ISSN 2039-1676


11 giugno 2018 |

Realizzazione plurisoggettiva dell'autoriciclaggio: la Cassazione opta per la differenziazione dei titoli di reato

Cass., Sez. II, sent. 17 gennaio 2018 (dep. 18 aprile 2018) n. 17235, Pres. Diotallevi, Rel. Beltrani, ric. Tucci

Contributo pubblicato nel Fascicolo 6/2018

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1. Come si sa, i nodi prima o poi vengono al pettine. Ed è appunto quanto sta accadendo in relazione al delitto di autoriciclaggio: la Cassazione ha avuto già modo di cimentarsi con le questioni di diritto intertemporale –  in particolare la possibile applicazione della disposizione a casi in cui il delitto presupposto sia stato realizzato prima dell’introduzione dell’art. 648 ter1. c.p.[1] – e con la lettura da dare ad alcune delle note caratterizzanti il delitto di cui si tratta – nella specie l’impiego in attività economiche, finanziarie etc., nonché il requisito dell’ostacolo concreto all’identificazione della provenienza delittuosa dei beni, del denaro o delle altre utilità[2].

Si pone ora il tema della realizzazione plurisoggettiva dell’autoriciclaggio, da subito segnalato come uno dei punti di maggiore tensione interpretativa della fattispecie.  E la risposta che offrono i Giudici di legittimità è nel senso della differenziazione dei titoli di reato: l’autore o concorrente nel delitto presupposto risponderà di autoriciclaggio; nei confronti del terzo al quale siano affidati i proventi e che provvede a destinarli ad attività economiche troverà applicazione invece la previsione di cui all’art. 648 bis c.p.

Vediamo dunque attraverso quale percorso logico la Cassazione perviene a siffatta conclusione, non senza aver prima ricapitolato il caso.

 

2. La vicenda ha ad oggetto condotte dell’imputata – risalenti a epoca anteriore all’entrata in vigore del delitto di autoriciclaggio – consistenti nel reimmettere nel circuito legale i proventi delittuosi originati da un’appropriazione indebita realizzata a valle dal proprio cliente, per importi piuttosto considerevoli.

Nel corso dell’iter giudiziario erano emersi diversi indici a sostegno dell’origine delittuosa del denaro in questione. Inoltre era stata riscontrata l’esistenza di plurime operazioni commerciali, finanziarie e societarie – progettate e attuate dall’imputata – attraverso cui le ingenti somme in oggetto erano state fatte rientrare in Italia dall’estero con l’obiettivo, come si legge nella sentenza, di «far disperdere le tracce della loro provenienza» e consentire al cliente di tornare in possesso, in tempi più rapidi e con minor costi, dei beni risultanti dalle operazioni compiute.

Insomma, si era in presenza di un caso in cui tanto i riscontri relativi al delitto presupposto quanto i comportamenti successivamente attuati dalla consulente non davano adito a dubbi circa la ricorrenza dell’ipotesi di riciclaggio.

La Cassazione si trova però a fare i conti con l’inserimento nel nostro sistema del delitto di autoriciclaggio – fattispecie criminosa, ricordiamo, punita meno severamente – e con la richiesta della ricorrente di riqualificare il fatto come concorso in autoriciclaggio ex 648 ter1. c.p.

Da qui la necessità di misurarsi con quello che a ragione è stato definito il «nodo gordiano del concorso di persone»[3] in relazione alla nuova figura di reato.

 

3. L’apparizione del delitto di autoriciclaggio nell’ordinamento interno è stata salutata, come noto, con diversità di accenti ma, volendo tracciare un bilancio, con una prevalenza di toni critici.

A cominciare dalle acuminate osservazioni nei confronti della neonata ipotesi rivolte proprio dalle pagine di questa rivista all’indomani della sua introduzione[4], si sono susseguite le voci tese ad evidenziare i limiti della formulazione prescelta. Colpisce infatti che, al di là delle posizioni in definitiva contrarie alla stessa previsione di una siffatta figura[5], non siano mancati i rilievi anche da posizioni aperte alla incriminazione delle condotte di self laundering[6], a testimonianza di una tecnica normativa di certo non felice, ma anche di una oscillazione nelle opzioni di politica criminale che nel complesso il legislatore intendeva prediligere.

