ISSN 2039-1676


16 ottobre 2012 |

Sul luogo di consumazione del delitto di ostacolo alle funzioni di vigilanza

Breve nota a Tribunale di Milano, 10.07.2012 (ord.), GIP D'Arcangelo

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1. La vicenda oggetto del provvedimento riguarda ipotesi delittuose di false informazioni all'Autorità di vigilanza ed ostacolo alle funzioni della stessa.

In particolare, il Giudice dell'Udienza Preliminare si interroga sul luogo di consumazione del reato di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle Autorità pubbliche di vigilanza di cui all'art. 2638 c.c. ai fini della corretta determinazione della competenza territoriale.

Secondo la prospettazione accusatoria, gli imputati avrebbero comunicato all'Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni dati dolosamente modificati, al fine di far risultare un aumento della clientela, evidenziando così margini di crescita ed alterando la quota di mercato.

Gli stessi avrebbero, inoltre, posto in essere attività di ostacolo alle funzioni dell'Autorità di Vigilanza intervenendo sui sistemi contabili delle Sim card così da alterare i criteri di lavorazione dei dati, che devono essere comunicati alle Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni e che costituiscono specifico oggetto della funzione di vigilanza.

Secondo l'ordinanza, "gli imputati ... avrebbero comunicato all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ai sensi degli articoli I e VI lett. c) n. 12 e 29 L. 31.7.1997, n. 249, dati dolosamente alterati al fine di modificare la custode base e conseguentemente la market share di Telecom Italia, ... avrebbero posto in essere, previo accordo in concorso tra loro, un artificio tecnico-contabile finalizzato ad incrementare fittiziamente il volume della clientela e posto in essere tramite una procedura consistita nel mantenere le schede SIM di immediata e prossima scadenza, in realtà da disattivare in virtù della decorrenza di 13 mesi dall'ultima ricarica di ciascuna di esse, a mezzo di accreditamento fittizio su ciascuna di esse della somma di un centesimo di euro, ricorrendo in modo capzioso al c.d. sistema balance originariamente destinato ad altro fine".

 

2. Il GUP ha preliminarmente sottolineato che l'articolo 2638 c.c. prevede due distinte ipotesi delittuose: il primo comma punisce le false informazioni all'Autorità di vigilanza al fine di ostacolarne l'attività; il secondo comma punisce l'ostacolo alle funzioni di vigilanza.

Il delitto di cui al primo comma, ossia le false comunicazioni all'Autorità di vigilanza, disciplina una duplice modalità di realizzazione: l'esposizione di fatti non rispondenti al vero, che rileva nel caso di specie, e l'occultamento con altri mezzi fraudolenti in tutto o in parte di fatti che avrebbero dovuto essere comunicati. Tale delitto è punito a titolo di dolo specifico rappresentato dal fine di ostacolare l'esercito delle funzioni di vigilanza.

Nel delitto previsto dal secondo comma dell'articolo 2638 c.c., invece, l'ostacolo all'esercizio della funzione di vigilanza costituisce l'evento del reato. La condotta incriminata consiste, dunque, nel fatto dei soggetti qualificati che in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle predette Autorità, consapevolmente ne ostacolano le funzioni. L'ostacolo può derivare causalmente da una condotta, qualunque ne sia la forma, che impedisca all'Autorità pubblica di vigilanza di esercitare le sue funzioni ed è punito a titolo di dolo generico.

Dalla diversità delle condotte il giudice deriva un diverso momento consumativo del fatto di reato.

La condotta di false informazioni all'Autorità di vigilanza si perfeziona, secondo il Giudice dell'Udienza Preliminare, nel momento e nel luogo in cui le informazioni vengono comunicate all'Autorità destinataria. Il giudice competente per tale delitto come emerge dal provvedimento in esame, pertanto, sarà da individuarsi nel giudice del luogo in cui l'Autorità destinataria delle informazioni ha sede (nel caso di specie, il Tribunale Ordinario di Roma).

Competente ratione loci per quanto concerne invece il delitto di ostacolo alle funzioni di vigilanza sarà il giudice del luogo in cui è stata posta in essere l'attività impeditiva (nel caso di specie, il Tribunale Ordinario di Milano).

Secondo la ricostruzione dell'accusa, nel caso in esame, gli imputati hanno posto in essere ambedue le condotte delittuose sopradescritte e hanno, di conseguenza, violato sia il primo che il secondo comma dell'articolo 2638 c.c.

