ISSN 2039-1676


02 marzo 2012 |

La condanna per la distribuzione in una scuola superiore di volantini aventi contenuto pregiudizievole nei confronti degli omosessuali non viola l'art. 10 Cedu

Nota a C. eur. dir. uomo, sez. V, sent. 9 febbraio 2012, ric. n. 1813/07,  Vejdeland e altri c. Svezia

1. Con la sentenza che si annota la Corte europea torna a pronunciarsi sul delicato tema del bilanciamento tra il diritto alla libertà di espressione, garantito dall'art. 10 Cedu, e i controinteressi che ne consentono la limitazione, ai sensi del secondo comma della disposizione.

I quattro ricorrenti, tutti cittadini svedesi, nel dicembre del 2004 si erano recati presso una scuola superiore ed avevano riposto - prima di essere allontanati dai responsabili della scuola - un centinaio di volantini a firma di un'organizzazione chiamata National Youth negli armadietti personali degli alunni o sopra di essi. 

Tali volantini facevano espresso riferimento al tema dell'omosessualità che veniva definita come una "tendenza sessuale deviante", avente un "effetto moralmente distruttivo sulla sostanza della società" e responsabile dello sviluppo e della diffusione di HIV ed AIDS. Menzionavano altresì una lobby omosessuale che avrebbe cercato di nascondere la presenza della pedofilia nella società.

Gli autori di tale volantinaggio si erano giustificati dicendo che non era nelle loro intenzioni disprezzare gli omosessuali in quanto gruppo, ma semplicemente di voler suscitare un dibattito sulla carenza di obiettività nella formazione delle scuole svedesi.

Promossa nei loro confronti un'azione penale per il reato, previsto dal codice penale svedese, di agitazione contro un gruppo nazionale o etnico, il processo giungeva ad esiti alterni.

Inizialmente venivano condannati dalla Corte distrettuale in quanto ritenuti responsabili di avere espresso disprezzo nei confronti del gruppo omosessuale. Tale sentenza veniva poi ribaltata in appello, in quanto i giudici ritenevano che un'eventuale conferma delle statuizioni di primo grado avrebbe violato la disposizione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo posta a garanzia della libertà di espressione. La Corte Suprema, in data 6 luglio 2006, riteneva tuttavia sussistente la responsabilità per il contestato reato poiché gli alunni della scuola erano impossibilitati a rifiutare i volantini, data la loro collocazione direttamente negli armadietti degli stessi, e, inoltre, l'obiettivo di avviare un dibattito - come asserito dagli imputati - avrebbe potuto essere raggiunto senza arrecare offesa alcuna agli omosessuali. Condannava quindi tre degli imputati a pene pecuniarie che venivano contestualmente sospese ed il quarto alla libertà vigilata.

2. Lamentano i ricorrenti, in sede europea, la violazione dell'art. 10 Cedu, sulla base del fatto che la condanna da parte dei giudici svedesi avrebbe violato la loro libertà di espressione. In particolare osservano che il tenore del linguaggio utilizzato nei volantini non sarebbe stato in alcun modo foriero di odio e che pertanto esso non avrebbe giustificato le restrizioni di cui al secondo comma dell'art. 10 Cedu. Tale disposizione prevede che il diritto in questione possa essere limitato nel caso dell'esistenza di norme, espressamente previste dalla legislazione interna, le quali siano necessarie in una società democratica, inter alia, per la protezione della reputazione o dei diritti altrui, beni a loro avviso non violati tramite la distribuzione dei volantini. Rilevano inoltre che obiettivo unico delle proprie azioni fosse quello di stimolare un dibattito in soggetti che, avendo un'età ricompresa tra i 16 ed i 19 anni, ben avrebbero potuto comprenderne il significato.

La Corte, dopo aver preliminarmente richiamato i propri precedenti (su tutti, vedi Pedersen and Baadsgarg c. Danimarca del 1999) in cui veniva sottolineato che il diritto alla libertà di espressione deve essere garantito anche nel caso in cui si divulghino informazioni che possano offendere o disturbare, osserva che le dichiarazioni contenute nei volantini avevano rappresentato accuse gravi e pregiudizievoli, anche se non erano direttamente qualificabili alla stregua di atti incitanti all'odio. In particolare la Corte osserva che la distribuzione dei volantini aveva avuto luogo in una scuola e che gli alunni cui essi erano diretti erano fortemente impressionabili in ragione della loro età. Inoltre i giudici di Strasburgo osservano che tre dei ricorrenti erano stati condannati a pene sospese combinate con multe che andavano da circa 200 a 2.000 euro, e l'ulteriore ricorrente era stato condannato alla libertà vigilata. Le pene pertanto erano assolutamente proporzionate al reato commesso, considerato che il massimo edittale previsto dal codice penale svedese arrivava fino a 2 anni di reclusione.

La Corte all'unanimità, non ritenere integrata alcuna violazione dell'art. 10 Cedu, ritenendo che l'interferenza con l'esercizio da parte dei ricorrenti della libertà di espressione operata dalla sentenza di condanna dei ricorrenti doveva considerarsi "necessaria in una società democratica" per la protezione della reputazione e dei diritti del gruppo omosessuale.                         

3. La sentenza offre interessanti spunti con particolare riferimento al fatto che il contenuto dei volantini, benchè ritenuto pregiudizievole, non sia stato qualificato come come vera e propria incitazione all'odio dai giudici di Strasburgo.

In tal senso appare interessante la concurring opinion del giudice Yudkivska, il quale ritiene che nel caso di specie la Corte abbia perso una buona occasione per consolidare il proprio orientamento sulle manifestazioni di odio nei confronti degli omosessuali. Commentando il passo della sentenza in cui si dà atto del contenuto grave e pregiudizievole dello scritto, il giudice rileva come la valutazione della Corte non sia in linea con la Raccomandazione No. R (97) 20 del Consiglio d'Europa, nella quale si afferma che i "contenuti esortanti all'odio nei confronti di un gruppo" devono intendersi come comprensivi di tutte le espressioni, in qualsiasi forma diffuse, tendenti ad incitare, promuovere o giustificare odio razziale, xenofobia, antisemitismo o altro tipo di odio basato sull'intolleranza. Alla luce di ciò, pertanto, egli non trova difficoltà a far rientrare i contenuti dei volantini all'interno della categoria in questione, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte.

Secondo le concurring opinions dei giudici Spielmann e Zupancic, inoltre, sulla decisione della Corte ha inciso in modo determinante, oltre alla particolare mitezza delle pene, la circostanza che la condotta fosse stata tenuta in una scuola, e dunque nei confronti di destinatari particolarmente influenzabili in ragione della giovane età.