ISSN 2039-1676


04 aprile 2018 |

Rimessa alle Sezioni Unite la questione dell'applicabilità della confisca "allargata" in caso di delitto tentato aggravato ai sensi dell'art. 7 l. 203/91

Cass., Sez. II, ord. 9 gennaio 2018 (dep. 5 febbraio 2018), n. 5378, Pres. Diotallevi, Rel. De Crescienzo

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1. Con l’ordinanza in commento, la seconda Sezione penale della Corte di cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la soluzione del seguente quesito: “se sia possibile disporre il sequestro preventivo finalizzato alla c.d. confisca "allargata" ex art. 12 sexies d.l. 8.6.1992, n. 306 [] nel caso di violazione dei reati contemplati da tale norma, anche nella forma del tentativo aggravato dall'art. 7 l. n. 203/91".

Come noto, la c.d. confisca “allargata” disciplinata dall’art. 12 sexies d.l. n. 306 del 1992 (convertito poi nella legge n. 336/92) è un’ipotesi speciale di confisca che il giudice penale deve obbligatoriamente disporre in caso di condanna per alcuni reati particolarmente gravi, elencati dallo stesso art. 12 sexies, e che ha come oggetto il denaro, i beni o le altre utilità “di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, o alla propria attività economica”.

 

2. È utile preliminarmente riassumere il caso concreto che ha dato origine all’ordinanza di rimessione.

Nel giugno 2017 il g.i.p. del Tribunale di Napoli disponeva, ai sensi degli artt. 321 c.p.p. e 12 sexies del d.l. n. 306/92, il sequestro preventivo su numerosi beni mobili e immobili di proprietà di due coniugi poiché uno di essi risultava indagato, nonché sottoposto a custodia cautelare in carcere, per il delitto di concorso in tentata estorsione aggravata ex art. 7 legge n. 203 del 1991 (aggravante del c.d. metodo mafioso), commessa tra il maggio del 2015 e l’agosto del 2016 ai danni di alcuni imprenditori.

Le difese proponevano ricorso al Tribunale del riesame di Napoli per l’annullamento del decreto cautelare reale, denunciando – tra l’altro – l’illegittima applicazione della misura de qua ad un’ipotesi (tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso) che a loro dire non sarebbe contemplata dall’art. 12 sexies. Respinto il ricorso in sede di riesame, l’imputato adiva la Corte di cassazione.

Il legislatore, intervenuto più volte sul disposto dell’articolo in parola, da ultimo con la legge n. 161 del 2017 (si veda sul punto G. Varraso, Il sequestro a fini di confisca: dalle scelte del codice del 1988 alla legge n. 161 del 2017, in questa Rivista, 12 gennaio 2018, nonché per un’illustrazione dei contenuti della riforma S. Finocchiaro, La riforma del codice antimafia (e non solo): uno sguardo d’insieme alle modifiche appena introdotte, in questa Rivista, fasc. 10/2017, p. 251 ss.), non ha precisato espressamente se nel novero dei delitti presupposto per l’applicazione della confisca allargata debbano ricomprendersi anche i reati elencati nell’art. 12 sexies commessi in forma tentata qualora ricorra la cosiddetta aggravante del metodo mafioso di cui all'art. 7 l. n. 203/91.

  

3. Secondo quanto rilevato nell'ordinanza di rimessione, sulla questione è emerso un contrasto interpretativo tra le diverse sezioni della Suprema Corte.

Secondo il primo orientamento, sostenuto nelle decisioni della seconda e quinta Sezione penale, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca non può essere disposto in relazione ai delitti tentati, ancorché aggravati ai sensi dell’art. 7 l. n. 203/91.

In base al tenore letterale della disposizione, si osserva, l’art. 12 sexies fa riferimento ai soli delitti consumati e non già anche alle relative ipotesi tentate e quindi “la confiscabilità (e prima ancora la sequestrabilità) dei beni ex articolo 12 sexies dovrebbe intendersi limitata solamente al delitto consumato di estorsione e non anche al relativo delitto tentato” perché, non menzionando espressamente il tentativo, la norma non sarebbe suscettibile di interpretazione estensiva.

Inoltre, sempre secondo tale tesi interpretativa, il delitto tentato costituirebbe una fattispecie criminosa autonoma, dotata di una propria struttura, e ciò comporterebbe che “gli effetti sfavorevoli, previsti con specifico richiamo a determinate norme incriminatrici debbono intendersi riferiti alla sola ipotesi di reato consumato e non anche al tentativo”.

Il secondo orientamento, seguito in particolare da alcune pronunce della prima Sezione penale della Cassazione, propone invece un’opposta interpretazione della disposizione in esame, che trova fondamento su considerazioni di carattere sia letterale che teleologico. Il riferimento generico a talune fattispecie di reato operato dall’art. 12 sexies comprenderebbe, infatti, sia la forma consumata che tentata. Per di più, solo tale opzione ermeneutica si mostrerebbe aderente alla finalità dell’istituto, “diretto a contrastare le forme di accumulazione patrimoniale illecita in presenza della commissione di un fatto-reato formalizzato come indice rivelatore di una particolare pericolosità soggettiva”.

 

4. Quest’ultimo orientamento è quello a cui mostra di aderire anche l’ordinanza in esame, la quale sottolinea che la scelta del legislatore è stata quella di “individuare delitti spia, allarmanti, idonei a ritenere l’esistenza di un’accumulazione economica ingiustificata e comunque la presenza di un’attività criminale, a sua volta espressione e strumento di ulteriori delitti”. Questa appare un’ipotesi concreta nel caso del delitto tentato, aggravato dal metodo mafioso ai sensi dell’art. 7 della legge 2003 del 1991 (ed in particolare nel caso di delitto di tentata estorsione aggravata), che costituisce “una forma di reato comunque allarmante e indice di una capacità criminale, che pur arrestandosi prima della consumazione, può ritenersi connotata da disvalore analogo o addirittura superiore rispetto a taluni reati consumati, cui è collegata la confisca”.

5. La seconda Sezione, preso atto però dei diversi indirizzi ermeneutici registratisi nella giurisprudenza di legittimità, ha deciso di rimettere la questione alle Sezioni Unite.  

La trattazione del ricorso è fissata per l'udienza del 19 aprile 2018.