5 aprile 2011 |
Ennesima condanna dell'Italia a Strasburgo per violazione del divieto di espulsione verso Paesi nei quali vi è il rischio di sottoposizione a tortura
Corte EDU, sez. II, sent. 5.4.2011, ric. n. 25716/09, Pres. Tulkens, Toumi c. Italia
Con la sentenza qui allegata, la Corte EDU ha riconosciuto, all'unanimità, una violazione dell'art. 3 Cedu in relazione all'espulsione di un cittadino tunisino - condannato con sentenza definitiva a sei anni di reclusione per associazione con finalità di terrorismo internazionale ex art. 270 bis c.p. - il quale adduceva che, nel Paese di provenienza, sarebbe stato sottoposto a trattamenti contrari a detta norma.
Nel caso di specie, le autorità nazionali avevano dato esecuzione al provvedimento di espulsione nonostante il fatto che la Corte di Strasburgo avesse richiesto al Governo italiano - adottando la misura ad interim prevista dalla Rule 39 - di sospendere la relativa procedura finché essa non si fosse pronunciata sulla "legittimità convenzionale" dell'espulsione stessa: la vicenda è dunque del tutto sovrapponibile ai precedenti Ben Khemais c. Italia del 24.2.2009 e Trabelsi c. Italia del 13.4.2011, in cui pure la Corte aveva ravvisato la violazione (non solo potenziale, ma effettiva) dell'art. 3 Cedu.
Nell'importante sentenza Saadi c. Italia del 28.2.2008 (seguita poi da numerose pronunce in termini), la grande camera aveva invece riscontrato, in relazione a una vicenda analoga, una violazione solo potenziale di detta norma, perché il provvedimento di espulsione non era ancora stato eseguito.
I giudici di Strasburgo avevano in quell'occasione affermato con forza il principio di diritto - che ispira anche la pronuncia in commento - secondo cui la pur rilevante pericolosità sociale del ricorrente non vale a "giustificare" la sua espulsione verso Paesi nei quali egli corra un rischio apprezzabile di essere sottoposto a tortura o a trattamenti contrari all'art. 3 Cedu, perchè il divieto di sottoposizione a tortura o a trattamenti inumani o degradanti è un valore assoluto, non suscettibile di bilanciamento neppure a fronte di interessi di rango elevato quali la tutela dell'ordine pubblico o la sicurezza nazionale.
Esattamente come nei precedenti Ben Khemais e Trabelsi, inoltre, la Corte EDU ha ravvisato nel caso di specie la violazione dell'art. 34 Cedu, perché il mancato rispetto della misura provvisoria da parte delle autorità italiane ha di fatto impedito l'esercizio effettivo del diritto al ricorso individuale sancito da tale norma convenzionale.