È stata infatti forgiata una fattispecie che sembrerebbe essere la combinazione di riciclaggio e reimpiego, ma che alla prova dei fatti ha come baricentro reale la sola condotta di impiego in attività economiche, finanziarie etc.[7]; una fattispecie che: intende proteggere il mercato e la concorrenza leale, ma reca chiara traccia della tutela dell’amministrazione della giustizia; è espressione dell’idea secondo cui i comportamenti presi di mira siano meritevoli di autonoma – e ulteriore rispetto al delitto presupposto – sanzione, ma punisce l’autoriciclatore sensibilmente meno del riciclatore; contiene una clausola, quella di cui al quarto comma, di incerta classificazione, al punto che taluni vi hanno ravvisato un lapsus calami, altri ne hanno rimarcato la funzione in sostanza di rafforzamento del precetto di cui al primo comma dell’art. 648 ter1; una figura, infine, che ha posto gli interpreti dinanzi al dilemma delle soluzioni da prospettare, in punto di qualificazione giuridica, per l’appunto in caso di realizzazione plurisoggettiva[8].

Come si vede da questa pur cursoria e incompleta rassegna, si è in presenza di troppi problemi ermeneutici per non interrogarsi sulle attuali difficoltà della nostra legislazione.

Focalizzando adesso l’attenzione sul profilo qui di interesse e riducendo all’osso le prospettazioni avanzate, prenderemo in esame tre delle letture proposte.

Una semplificazione che risulta giustificata anzitutto dalla sentenza annotata, incentrando i giudici l’attenzione in definitiva sulle alternative che andremo ad esaminare; nonché, in secondo luogo, dall’economia del presente lavoro, che non consente di passare in rassegna la pluralità di possibili ricostruzioni e le rispettive obiezioni[9], limitandoci pertanto a richiamare più avanti, oltre quelle oggetto di specifica analisi, solo talune di esse.

 

4. Una prima opzione è quella che muove dal (o comunque prende atto del) fatto che il legislatore ha inteso configurare il delitto di autoriciclaggio quale reato proprio e si propone di risolvere il quesito circa il titolo di reato da imputare ai concorrenti secondo gli schemi di regola applicati in siffatti casi.

La soluzione è qui legata alla teorica della compartecipazione nel reato proprio e, nella specie, alla questione della distribuzione dei ruoli tra intraneo ed estraneo.

a) Se si accede alla tesi secondo cui, anche in ottica plurisoggettiva, il fatto tipico deve essere realizzato dal soggetto qualificato, si avrà concorso in autoriciclaggio ogniqualvolta sia l’autore o il concorrente nel delitto presupposto a realizzare l’impiego; diversamente, ricorrerà un concorso nel riciclaggio posto in essere dal terzo (con non punibilità dell’autoriciclatore in virtù della permanenza della clausola di riserva di cui all’art. 648 bis c.p.)[10].

b) Aderendo all’opposto indirizzo — secondo cui ai fini della integrazione della tipicità plurisoggettiva eventuale, ad esclusione dei c.d. dei reati di mano propria, sarebbe irrilevante la ripartizione dei ruoli tra intraneo ed estraneo — si avrebbe, in entrambe le ipotesi prospettate, concorso in autoriciclaggio: si materializzerebbe così lo spettro evocato di un delitto di autoriciclaggio ‘onnivoro’ e, sul piano della risposta sanzionatoria, una punizione più lieve anche nei confronti del terzo[11].

Vi è infine chi ha ritenuto di catalogare l’autoriciclaggio come reato di mano propria con il risultato di approdare al medesimo risultato di cui sub a)[12].

Una seconda opzione si fonda sull’istituto del concorso apparente di norme e sul ricorso, ai fini della risoluzione dell’interferenza di cui si tratta, al principio di assorbimento.

