ISSN 2039-1676


05 marzo 2013

Sul luogo di consumazione dei delitti di cui all'art. 2638 c.c.

Trib. Milano (sent.), Sez. III, ud. 11.2.2013 (dep. 25.2.2013), Pres. Gamacchio, Est. Locurto, imp. Ruggiero et al.

(Massime e nota redazionale a cura di Alexander Bell)

 

REATI SOCIETARI - False informazioni all'autorità di vigilanza - Competenza territoriale - Luogo di consumazione del reato

Il delitto di false informazioni all'autorità di vigilanza, ex art. 2638, co. 1, c.c., si consuma nel momento e nel luogo in cui le comunicazioni vengono portate a conoscenza - o divengano comunque conoscibili, per effetto della loro divulgazione - all'Autorità destinataria delle stesse (nell'occasione, il Tribunale ha peraltro chiarito che la competenza territoriale per i fatti sussumibili nel delitto di cui al primo comma dell'art. 2638 c.c. non può radicarsi in via generale e una volta per tutte in uno specifico luogo - in ipotesi, il luogo ove ha sede l'Autorità di Vigilanza destinataria delle comunicazioni -, ma va individuata di volta in volta, in rapporto alle circostanze del caso concreto, tenendo conto, in particolare, sia delle caratteristiche e delle modalità intrinseche delle comunicazioni, sia del momento e del luogo in cui l'Autorità destinataria è messa in grado di avere cognizione della comunicazione).

Riferimenti normativi: c.p.p. art. 8
  c.c. art. 2638 co. 1

 

 

NOTA REDAZIONALE: Nella vicenda processuale in esame, agli imputati si contesta di aver pianificato e diretto una strategia truffaldina volta a prospettare "il raggiungimento di una quota di mercato da parte di Telecom Italia S.p.a., relativamente alla telefonia mobile, superiore a quella effettiva", ed estrinsecatasi, in particolare, nella falsificazione dei dati relativi alla reale consistenza della base clienti (c.d. customer base) della Società, poi comunicati all'AGCOM; falsificazione che, nella prospettiva accusatoria, sarebbe il risultato, per un verso, di una procedura gestita direttamente dagli imputati e consistita nel mantenere in vita oltre 5 milioni di sim card "in realtà da disattivare in virtù della decorrenza di tredici mesi dalla ricarica di ciascuna di esse, a mezzo di un accreditamento fittizio su ciascuna di esse della somma di un centesimo di euro"; e, per altro verso, dell'attivazione fittizia, da parte di soggetti esterni alla Società (i c.d. dealer), di oltre un milione di sim card.  

Secondo la formulazione del capo di imputazione, le condotte sopra descritte integrerebbero gli estremi sia del delitto di false informazioni alle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638, co. 1, c.c.), sia del delitto di ostacolo alle funzioni di vigilanza (art. 2638, co. 2, c.c.). Più in particolare, la prima ipotesi delittuosa risulterebbe integrata dalla trasmissione all'AGCOM, tra il 25 aprile 2006 e il 31 marzo 2009, di cinque diverse comunicazioni contenenti i dati falsi in merito al numero di clienti di Telecom Italia; mentre gli estremi della seconda ipotesi delittuosa andrebbero viceversa ravvisati in quella procedura che consentiva l'artificioso mantenimento in vita di schede in realtà da disattivare e che, nella prospettiva accusatoria, avrebbe costituito l'ostacolo all'esercizio, da parte dell'AGCOM, delle proprie funzioni di vigilanza.    

Ebbene, per ciò che concerne la competenza ratione loci, il Tribunale di Milano osserva anzitutto che, poiché il capo di imputazione descrive autonome condotte delittuose poste in essere in esecuzione di un medesimo disegno criminoso e integranti reati di pari gravità - il primo e il secondo comma dell'art. 2638 c.c. condividono, infatti, la medesima cornice edittale -, alla stregua del contenuto precettivo dell'art. 16, comma primo, c.p.p., la competenza per territorio spetta al giudice competente per il primo reato, che i Giudici milanesi, nel caso di specie, ritengono di individuare nel delitto di false informazioni alle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638, co. 1, c.c.).

A detta del Tribunale, infatti, dalla lettura del capo di imputazione si evincerebbe che la prima (in ordine cronologico) delle comunicazioni oggetto di contestazione - quella, cioè, inviata all'AGCOM in data 25 aprile 2006 -, pur fornendo anch'essa informazioni false circa la reale consistenza della customer base (in quanto ricomprendente, nella base clienti, anche SIM solo fittiziamente attivate dai dealer), a differenza delle comunicazioni successiv, non sarebbe stata preceduta da alcuna attività di "intralcio", ovverosia non sarebbe stata preceduta da quegli "artificiosi interventi manutentivi sui dati aziendali" gestiti direttamente dagli imputati, volti a far sopravvivere le SIM in scadenza attraverso l'accreditamento fittizio di un credito pari a un centesimo di euro, nei quali, secondo l'impostazione accusatoria, si sarebbe estrinsecata l'attività di intralcio rilevante ai sensi del secondo comma dell'art. 2638 c.c.

Una volta stabilito che il delitto di false informazioni alle autorità pubbliche di vigilanza costituisce il primo reato ai sensi dell'art. 16 c.p.p., il Tribunale conclude affermando che il locus commissi delicti di tale delitto - e, conseguentemente, la competenza territoriale - va individuato in Roma, giacché proprio a Roma, all'epoca dei fatti, erano ubicati sia la sede dell'AGCOM, sia gli uffici di Telecom dai quali materialmente venivano trasmesse le comunicazioni all'AGCOM oggetto di contestazione penale. 

Sulla questione, nell'ambito della medesima vicenda giudiziaria, il GUP di Milano era pervenuto a conclusioni difformi, ritenendo la competenza dell'A.G. milanese, ma aveva affermato sostanzialmente il medesimo principio di diritto con riguardo al locus commissi delicti della fattispecie di false comunicazioni di cui al primo comma: cfr. Trib. Milano (uff. GIP), ord. 10 luglio 2010: clicca qui per accedere al provvedimento e alla nota (cririca sul punto) di E. Montani, pubblicate in questa Rivista, 16 ottobre 2012.