ISSN 2039-1676


24 ottobre 2012

Il capo di imputazione nel processo sul terremoto dell'Aquila

 

Pubblichiamo qui in allegato il capo di imputazione nel processo conclusosi, lo scorso lunedì 22 ottobre 2012, con la condanna degli imputati alla pena di sei anni di reclusione per il delitto di omicidio e lesioni colpose plurime, di cui hanno dato notizia tutti i principali quotidiani nazionali (clicca qui per accedere all'articolo sul tema di corriere.it).

Come si evince dalla lettura del capo di imputazione, la pubblica accusa ha contestato in sostanza agli imputati di avere colposamente fornito, nella propria qualità di componenti della Commissione Nazionale per la Previsione e Prevenzione dei Grandi Rischi, riunitasi all'Aquila il 30 marzo 2009, informazioni tranquillizzanti alla popolazione della città, già allarmata per i molteplici fenomeni sismici che si stavano susseguendo da alcune settimane, inducendo così la popolazione medesima a rimanere nelle proprie case, e cagionando conseguentemente la morte di 37 persone e il ferimento di altre 5 in occasione del successivo devastante terremoto del 6 aprile 2009.

Numerosi e delicati gli snodi dogmatici del delitto colposo sollevati dalla vicenda processuale in esame, che dovranno ora essere affrontati nella motivazione della sentenza: a cominciare dalla precisa individuazione della condotta doverosa, in concreto non adottata dagli imputati, che ci si sarebbe potuta attendere da un agente modello rivestito delle medesime funzioni istituzionali degli imputati e dotato delle loro medesime competenze tecniche (in buona sostanza: come avrebbero dovuto comportarsi gli imputati in occasione della riunione del 30 marzo? e quali informazioni avrebbero dovuto fornire alla collettività al posto di quelle effettivamente fornite?), sino a giungere alla verifica che quella condotta doverosa, in concreto omessa, avrebbe avuto efficacia impeditiva degli eventi lesivi (c.d. causalità della colpa, o secondo nesso tra colpa ed evento: può affermarsi che, se gli imputati avessero correttamente informato la popolazione, le vittime non sarebbero rimaste nelle loro case la notte del 6 aprile?).

E ciò, si noti, indipendentemente dalla natura commissiva od omissiva della condotta contestata agli imputati: giacché anche nel caso di addebito commissivo (come quello in effetti formulato dalla pubblica accusa: avere indebitamente rassicurato la popolazione a mezzo di un comunicato ufficiale e successive interviste televisive) si pone ineludibile il problema di individuare la condotta doverosa che un agente modello al posto dell'imputato avrebbe tenuto nelle medesime circostanze, il giudizio di colpa consistendo per l'appunto nel riscontro della divergenza tra la condotta di quell'agente ideale (l'homo eiusdem professionis ac condicionis) e la condotta posta in essere dall'imputato. Sicché anche nelle ipotesi di condotta colposa commissiva andrà comunque accertato, secondo l'opinione dominante in dottrina: a) quale fosse la condotta doverosa che l'imputato in concreto ha omesso; e b) se il compimento di tale condotta avrebbe presumibilmente avuto efficacia impeditiva dell'evento.

In via di primissima valutazione, è ipotizzabile che proprio la prima verifica - quella, cioè, relativa all'individuazione della condotta che gli imputati avrebbero dovuto adottare nella situazione concreta - sia qui quella più problematica. Posto infatti che, per le vittime, l'unica precauzione idonea a evitare gli eventi in concreto verificatisi sarebbe stata quella di non rimanere, specie nelle ore notturne, all'interno di edifici non costruiti con criteri antisismici, la domanda alla quale la sentenza non potrà sottrarsi è se, a fronte degli eventi sismici verificatisi nelle settimane precedenti, fosse prevedibile per un esperto sismologo, sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili, l'apprezzabile pericolo di un imminente terremoto di magnitudo elevata e potenzialmente distruttivo per gli edifici, e se fosse pertanto doveroso per le autorità alla fine di marzo 2009 - anziché fornire i messaggi tranquillizzanti stigmatizzati dalla pubblica accusa nel capo di imputazione - invitare piuttoso la popolazione ad adottare quell'unica precazione idonea ad impedire gli eventi: e cioè, per l'appunto, a non dimorare in tutte le abitazioni non sicure.(Francesco Viganò)