L’ipotesi presa in esame è quella del terzo cui siano affidati i proventi dall’autore o concorrente nel predicate crime: qui, si argomenta, la condotta posta in essere integrerebbe monosoggettivamente il delitto di riciclaggio, ma plurisoggettivamente, combinandosi con quella del soggetto qualificato (l’autoriciclatore), darebbe vita a un concorso in autoriciclaggio. L’esito è quello di ritenere applicabile nei confronti dell’estraneo l’art. 648 bis c.p., in quanto il relativo reato sarebbe punito più gravemente e tale dunque da assorbire per il terzo il meno grave delitto di autoriciclaggio[13].

Si precisa poi, giustamente, come un tale approdo valga per i soli casi in cui la condotta tipica sia realizzata dal terzo, non potendosi altrimenti che configurare un concorso in autoriciclaggio[14].

A questa impostazione è stato in seguito apportato, da uno dei suoi sostenitori, un correttivo, quello cioè di riportare la vicenda in ambito plurisoggettivo, anche per ovviare al limite di operatività appena menzionato: «la proposta ermeneutica che si sta avanzando – che occorre precisarlo – non richiede l’esecuzione della condotta tipica di riciclaggio da parte del terzo, pone in concorso due fattispecie plurisoggettive eventuali, costruite dall’innesto dell’art. 110 c.p. sugli artt. 648-bis e 648-ter1. c.p. Il concorso di norme non abbraccia, però, la posizione di tutti i concorrenti nel reato, essendo già disciplinata ex lege quella dell’autoriciclatore, bensì solo la posizione del terzo, che va risolta con prevalenza dell’art. 648-bis c.p.»[15].

In tal modo, si continua a seguire la strada del concorso apparente, definito sempre sulla base dell’assorbimento, ma integralmente proiettato sul terreno delle fattispecie plurisoggettive eventuali, istituendo così un legame con l’altra soluzione che sin da subito ha alleggiato in materia: la differenziazione dei titoli di reato tra i concorrenti.

E veniamo all’ultima opzione che si è fatta strada e che, come anticipato e vedremo subito più in dettaglio, è quella abbracciata dalla Suprema Corte.

L’idea di partenza è rappresentata dalla identificazione della ratio dell’intervento del legislatore del 2014, che era quella di punire l’autoriciclatore e non certo quella di attenuare le pene per il riciclatore già sanzionato ex art. 648 bis c.p.

Da qui la ritenuta esigenza di individuare una via che consentisse di salvaguardare quest’obiettivo di politica criminale. E la via è stata trovata nel superamento del dogma dell’unicità del titolo di reato: l’episodio plurisoggettivo eventuale con cui si è alle prese potrebbe ben dare luogo ad una differenziazione dei titoli di responsabilità[16].

Su questo versante sono frequenti i richiami ai classici studi che, per primi, hanno prefigurato una soluzione di tal genere, nonché a quelli di più recenti, altrettanto autorevoli, autori, che si sono schierati contro il dogma dell’unicità del titolo di reato per i concorrenti, ammettendo senza difficoltà soluzioni improntate a una diversificazione delle rispettive posizioni[17].

Così pure ricorrente è il richiamo alle non poche ipotesi sparse soprattutto nel codice — il binomio infanticidio in condizioni di abbandono morale e materiale/omicidio e quello evasione/procurata evasione — in cui un fatto di concorso è ‘spezzato’ dal legislatore con la costruzione di differenti titoli di reato, in ragione della opportunità di modulare le pene, oppure ciascun concorrente, pur rispondendo del medesimo reato, è assoggettato a un diverso trattamento sanzionatorio.

 

5. Abbiamo già detto come sia quest’ultimo il percorso seguito dalla Cassazione nella pronuncia in esame.

La premessa del ragionamento della Corte è nei medesimi termini sopra riportati: lo scopo dell’incriminazione, sottolineano i Giudici a chiare lettere, era quello — e soltanto quello — di colmare una lacuna dell’ordinamento, venendo incontro alle sollecitazioni internazionali che spingevano verso la penalizzazione delle condotte di autoriciclaggio.

