ISSN 2039-1676


13 maggio 2011 |

Cass., Sez. un., 24.2.2011 (dep. 5.5.2011), n. 17386, Pres. Lupo, Rel. Romis, Ric. Naccarato (rilevanza della recidiva qualificata ai fini dell'emissione di misure cautelari e precautelari)

La recidiva qualificata non incide sulla determinazione della pena agli effetti dell'applicazione di misure cautelari e precautelari

Nel commentare l’ordinanza di rimessione della questione oggi risolta dalle Sezioni unite (in questa Rivista), avevamo affermato in chiave prognostica, pur con la cautela dovuta alla presenza di opposte opzioni interpretative nella giurisprudenza di legittimità sul tema –che appariva pregiudiziale – della riconducibilità della recidiva qualificata al novero delle circostanze aggravanti ad effetto speciale, che, nella plausibilità di divergenti scelte ermeneutiche, si sarebbe dovuto privilegiare il fondamentale principio del favor rei, operante anche nella fase di applicazione delle misure cautelari, e quindi ritenere irrilevante, nel computo della pena edittale, ai fini della verifica della facoltatività dell’arresto in flagranza, e più in generale, per la determinazione della pena agli effetti dell’applicazione delle misure cautelari, la recidiva qualificata (quella semplice essendo già esclusa in partenza dalla letterale formulazione dell’art. 278 c.p.p.).
 
Ora che le Sezioni unite (sentenza 24 febbraio 2011, n. 17386) hanno reso noti i motivi della loro decisione, è possibile saggiare, nel raffronto tra previsioni e motivazione della sentenza, la tenuta delle osservazioni allora formulate: e si può dire che, pur con la ritenuta irrilevanza di quel che invece appariva un problema preliminare, esse si sono mosse nel solco di un ragionamento ampiamente condivisibile e in gran parte annunciato.
 
Dopo una ampia e dettagliata esposizione dei precedenti giurisprudenziali direttamente o mediatamente rilevanti ai fini della soluzione della questione sottoposta al loro esame, le Sezioni unite hanno preliminarmente osservato che detta soluzione prescinde dalla natura giuridica della recidiva reiterata, pur chiarendo che «la recidiva, nelle ipotesi in cui comporta un aumento della pena superiore ad un terzo, determina certamente gli effetti propri di una circostanza aggravante ad effetto speciale», senza che ciò sia incompatibile con la natura di circostanza inerente alla persona del colpevole espressamente attribuita dall’art. 70 c.p. alla recidiva in genere.
E ne prescinde perché essa va cercata innanzi tutto nella lettera delle norme di riferimento, e cioè gli artt. 278 e 379 c.p.p. (dei quali il primo indica i criteri per la determinazione della pena agli effetti dell’applicazione delle misure cautelari e il secondo rinvia espressamente allo stesso art. 278 in tema di disciplina dell’arresto in flagranza e del fermo): in definitiva, nel solo art. 278 c.p.p.
 
Ora, ad avviso delle Sezioni unite, il dato testuale dell’art. 278 c.p.p. non lascia spazio a dubbi di sorta, quando stabilisce che «ai fini dell’applicazione delle misure [...] non si tiene conto della recidiva», mentre occorre tener conto delle circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale: sicché, una volta esclusa la recidiva dal calcolo della pena per l’applicazione delle misure cautelari, volerne fare rilevare l’operatività sub specie della sua riconducibilità al novero delle aggravanti ad effetto speciale, sia pure nei soli casi di recidiva qualificata, equivarrebbe a far rientrare dalla finestra quel che si è cacciato dalla porta.
In più, una simile operazione ermeneutica condurrebbe, in violazione dell’art. 14 delle Preleggi, ad applicare, oltre i casi in essa considerati, la disposizione, di sicuro carattere eccezionale, contenuta nella seconda parte dello stesso art. 278 c.p.p., con un’inaccettabile interpretazione estensiva.
Conclusione: il riferimento alle circostanze ad effetto speciale, contenuto nella seconda parte del secondo periodo dell’art. 278 c.p.p. deve essere interpretato restrittivamente, nel senso che esso riguarda le circostanze diverse dalla recidiva, semplice o qualificata, la quale è espressamente disciplinata solo dalla parte generale dello stesso articolo, sul quale, dunque, non hanno inciso le modificazioni introdotte al regime della recidiva dalla legge n. 251 del 2005.
 
Ma non solo gli argomenti di ordine letterale inducono alla soluzione prescelta dalle Sezioni unite.
Militano a favore di essa ragioni storiche (e qui il dettagliato excursus sulle successive evoluzioni della disciplina di cui all’art. 278 c.p.p. bene pone in evidenza come l’attuale formulazione non possa che condurre alle conclusioni assunte) e, soprattutto, la natura “facoltativa” della recidiva qualificata (ad eccezione di quella di cui all’art. 99, comma quinto, c.p.), la quale induce ad escludere che della stessa debba tenersi conto nel computo della pena edittale ai fini dell’arresto in flagranza e, più in generale, per la determinazione della pena agli effetti dell’applicazione delle misure cautelari, essendo consentito al giudice di negare la rilevanza aggravatrice della recidiva reiterata, non irrogando il relativo aumento della sanzione (così Sez. un., 27.5.2010, n. 35738, Calibè, in questa Rivista). A ciò si aggiunge che, con riferimento all’arresto facoltativo in flagranza, oggetto di specifico esame da parte della Corte con riferimento al ricorso proposto, riconoscere valenza alla recidiva reiterata ai fini del computo della pena edittale comporterebbe l’attribuzione alla polizia giudiziaria del potere di reputare sussistente un’aggravante che – tenuto conto della natura facoltativa della stessa – solo il giudice ha il potere di escludere (aggravante, peraltro, implicante conoscenza dei precedenti penali del reo, che di norma non si ha al momento della flagranza del reato).