Le condotte poste in essere, pur autonome, sono da ritenersi connesse in quanto realizzate  dagli stessi soggetti in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

Da ciò discende che la competenza, alla stregua di quanto indicato dall'articolo 16, comma primo, c.p.p. - che disciplina le ipotesi di competenza per territorio determinata da connessione -, deve essere attribuita al giudice competente per il primo dei reati posti in essere, attesa la pari gravità dei delitti contemplati dal primo e dal secondo comma dell'articolo 2638 c.c.

Nel caso che ci occupa è stata riconosciuta la competenza del Tribunale Ordinario di Milano capace in relazione al reato di ostacolo alle funzioni di vigilanza.

In ragione di questa ricostruzione, il giudice firmatario dell'ordinanza ha rigettato l'eccezione di incompetenza territoriale.

 

3. Le conclusioni cui giunge il Giudice per l'Udienza Preliminare nell'ordinanza annotata sono sicuramente condivisibili in punto di radicamento della competenza territoriale nel caso di specie presso il Tribunale Ordinario di Milano; non altrettanto può dirsi del percorso argomentativo seguito nel ricostruire il locus commissi delicti dell'ipotesi delittuosa di false informazioni all'Autorità di vigilanza.

Nella pronuncia esaminata, la consumazione del fatto di reato di esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero, al fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza, di cui al primo comma dell'articolo 2638 c.c., è individuata nel momento in cui le comunicazioni vengono portate a conoscenza dell'Autorità destinataria delle stesse e, di conseguenza, la competenza territoriale per i fatti in esame è radicata nel luogo in cui ha sede l'Autorità di vigilanza, alla quale è diretta la comunicazione.

Tale ricostruzione non pare esente da rilievi critici.

Più corretto, ad avviso di chi scrive, appare infatti collocare il luogo del commesso reato nella sede della persona giuridica o presso il diverso soggetto che è chiamato ad effettuare la comunicazione, individuando il perfezionarsi della condotta nel momento in cui l'informazione viene esternata, a prescindere dalla ricezione della stessa da parte dell'Autorità (nel caso di specie il Tribunale Ordinario di Milano e non il Tribunale Ordinario di Roma, come affermato nell'ordinanza).

Il delitto di false informazioni all'Autorità di vigilanza, infatti, è un reato di mera condotta e di pericolo concreto, che si perfeziona, quindi, con il compimento dell'azione descritta nella fattispecie, mentre l'effettivo conseguimento dello scopo perseguito dall'agente non è necessario per la realizzazione dell'illecito.

Quanto alla condotta, è nel luogo ove la stessa è realizzata che si radica la competenza. La condotta punibile, nella fattispecie qui in esame, è descritta dal legislatore con il verbo esporre, che rimanda alla comunicazione dei fatti materiali non rispondenti al vero. Il luogo e il momento della consumazione del reato si fissano dunque con l'atto di esposizione, vale a dire: nel momento e nel luogo in cui la comunicazione contenente fatti materiali non rispondenti al vero esce dalla sfera giuridica del soggetto agente.

Quanto allo scopo ulteriore, la scelta del legislatore di prevedere, quale elemento soggettivo, il dolo specifico di ostacolare l'esercizio della funzione di vigilanza si ripercuote anche sul piano oggettivo nel senso che la falsa comunicazione deve raggiungere quel minimo di obiettiva idoneità a fuorviare effettivamente l'attività dell'Autorità di vigilanza destinataria della comunicazione. Si ritiene, infatti, che la finalità di ostacolo sottintenda "un presupposto obiettivo di idoneità (e quindi di concreta pericolosità: il falso deve cadere su dati di interesse almeno potenziale ai fini di vigilanza)" [in tal senso, seppur con riferimento a fattispecie di cui all'abrogato articolo 171 d.lgs. n.58/1998 Pedrazzi, Mercati finanziari (nuova disciplina penale), in D. disc. pen., agg., Torino, 2000, 587, anche in Pedrazzi, Diritto penale, Milano, 2003, IV, 204].  Il giudizio di idoneità verrà effettuato ex ante e in concreto nel momento in cui il reato può dirsi perfezionato. Nel momento in cui, cioè, le false informazioni vengono esposte dal soggetto sottoposto alla vigilanza.

Per quanto concerne, invece, il reato di ostacolo di cui al secondo comma dell'art. 2638 c.c. è pacifico il suo perfezionarsi nel momento in cui l'attività di ostacolo viene posta in essere, ne consegue che il locus commissi delicti va individuato ove l'attività di controllo doveva effettuarsi e, quindi, presso la sede della persona giuridica oggetto dell'attività di vigilanza.

La competenza per ambedue le ipotesi delittuose andrebbe, dunque, attribuita, nel caso di specie, al Tribunale Ordinario di Milano.