Il primo passaggio è quello di volgere lo sguardo al dibattito in materia: qui la Cassazione prende in esame le tesi sopra richiamate e fa propria anzitutto la critica mossa nei confronti della soluzione in termini di concorso apparente di norme e centrata sull’assenza di un rapporto di specialità tra le disposizioni in questione. Ci si incammina poi verso l’adesione alla impostazione che fa leva sulla diversità di titoli di reato tra riciclatore e autoriciclatore, con ciò dimostrando di dissentire dalle posizioni dirette a inquadrare il caso nell’ambito sì dello schema concorsuale, ma in una prospettiva ‘unitaria’.

Il cuore del ragionamento della Corte è compendiato nell’affermazione inziale secondo cui «la diversificazione dei titoli di reato in relazione a condotte lato sensu concorrenti non deve meravigliare, non costituendo una novità per il sistema penale vigente, che ricorre a questa soluzione in alcuni casi di realizzazione plurisoggettiva di fattispecie definite dalla dottrina “a soggettività ristretta”».

Siffatta asserzione è accompagnata da un elenco di casi esemplificativi, come vedremo subito in dettaglio, quali l’evasione, rispetto alla procurata evasione, l’infanticidio, l’ipotesi di interruzione della gravidanza di cui all’art. 19 della legge del 1978, in cui l’ordinamento contempla risposte punitive diversificate per gli attori della vicenda concorsuale in considerazione.

A ciò segue ancora l’osservazione secondo cui «la previsione di un trattamento sanzionatorio meno grave per il delitto di autoriciclaggio trova giustificazione unicamente con la considerazione del minor disvalore che anima la condotta incriminata, se posta in essere (non da un extraneus, bensì) dal responsabile del reato presupposto, il quale abbia conseguito disponibilità di beni, denaro ed altre utilità ed abbia inteso giovarsene, pur nei modi oggi vietati dalla predetta norma incriminatrice, risultando responsabile di almeno due delitti (quello non colposo presupposto e l’autoriciclaggio), non necessariamente in concorso ex art. 81 c.p.[…]».

Da qui si trae l’assunto finale: «[…] deve concludersi che l’art. 648 ter.1., c.p. prevede e punisce come reato unicamente le condotte poste in essere dal soggetto che abbia commesso o concorso a commettere il delitto non colposo-presupposto, in precedenza non previste e punite come reato […]. Le condotte concorsuali poste in essere da terzi extranei per agevolare la condotta di autoriciclaggio posta in essere dal soggetto che abbia commesso o concorso a commettere il delitto non colposo presupposto, titolare del bene di provenienza delittuosa “riciclato”, conservano rilevanza penale quale fatto di compartecipazione previsto e punito dall’art. 648-bis c.p. più gravemente di quanto avverrebbe in applicazione delle norme sul concorso di persone nel reato, ex artt. 110/117 e 648-ter. 1 c.p.».

 

***

 

6. La conclusione cui perviene la Cassazione non ci sembra convincente.

Anzitutto, la sottolineatura del fondamento giustificativo della nuova incriminazione di self laundering, su cui i giudici di legittimità insistono molto, può certo essere un indice di ausilio per l’interprete; ciò però nella misura in cui esso trovi poi riflesso nell’assetto normativo prefigurato dal legislatore, che, a contesto invariato, ha immesso una norma caratterizzata da una pena più bassa rispetto al riciclaggio, senza operare alcuna ulteriore specificazione.

Proprio per questo il panorama dottrinale si è da subito rivelato frastagliato al punto che sembra difficile potersi parlare di una lettura prevalente e peraltro in grado di conferire razionalità al sistema. L’osservazione del dibattito in materia sembra dirci che nessuno ha la verità in tasca, ma al contempo ci consegna un sicuro protagonista sul banco degli imputati: il legislatore.

In secondo luogo, non ci persuade il parallelo con i delitti di evasione, infanticidio e così via procedendo.

