25 maggio 2017 |
Carcere e sanzioni non detentive in Europa: i rapporti Space I e Space II 2015
Per leggere i rapporti Space I e Space II del Consiglio d'Europa, clicca qui.
1. Segnaliamo ai lettori che anche quest’anno il Consiglio d’Europa ha pubblicato, in data 14 marzo 2017, i rapporti Space I e Space II – sezioni del progetto SPACE, Statistiques Pénales Annuelles du Conseil de l’Europe – relativi alla popolazione carceraria e all’utilizzo di sanzioni non detentive all’interno dei Paesi membri del Consiglio d’Europa (per leggere il commento di E. Dolcini ai rapporti Space I 2014 e Space II 2014 clicca qui).
I due rapporti, nati a quasi dieci anni di distanza uno dall’altro (Space I è stato creato nel 1983, mentre Space II ha visto la luce nel 1992), sono annualmente realizzati grazie, in primo luogo, all’invio all’amministrazione penitenziaria di ogni stato membro di un questionario, rivisto e migliorato ogni anno dai redattori del Consiglio d’Europa, nonché, in secondo luogo, all’analisi e alla validazione delle risposte così ricevute da parte di un comitato scientifico istituito presso l’Università di Losanna. Va da sé che le profonde diversità insite nelle legislazioni dei 47 Paesi membri pongono tra le principali sfide di questo progetto la maximum comparability, ossia uno sforzo di adattamento delle categorie e degli istituti nazionali alle formule necessariamente generiche proposte da SPACE, così da consentire un’efficace comparazione dei risultati ottenuti.
2. In particolare, Space I – 2015 – i cui dati sono aggiornati per quanto attiene alla popolazione carceraria e al personale impiegato al 1° settembre 2015, mentre per ciò che riguarda i movimenti sono aggiornati a quanto accaduto nel corso del 2014 – ha come obiettivo primario la rilevazione dei numeri relativi alle persone detenute a vario titolo in carcere (prison populations), ma fornisce, al contempo, preziose informazioni in merito alla composizione della popolazione penitenziaria, alle condizioni di detenzione e ai movimenti, ossia ai flussi di ingresso e di uscita (compresi i decessi) dagli istituti penitenziari.
Al questionario Space I – 2015 ha risposto l’87% dei Paesi membri, pari a 45 delle 52 amministrazioni penitenziarie presenti nei 47 Stati del Consiglio d’Europa. Da tali risposte emerge che al 1° settembre 2015 le persone detenute nelle carceri europee (con l’eccezione di Bosnia Erzegovina, Islanda, Malta, Monaco, Islanda e Ucraina, i cui dati non sono stati resi disponibili) sono 1.404.398, circa 125.000 in meno rispetto al 2014. Ne è diretta conseguenza che anche il tasso medio europeo di detenzione, oggi pari a 115,7 detenuti ogni 100.000 abitanti, sia diminuito del 7% rispetto al 2014, quando era di 124 detenuti su 100.000 abitanti. Sebbene tali cifre mostrino un generale calo del numero di detenuti, la situazione delle carceri rimane insoddisfacente, con ben il 33,3% delle strutture in stato di sovraffollamento e una media europea di 94 detenuti ogni 100 posti disponibili.
Spostando l’attenzione, invece, sulla composizione qualitativa della popolazione carceraria così come mostrata dalle statistiche, tre dati saltano all’occhio: l’età media dei detenuti è aumentata di un anno rispetto ai tre precedenti rilevamenti e si assesta per il 2015 a 35 anni; la componente femminile continua a costituire una bassa percentuale sul totale, seppure in lieve crescita: 5,2% (si fermava al 5% nel 2014); infine, il dato forse più interessante è quello che riguarda le percentuali di cittadini stranieri detenuti. A tal proposito è bene premettere che esistono grandi differenze tra Stato e Stato (ad esempio, in Romania solo lo 0,9% dei detenuti è straniero, mentre a San Marino gli stranieri sono il 100%); ciò nonostante la mediana europea per il 2015 è pari al 10,8%, in sensibile calo rispetto all’anno precedente (era 13,3%). Da ultimo la percentuale delle persone detenute in carcere in attesa di giudizio è pari, a livello europeo, al 26,9%.
