pp. 345 (M. Simonato)

Reccia E., La criminalità stradale. Alterazione da sostanze alcoliche e principio di colpevolezza, Giappichelli, Torino, 2014, pp. 169 (G. Losappio)

Savio E., Il giudizio di rinvio dopo l'annullamento in Cassazione, Cedam, Padova, 2014, pp. 163 (A. Remelli)

Suraci L., Le indagini difensive, Giappichelli, Torino, 2014, pp. 424 (V. Meroni)

Ubertis G., Profili di epistemologia giudiziaria, Giuffrè, Milano, 2015, pp. 190 (R. Casiraghi) 

 

 

  • nella rubrica "Notizie" (p. 543 s.), infine, le seguenti sintesi di convegni:

 

 

Giudici A., Mariotti M., Ubiali M.C., « La tutela dell'ambiente tra diritto e procedura penale: equilibri di sistema e spinte riformatrici ». Convegno internazionale, 21/22 novembre 2014, Milano

Alvarado Urízar A., « Vittime di reato e giustizia penale. Standard europei e buone pratiche nazionali ». Conferenza internazionale - 9/10 ottobre 2014, Milano