Nelle ipotesi in questione è infatti il legislatore che in modo chiaro ed inequivoco ha tipizzato autonomamente una condotta di partecipazione – il procurare l’evasione nel caso di cui all’art. 386 c.p. – assoggettandola a un più grave trattamento sanzionatorio, oppure ha espressamente, nel corpo dell’art. 578 c.p., preso in considerazione, sotto il profilo del quantum di pena, la posizione dei concorrenti nell’infanticidio, sottoponendoli alle pene previste per l’omicidio — salva la possibilità, qualora abbiano agito al solo scopo di aiutare la madre, di una riduzione della pena da un terzo a due terzi.[18]

Si tratta tuttavia di esiti interpretativi – quelli di far rispondere i soggetti a titoli diversi nel caso dell’evasione oppure di differenziare le pene nell’infanticidio – resi possibili dalla specifica e puntuale scelta normativa compiuta, tradottasi in disposizioni ad hoc. E infatti, qualora un soggetto istigasse la persona reclusa a evadere, risponderebbe di concorso in evasione, e dunque si applicherebbe nei suoi confronti quella cornice edittale, e non invece di procurata evasione — punita, come detto, più severamente[19].

E, se non ci fosse l’espresso comma all’interno dell’art. 578 c.p. che contempla una apposita pena per i concorrenti estranei, penseremmo davvero di far rispondere il parente, che aiuta la madre, la quale versa in condizioni di abbandono morale e materiale, a sopprimere il nato, a titolo di omicidio e non invece di concorso in infanticidio ex art. 578 c.p., nell’ipotesi prospettata sanzionato nel suo complesso con pena ridotta?

Ci sembra cogliere nel segno chi evidenzia che «[…] non vi è alcuna previsione specifica – né in funzione incriminatrice né di disciplina – circa il concorso del terzo nel delitto di autoriciclaggio, a differenza di quanto avviene in altri casi, talvolta richiamati dalla dottrina (così, l’art. 578, co. 2, c.p. o l’art. 386 c.p.)»[20]. Né l’eventuale rilevanza che la qualifica spieghi sotto il profilo della colpevolezza, potrebbe, a nostro avviso, determinare, in assenza di un indice normativo ad hoc, una soluzione analoga a quella appena richiamata[21].

Tale affermazione ci pare suffragata dal fatto che alcune delle raffinate elaborazioni che pervengono a differenziare titolo e sanzione tra i protagonisti della vicenda plurisoggettiva[22], muovono da una ricostruzione del dato normativo che non trova riscontro nella lettera dell’art. 648 ter 1. c.p., né sembra desumibile dalla complessiva configurazione della disciplina in materia.

Rimane la possibilità, senza procedere a interpolazioni della disposizione di cui si tratta, di ritenere che il fatto plurisoggettivo eventuale dia vita a una responsabilità dei concorrenti in relazione a un diverso titolo di reato.

Su questo versante, si deve comunque fare i conti con il fatto che, da un lato, come del resto riconosciuto anche da alcuni dei sostenitori di una tale soluzione, permangono diversità di vedute circa la percorribilità, in base all’assetto vigente, di un siffatto esito[23]; dall’altro, anche tra coloro che ammettono il superamento dell’unicità del titolo di reato, a venire in sostanza in rilievo sono ipotesi in cui ricorre un coefficiente di imputazione soggettiva diversamente caratterizzato tra i concorrenti[24], aspetto che comunque non viene in considerazione nel caso in esame.

 

7. Poche e semplici osservazioni finali.

Il delitto di autoriciclaggio si è immediatamente candidato ad assurgere a una sorta di rompicapo giuridico per l’interprete. La sapienza della Cassazione ha sin qui offerto soluzioni che hanno cercato di dare linearità alla previsione in questione, nell’ambito però di un saldo ancoraggio al testo normativo.

Non ci sembra si possa dire lo stesso avuto riguardo alla decisione elaborata in tema di realizzazione plurisoggettiva. La questione qui in gioco non è, per parafrasare autorevole dottrina, se la scelta legislativa sia sostenibile o meno[25], quanto quella di offrirne una lettura in linea con il dato positivo.

L’art. 648 bis c.p., salvo una evidente forzatura del testo della norma, non sanziona in via autonoma, come sostenuto dai Giudici di legittimità, le condotte di agevolazione all’autoriciclaggio realizzate dall’autore o concorrente nel delitto presupposto — fermo restando che, nell’ipotesi in esame, non di agevolazione si tratta bensì di realizzazione della condotta di impiego da parte del terzo —, ma si limita a punire nei medesimi termini del passato le condotte dell’estraneo di sostituzione, trasferimento etc.