Quanto ai tipi di reato per i quali sono state pronunciate le condanne, al primo posto si collocano i reati connessi alle sostanze stupefacenti (18,7%), seguiti a breve distanza da furto (16,2%), omicidio (13,2%) e rapina (12,6%).
Da ultimo i dati relativi ai movimenti registrati negli istituti penitenziari europei nel corso del 2014 (Prison movements during 2014). Tra le informazioni più rilevanti, si segnalano: la durata media delle detenzioni, stabilizzata, come l’anno precedente, intorno ai sette mesi; il tasso medio di mortalità, che nel corso del 2014 è stato di 27 deceduti ogni 10.000 detenuti (un punto inferiore rispetto al precedente anno); tra le cause di morte, il suicidio è tuttora ampiamente presente, pur se in attenuazione rispetto al passato, con un tasso di 7,2 suicidi ogni 10.000 detenuti (erano 7,6 nel 2013, 11,2 nel 2012): cifre assai più elevate sono state peraltro registrate in Portogallo (15,7), in Norvegia (16,1) e, soprattutto, a Cipro (44,1).
3. Space II – 2015, come anticipato, fornisce una panoramica sulle percentuali di utilizzo, da parte dei Paesi membri del Consiglio d’Europa, di sanzioni alternative alla detenzione (non-custodial sanctions and measures). A questo secondo sondaggio hanno risposto 47 delle 52 probation agencies dei 47 Stati Membri. In linea generale è emerso che al 31 dicembre 2015 1.239.426 persone erano sottoposte a misure non detentive (concepite in senso ampio, così da ricomprendere, fra l’altro, le misure non detentive applicate in fase pre-processuale a titolo di misura cautelare e le forme di mediazione tra vittima e autore del reato); nel corso dell’intero anno, 1.173.278 persone avevano fruito di tali misure, mentre altre 1.130.444 avevano terminato il loro periodo sotto il controllo dei probation services nazionali. Altri dati significativi concernono le fasi processuali e i reati per i quali le misure sono utilizzate: di rado – e in linea con gli anni precedenti – le misure non detentive vengono utilizzate prima del giudizio (pre-trial detention), per una percentuale di circa il 7,5% sul totale (nel 2014 era del 6,7%); in ben 24 Paesi inoltre, la probation viene utilizzata per ogni tipo di reato, senza restrizioni inerenti alla gravità dello stesso. Il rapporto mostra che in media la durata della misura non detentiva è di 17,5 mesi per reati contro la persona (con l’eccezione della violenza sessuale, per la quale la durata media sale a 22,8 mesi) e di 20,1 mesi per i reati contro il patrimonio. Guardando, invece, al numero di addetti alle agenzie di probation, il valore medio è di 5,6 persone ogni 100.000 abitanti: i Paesi più impegnati su questo fronte risultano, con grande distacco, il Regno Unito (19,9 Northern Ireland e 15,3 England e Wales), la Lettonia (19,1) e l’Estonia (14,7). In via generale si può affermare che in media il ricorso a misure di alternative è in lento, ma continuo calo: se nel corso del 2014 vi era una media di 196,5 persone sottoposte a misure alternative ogni 100.000 abitanti, durante il 2015 tale valore è ulteriormente diminuito dello 0,7% raggiungendo la media di 195 ogni 100.000 abitanti e contribuendo così alla registrazione – tra il 2010 e il 2015 – di un calo del 9,7% nell’utilizzo di queste misure a livello europeo.
Infine, un approfondimento è stato dedicato ai tipi di reato interessati dalle misure alternative: la mediana mostra che la loro applicazione più diffusa a livello europeo riguarda la violenza sessuale (19.77), seguita dai reati in materia di stupefacenti (15,59) e dalla rapina (15,27).
