10 luglio 2019
La sentenza delle Sezioni unite sull'applicazione dell'art. 133 c.p. (anziché dell'art. 37 c.p.) per la commisurazione delle pene accessorie della bancarotta fraudolenta
Cass., Sez. un., sent. 28 febbraio 2019 (dep. 3 luglio 2019), n. 28910, Pres. Carcano, Est. Boni
Segnaliamo ai lettori – in attesa di ospitare commenti e approfondimenti – che il 3 luglio è stata depositata la motivazione della decisione assunta dalle Sezioni unite il 28 febbraio 2019, di cui la nostra Rivista aveva dato notizia pubblicando la relativa informazione provvisoria.
Il principio di diritto affermato è il seguente: «Le pene accessorie previste dall'art. 216 legge fall., nel testo riformulato dalla sentenza n. 222 del 5 dicembre 2018 della Corte Costituzionale, cosi come le altre pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa, devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all'art. 133 cod. pen.».
La nostra Rivista ha già pubblicato l’ordinanza di rimessione (Sez. V, ord. 12 dicembre – 14 dicembre 2018, n. 56458), con una nota di A. Galluccio, Pene accessorie della bancarotta fraudolenta e applicazione dell'art. 133 c.p.: la palla passa alle Sezioni unite, dopo l'intervento della Consulta.
La questione rimessa alle Sezioni unite è sorta a seguito alla pronuncia manipolativa della Corte costituzionale n. 222/2018, con cui è stata dichiarata l'illegittimità dell’art. 216, ultimo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), nella parte in cui stabilisce che la condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta importa l'applicazione delle pene accessorie interdittive ivi previste «per la durata di dieci anni» anziché «fino a dieci anni». La decisione Consulta è commentata da A. Galluccio, La sentenza della Consulta su pene fisse e “rime obbligate”: costituzionalmente illegittime le pene accessorie dei delitti di bancarotta fraudolenta.
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(F.L.)