Il legislatore avrebbe potuto evitare di inserire l’ennesima norma in un contesto normativo già nutrito di previsioni criminose, seguendo una delle soluzioni prospettate dalle numerose commissioni di studio in materia, tra cui era stata profilata anche quella di fare tesoro della tecnica normativa adoperata in relazione all’art. 578 c.p.[26]

Il legislatore alla fine si è determinato diversamente: una lettura della Cassazione che avesse fatto applicazione di quelle che ci sembrano dover essere le normali dinamiche concorsuali — e dunque affermato il concorso in autoriciclaggio, laddove avesse inteso seguire il suo indirizzo prevalente o, diversamente, negato la natura di reato proprio dell’art. 648 ter1. c.p. — avrebbe forse nell’immediato ‘concesso’ all’imputato un poco giustificato sconto di pena, ma avrebbe al contempo spinto il legislatore a rivedere un assetto di tutela poco felice, emendando i diversi punti oscuri della fattispecie.

Ci sarebbe parso, quest’ultimo, un successo non da poco.

 

 


[1] V. Cass., Sez. II, 15 dicembre 2015, n. 3691.

[2] V. Cass., Sez. II, 28 luglio 2016, n. 33074 con nota di A. Gullo, Il delitto di autoriciclaggio al banco di prova della prassi: i primi (rassicuranti) chiarimenti della Cassazione, in Dir. pen. proc., 2017, 483 ss.

[3] Così E. Basile, L’autoriciclaggio nel sistema penalistico di contrasto al money laundering e il nodo gordiano del concorso di persone, in Cass. pen., 2017, 1277 ss.

[4] Il riferimento è al lavoro di F. Sgubbi, Il nuovo delitto di “autoriciclaggio”: una fonte inesauribile di “effetti perversi” dell’azione legislativa, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 1/2015, 137 ss.

[5] V., ad esempio, ancora F. Sgubbi, Il nuovo delitto, cit., 137 ss., nonché F. Consulich, La norma penale doppia. Ne bis in idem sostanziale e politiche di prevenzione generale: il banco di prova dell’autoriciclaggio, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2015, in particolare 72 ss.

[6] In questa prospettiva v. F. D’Alessandro, Il delitto di autoriciclaggio (Art. 648-ter.1 c.p.), ovvero degli enigmi legislativi riservati ai solutori «più che abili», in Il nuovo volto della giustizia penale, a cura di Baccari-La Regina-Mancuso, Padova, 2015, 4 ss.; A.M. Dell’Osso, Il reato di autoriciclaggio: la politica criminale cede il passo a esigenze mediatiche e investigative, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 796 ss.

[7] Sia consentito rinviare ad A. Gullo, Autoriciclaggio. Voce per il Libro dell’anno del diritto Treccani 2016, in questa Rivista, 21 dicembre 2015, 8.

[8] Su tutti questi profili v., oltre ai contributi citati nelle note precedenti, F. Mucciarelli, Qualche nota sul delitto di riciclaggio, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 1/2015, p. 108 ss.; Id., La struttura del delitto di autoriciclaggio. Appunti per l’esegesi della fattispecie, in Punire l’autoriciclaggio. Come, quando e perché, Torino, 2016, 1 ss.; C. Piergallini, Autoriciclaggio, concorso di persone e responsabilità dell’ente: un groviglio di problematica ricomposizione, in Criminalia, 2015, 539 ss.; S. Seminara, Spunti interpretativi sul delitto di autoriciclaggio, in Dir. pen. proc., 2016, 1631 ss.; L. Troyer – S. Cavallini, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di autoriciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all'ombra del 'vicino ingombrante', in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 1/2015, p. 95 ss., nonché il nostro voce Autoriciclaggio, cit., 1 ss.

[9] V. l’ampia disamina condotta da D. Brunelli, Autoriciclaggio: profili del concorso di persone, in Punire l’autoriciclaggio, cit., 19 ss.

[10] Per una illustrazione della questione e anche per i relativi richiamai bibliografici si rinvia sempre alla nostra voce Autoriciclaggio, cit., 11 ss.

[11] V. L. Troyer – S. Cavallini, Apocalittici o integrati?, cit., 104 s.