4. Da entrambi i rapporti, infine, è possibile trarre dati interessanti relativi all’Italia. Da Space I – 2015 emerge che il nostro Paese al 1° settembre 2015 mostrava un tasso medio di detenuti pari a 85,6 per 100.000 abitanti – in valore assoluto, 51.949 detenuti su più di 60 milioni di abitanti –: un tasso nettamente inferiore a quello europeo (115,7). Ancora, si noti che al 1° settembre 2015 il 35,2% dei detenuti era in attesa di giudizio, non aveva cioè ancora riportato una condanna definitiva. Tale valore, se ancora alto rispetto alla media europea – inferiore di quasi dieci punti percentuali (26,9%) – si mostra comunque in calo rispetto ai precedenti rilevamenti concernenti l’Italia: era 31,7 nel 2015 e 37,1 nel 2013.
Purtroppo ancora grave – per quanto in miglioramento rispetto al passato – è la situazione di sovraffollamento delle carceri italiane, problema endemico per il nostro sistema penitenziario. Nel 2010 il tasso di sovraffollamento era pari al 151%: tale dato aveva portato la Corte europea dei diritti dell’uomo a condannare in due occasioni l’Italia (Sulejmanovic c. Italia, 2009; Torreggiani c. Italia, 2013) per violazione del divieto di pene inumani o degradanti ex art. 3 CEDU. Da quel momento l’Italia ha corretto la propria rotta – con una serie di interventi volti sia all’aumento della capienza delle strutture esistenti, sia e soprattutto a una generale riduzione degli ingressi, ottenuta grazie a una nuova disciplina delle misure cautelari personali e delle misure alternative – , con l’effetto di ridimensionare significativamente il sovraffollamento: 146% nel 2011, 139% nel 2012, 131% nel 2013. I dati di Space I – 2015 – aggiornati, come anticipato, al 1° settembre 2015 – mostrano un tasso di sovraffollamento pari 105,6 detenuti ogni 100 posti disponibili, che, benché diminuito rispetto al precedente rilevamento (nel 2014 era pari a 109,8), risulta ancora superiore alla mediana europea (93,7). Si aggiunga che nel corso del 2016 si è registrata un’inquietante risalita del tasso di sovraffollamento, che a fine anno risulta assestato a 108,8 (cfr. Marinucci G. – Dolcini E., Manuale di Diritto Penale, Parte generale, VI ed., in corso di pubblicazione).
Guardando invece alla composizione qualitativa della popolazione carceraria, la componente femminile, in linea con il resto delle percentuali europee, è molto bassa: pari al 4,1%, con 2131 detenute. Risultati differenti sono invece riscontrabili nella percentuale di detenuti stranieri, che in Italia raggiunge il 33%, un valore triplo rispetto alla mediana europea. Ancora da Space I – 2015 si traggono informazioni in merito alla durata media della detenzione e al tasso di mortalità dei detenuti. La prima si assesta in Italia a 13,7 mesi (quasi il doppio rispetto alla media europea), mentre il secondo è pari a 17 ogni 10.000 detenuti con, tuttavia, con un’allarmante percentuale di suicidi (46,7%), che fa del suicidio la seconda causa di morte durante la detenzione.
Spostando, infine, l’attenzione sulle informazioni raccolte in Space II – 2015, emerge che in Italia al 31 dicembre 2015 le persone che stavano usufruendo dei vari tipi di misure alternative alla detenzione erano 53.030: in primo luogo, autori di reati in materia di sostanze stupefacenti, seguiti da autori di reati contro il patrimonio e contro la persona (tra questi ultimi, i meno frequentemente ammessi a misure non detentive – diversamente rispetto alla media europea – sono gli autori di violenze sessuali). Un ultimo dato relativo alle percentuali di addetti ai servizi sociali o, più in generale, alla sorveglianza/sostegno dei soggetti che eseguono misure alternative: in Italia gli addetti sono 3,3 ogni 100.000 abitanti (per un totale di 2019 persone), un valore ancora inferiore rispetto alla pur non elevata mediana europea (5,6).