ISSN 2039-1676


12 maggio 2013 |

Le Sezioni unite sull'applicabilità  dell'aggravante della transnazionalità  all'associazione per delinquere

Cass., Sez. un. pen., 31.1.2013 (dep. 23.4.2013) n. 18374, Pres. Lupo, Rel. Bruno, ric. Adami e altro (la circostanza aggravante ad effetto speciale della cd. transnazionalità, prevista dall'art. 4 della legge 16 marzo 2006 n. 146, è applicabile al reato associativo, sempre che il gruppo criminale organizzato transnazionale non coincida con l'associazione stessa)

 

Può essere un buon segno il fatto che la seconda sezione penale della Corte di cassazione, con sentenza del 27 marzo 2013 n. 16540, inedita, depositata undici giorni prima della decisione delle Sezioni unite in epigrafe, si siano adeguate al loro insegnamento, anticipato dall'informazione provvisoria di decisione?

Sì, se si ritiene che l'iter argomentativo seguito dal massimo consesso per dirimere un contrasto interpretativo segnalato - come si legge nella sentenza - due anni or sono dall'ufficio del massimario della Corte di cassazione sia convincente. No, in caso contrario.

A questo interrogativo non è semplice dare una risposta; perché, se è vero che la soluzione rigoristica delle Sezioni unite è coerente all'obiettivo, perseguito da convenzioni internazionali e normativa interna di attuazione, di un rafforzato contrasto a forme sempre più insidiose di criminalità, è anche vero che l'argomentazione più lineare a sostegno dell'assunto è rappresentata dal rilievo che il "generico riferimento normativo a qualsiasi reato, purché ad esso si accompagni la previsione sanzionatoria di cui si è detto, porta allora a ritenere che l'apporto causale di un gruppo siffatto possa spiegarsi nei confronti di qualsivoglia espressione delittuosa, e dunque anche di quella associativa". Argomentazione che peraltro, come si può agevolmente rilevare, non appare risolutiva della complessa problematica connessa alla scarsamente chiara formulazione lessicale della disposizione che prevede aggravante della transnazionalità e condizioni per la sua applicabilità.

Al clou, resta comunque discutibile, specie in riferimento ad ambiguità terminologiche derivanti da possibili dissimmetrie tra concetti propri di altri ordinamenti e figure giuridiche proprie del nostro (inconveniente che ha luogo ogni qualvolta si debba fare affidamento su traduzioni da lessici stranieri, com'è qui, con riguardo alla Convenzione ONU di Palermo del 15 novembre 2000) la distinzione, nel diritto interno, tra la nozione di "gruppo criminale organizzato" e quella di "associazione per delinquere" o, più in generale, di "reato associativo": distinzione che costituisce il pilastro su cui è costruita la soluzione prescelta dalle Sezioni unite, ma che era stata negata dall'unica sentenza in senso difforme pronunciatasi sull'argomento per negare la compatibilità dell'aggravante con il reato associativo, ferma restando la sua compatibilità con i reati-fine (Sez. V, 15 dicembre 2010 n. 1937, in C.e.d. Cass., n. 249099).

Per le Sezioni unite, invece, la nozione di gruppo criminale organizzato va desunta dai punti a) e c) dell'art. 2 della citata Convenzione ONU di Palermo e coincide con una aggregazione dotata di una certa stabilità di rapporti fra i partecipi, un minimum di organizzazione non necessariamente comportante una previa definizione di ruoli tra essi, la non occasionalità o estemporaneità della stessa, la costituzione in vista anche di un solo reato e per il conseguimento di un vantaggio finanziario o di altro vantaggio materiale: qualcosa, insomma, che sta a metà tra il concorso di persone nel reato e l'associazione per delinquere.

E tuttavia le stesse Sezioni unite, pur dopo questo sforzo di definizioni, compiuto alla luce delle norme convenzionali, sembrano ben consapevoli della circostanza che nella vita reale esse possono non trovare rispondenza, se comunque, là dove enunciano il principio di diritto a norma dell'art. 173 disp. att. c.p.p., ne prevedono una condizione all'applicabilità (purché il gruppo criminale organizzato transnazionale non coincida con l'associazione): e cioè, in altri termini, ammettono che il "gruppo criminale organizzato transnazionale" possa coincidere con l'associazione per delinquere.

Questa "compatibilità condizionata", se da un lato sembra quasi il frutto di una cautela dettata dalle numerose riserve espresse in dottrina sulla legge n. 146 del 2006, specie con riferimento al canone della tassatività, dall'altro finisce per delegare la soluzione di ogni questione al giudice di merito, non essendovi dubbio che a lui spetta la verifica della coincidenza (o non coincidenza) del "gruppo criminale organizzato transnazionale" con "l'associazione per delinquere" aggravata dalla cd. transnazionalità.

Pur con i dubbi segnalati, è prevedibile che la soluzione adottata dal massimo consesso sia ampiamente condivisa nelle future applicazioni giurisprudenziali.