8 dicembre 2010 |
Cass., Sez. un., 30.9.2010 (dep. 7.12.2010), n. 43428, Pres. Lupo, Rel Cortese, ric. Corsini (responsabilità del 'liquidatore concordatario' per i reati fallimentari)
Le Sezioni unite escludono la reponsabilità del "liquidatore concordatario" per i reati fallimentari
Le Sezioni unite hanno risolto sul nascere un contrasto determinatosi, nella giurisprudenza di legittimità, circa la figura del cd. liquidatore concordatario, cioè del soggetto nominato dal tribunale, in caso di concordato preventivo con cessione dei beni, a norma dell’art. 182 della legge fallimentare (r.d. 16 marzo 1942, n. 267).
Con una prima decisione, ormai piuttosto risalente, la Cassazione aveva ritenuto che anche la figura di liquidatore in questione fosse compresa nella locuzione «liquidatori di società» di cui al numero 1 del secondo comma dell’art. 236 della stessa legge fallimentare, con la conseguenza che anche il liquidatore concordatario potesse rendersi responsabile del reato di bancarotta fraudolenta nella procedura di concordato preventivo (Cass., Sez. V, 11 aprile 2003, n. 22956, Ancona, in Riv. pen. 2003, 997).
In senso opposto la Corte si era orientata più recentemente, valorizzando com’è ovvio i profili «pubblicistici» della funzione assegnata al liquidatore nominato ex art. 182, che lo distinguerebbero dalla figura ordinaria del liquidatore di società, e dunque ne escluderebbero una responsabilità per i reati tipici degli amministratori e dei soggetti loro assimilati (Cass., sez. V, 2 maggio 2010, n. 179879, Corsini). La Corte per altro, rilevando l’attualità di un contrasto, aveva rimesso la soluzione della questione alle Sezioni unite. Le quali si sono pronunciate, appunto, con la sentenza che qui viene segnalata.
All’esito di un excursus sulla disciplina del concordato preventivo con cessione dei beni, anche alla luce delle recenti riforme intervenute nella materia, il massimo Collegio ha ritenuto la preminenza della funzione pubblica assicurata dal liquidatore concordatario, che viene nominato dal giudice, che si trova in posizione di terzietà rispetto al debitore e non intrattiene con la società quel rapporto organico che invece contraddistingue il liquidatore «ordinario». Di conseguenza, si è affermato il principio per cui «il liquidatore dei beni del concordato preventivo di cui all’art. 182 legge fall. non può essere soggetto attivo dei reati di bancarotta di cui agli artt. 223 e 224, richiamati nell’art. 236, comma secondo, n. 1, stessa legge, in quanto non può ritenersi ricompreso in alcuno dei soggetti ivi espressamente indicati e, in particolare, tra i “liquidatori di società”».
La Corte riconosce come la soluzione adottata, imposta per altro dal principio di tassatività e congrua nel quadro di tutela frammentaria che caratterizza il diritto penale del fallimento e delle procedure concorsuali, determini dei vuoti di tutela. Vuoti che, comunque, possono essere utilmente colmati dalle fattispecie del diritto penale comune,a cominciare dall’appropriazione indebita e dalla truffa. Nel caso di specie, ad esempio, è stata «convalidata» la contestazione del reato di cui all’art. 334 c.p., a partire ovviamente dalla condizione di sequestro gravante sul cespite che l’imputato aveva tentato di sottrarre alle necessità della procedura.