[12] V. C. Piergallini, Autoriciclaggio, cit., 551 s.

[13] In questi termini F. D’Alessandro, Il delitto di autoriciclaggio, cit., p. 43; A.M. Dell’Osso, Il reato di autoriciclaggio, cit., 815

[14] V. F. D’Alessandro, Il delitto di autoriciclaggio, cit., 43.

[15] A.M. Dell’Osso, Riciclaggio di proventi illeciti e sistema penale, Torino, 2017, 232

[16] V., ad esempio, E. Basile, L’autoriciciclaggio, cit., 1300. Riferimenti anche in G.A. De Francesco, Riciclaggio ed autoriciclaggio: dai rapporti tra le fattispecie ai problemi di concorso nel reato, in Dir. pen. proc., 2017, 951.

[17] V., per tutti, A.M. Dell’Osso, Riciclaggio, cit., 224.

[18] Analogo ragionamento può essere condotto in relazione all’art. 19 della l. n. 194 del 1978 ove si è espressamente differenziata la pena di chi cagiona l’interruzione volontaria della gravidanza senza osservare talune modalità procedurali previste da detto provvedimento e quella contemplata per la la donna (peraltro, a seguito della depenalizzazione del 2016, l’ipotesi di cui al secondo comma dell’articolo in questione risulta oggi sottoposta solo a sanzione amministrativa). In argomento v. T. Padovani, Commento all'art. 19 l. 22 maggio 1978, n. 194 (norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza), in Le nuove leggi civili commentate, n. 6/1978, 1706; M. Zanchetti, Interruzione della gravidanza: profili penalisticiIl governo del corpo, Tomo II, a cura di Canestrari – Ferrando – Mazzoni – Rodotà – Zatti, Milano, 2011, 1711.

[19] Così D. Brunelli, Autoriciclaggio: profili del concorso di persone, in Punire l’autoriciclaggio, cit., 25. Per un quadro delle diverse posizioni, alcune delle quali inclini ad assicurare analogo trattamento a condotte di agevolazione e di partecipazione morale, si rinvia a I. Pacini, Sub art. 386 c.p., in Codice penale commentato, diretto da Dolcini e Gatta, IV ed., Tomo II, Milano, 2015, 1349 s.

[20] A.M. Dell’Osso, Riciclaggio, cit., 217.  V. anche le osservazioni svolte a 226.

[21] In questo senso invece E. Basile, L’autoriciclaggio, cit., 168 ss.

[22] V. G.A. De Francesco, Riciclaggio, cit., 949 s., che propone una rilettura della norma come se il legislatore avesse esordito con l’espressione ‘salva la punibilità per concorso nel reato’. Per una critica di questo tipo v. pure A.M. Dell’Osso, Riciclaggio, cit., 229.

[23] Per limitarsi alla manualistica più recente v. per le opposte soluzioni M. Pelissero, Concorso di persone nel reato, in Grosso – Pelissero – Petrini – Pisa, Manuale di Diritto penale, Parte generale, II ed., Milano, 2017, 545 s.; G. de Vero, Corso di diritto penale, II, Torino, 2017, 54 s.

[24] V. A.M. Dell’Osso, Riciclaggio, 224. Allo stesso ambito sembra potersi riportare l’esempio proposto da G.A. De Francesco, Riciclaggio, cit., nota 26, in merito alla soluzione che discenderebbe, in assenza della previsione di cui all’art. 117 c.p., in caso di concorso di persone in un reato proprio allorché l’estraneo non conosca la qualifica dell’intraneo (l’esempio è ritagliato sui rapporti tra appropriazione indebita e peculato).

[25] Il riferimento è alla chiusa del lavoro di D. Brunelli, Autoriciclaggio, cit., 40.

[26] Per una analisi dei lavori delle Commissioni Greco, Garofoli e Fiandaca, volendo, A. Gullo, Il delitto di autoriciclaggio: lacuna colmata o occasione mancata?, in Tutela degli investimenti tra integrazione dei mercati e concorrenza di ordinamenti, a cura di Del Vecchio e Severino, Bari, 2016, 416 ss.