ISSN 2039-1676


20 marzo 2014 |

Il Senato adotta il testo unificato per l'introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano

Testo unificato S. 10, S. 362, S. 388, S. 395, S. 849, S. 874

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1. Il 5 marzo 2014, il Senato ha adottato un testo unificato intitolato "Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano". Si tratta di un disegno di legge nato dalla unificazione dei disegni di legge nn. S. 10, S. 362, S. 388, S. 395, S. 849, S. 874, passato ora all'esame dell'Aula.

 

2. Il ddl. intende introdurre tra i delitti contro la libertà morale del codice penale quelli di "tortura" e di "istigazione del pubblico ufficiale alla tortura". In particolare, viene inserito un articolo 613-bis c.p. ("Tortura"), che così dispone:

"1) Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero mediante trattamenti inumani o degradanti la dignità umana, cagiona acute sofferenze fisiche o psichiche ad una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia o autorità o potestà o cura o assistenza ovvero che si trovi in una condizione di minorata difesa, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

2) Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni ovvero da un incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio del servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.

3) Se dal fatto deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate. Se dal fatto deriva una lesione personale grave le pene sono aumentate di un terzo e della metà in caso di lesione personale gravissima.

4) Se dal fatto deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell'ergastolo".

E' interessante notare come la norma richieda, ai fini dell'integrazione del delitto di tortura, una pluralità di violenze o minacce, oppure una pluralità di trattamenti inumani o degradanti. Si tratta di una scelta che non è stata unanimamente condivisa in Commissione Giustizia, in quanto vi era un orientamento minoritario che riteneva sufficiente un singolo atto di violenza o minaccia o un singolo trattamento inumano o degradante per integrare il delitto. La ratio di questa posizione è quella di evitare il più possibile il conflitto apparente di norme: un solo atto integrerà il delitto di lesione personale, una pluralità di atti quello di tortura.

 

3. Viene introdotto anche un articolo 613-ter c.p. ("Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura"), del seguente tenore:

"Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, istiga altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l'istigazione non è accolta ovvero se l'istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni".

 

4. La riforma interessa anche il codice di procedura penale. In particolare viene introdotto un comma 2-bis all'art. 191 c.p.p. ("Prove illegittimamente acquisite"), ai sensi del quale:

"Le dichiarazioni o le informazioni ottenute mediante il delitto di tortura non sono comunque utilizzabili, salvo che contro le persone accusate di tale delitto e al solo fine di provarne la responsabilità penale".

 

5. Importante è anche l'introduzione di un comma 1-bis all'art. 19 d. lgs. 286/1998 ("Divieti di espulsione e di respingimento. Disposizioni in materia di categorie vulnerabili"), in base al quale:

"Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani".

 

6. E' infine da segnalare che l'art. 4 del testo unificato ("Esclusione dall'immunità diplomatica. Estradizione nei casi di tortura"), dispone che:

"1) Non può essere riconosciuta l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale.

2) Nel rispetto del diritto interno e dei trattati internazionali, nei casi di cui al comma 1, il cittadino straniero è estradato verso lo Stato richiedente nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia".