ISSN 2039-1676


08 luglio 2011 |

Le "insidie stradali" e la responsabilità  colposa dei dirigenti e degli amministratori pubblici locali: punti fermi e questioni ancora aperte nella giurisprudenza di legittimità 

Nota a Cass. pen., sez. IV, 16.2.2011 (dep. 7.4.2011), Pres. Zecca, Est. Piccialli, ric. Oddone

Il dirigente dell’ufficio tecnico comunale, in qualità di addetto alla manutenzione della rete stradale del Comune stesso, risponde di lesioni colpose nel caso abbia omesso la necessaria manutenzione ordinaria del piano di calpestio del passaggio pedonale fra il marciapiede e l’attraversamento della carreggiata, così permettendo il permanere di una “bolla” di materiale bituminoso rialzata rispetto al piano di camminamento e pericolosa in quanto difficilmente visibile e non segnalata in alcun modo, tale da provocare la caduta della persona offesa.
 
 
1. La sentenza in commento si inserisce nel solco dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui le omissioni nell’attività di manutenzione di una strada possono determinare un addebito di colpa in capo al responsabile dell’ufficio tecnico comunale, considerati i compiti di gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, attribuiti ai dirigenti degli enti locali, ed i corrispondenti autonomi poteri di organizzazione delle risorse, strumentali e di controllo.
 
Poteri, quelli degli amministratori e dipendenti comunali, tendenzialmente distinti, nel quadro normativo, da quelli di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, demandati agli organi di governo degli enti stessi.
 
In un precedente di legittimità (Cass., sez. IV, 4/6/2004, Cattaneo, in Ced Cass., rv. 230270, ed in Foro it., Rep. 2005, voce Omicidio e lesioni personali colposi, n. 29), è stato infatti espressamente escluso che un siffatto addebito di colpa, per danni da c.d. insidia stradale, potesse essere ascritto al consiglio comunale, individuandosi la fonte della suddetta distinzione di competenze tra organi comunali nel d. lgs. 18/8/2000, n. 267 (testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), ed in particolare nell’art. 107 (funzioni e responsabilità della dirigenza).
 
Ed un’analoga, più risalente decisione della Suprema Corte (Cass., 22/4/1982, Tecchio, in Arch. Circ., 1983, 216, ed in Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 28), in un’ipotesi di mancato ripristino di un segnale stradale (nella specie: stop, collocato a seguito di regolare delibera del comune), ha escluso «che il sindaco e l’assessore ai lavori pubblici siano tenuti a verificare personalmente la presenza dei prescritti cartelli stradali, in quanto in via di principio all’amministratore comunale spettano compiti di vigilanza in ordine al regolare funzionamento di servizi e uffici ma non anche il dovere di acquisire direttamente, fatta eccezione per i comuni di piccole dimensioni, conoscenza delle eventuali carenze esistenti; bene invece è affermata la responsabilità per il mancato ripristino del segnale di pericolo e per le conseguenti lesioni a carico del dirigente dell’ufficio tecnico comunale, il quale, nella sua qualità, ha l’obbligo di controllare la presenza e l’efficienza dei cartelli stradali e il ripristino di quelli rimossi».
 
 
2. Nel senso della responsabilità concorsuale degli organi politici e tecnici del comune, v. invece Cass., sez. IV, 15/1/2008, n. 36475, Picone (in Riv. giur. circolaz. e trasp.-Antologia, 2008, 448, ed in Foro it., Rep. 2008, voce cit., n. 46): «In un caso di danno da insidia stradale (nella specie: un dislivello privo di segnalazione) il sindaco, con delega assessoriale ai lavori pubblici, risponde, in concorso con il responsabile dell’ufficio tecnico comunale, del reato di cui all’art. 590 c.p. (lesioni personali colpose) per non aver attivato i necessari controlli sulla manutenzione delle strade; infatti, la posizione di garanzia che il sindaco e il responsabile dell’Utc assumono in considerazione del ruolo da essi svolto all’interno dell’amministrazione comunale, impone loro di vigilare nell’ambito delle rispettive competenze al fine di evitare ai cittadini situazioni di pericolo quali quelle derivanti da una non adeguata manutenzione delle strade e dalla inerzia dei controlli».
 
E sulla stessa linea della responsabilità concorsuale, Cass., sez. IV, 29/11/2005, Pelle (in Giur. it., 2007, 449): «In tema di omicidio colposo occorso mediante omissione, il sindaco e l’assessore assumono una posizione di garanzia nel caso che non adottino alcun provvedimento urgente atto ad eliminare una situazione di pericolo di cui sono consapevoli […] esclude la colpa omissiva solo il caso in cui non si abbia conoscenza del pericolo, ovvero non si abbia la possibilità concreta, anche con la normale diligenza, di porre in essere i rimedi utili per eliminare la fonte del pericolo». In quest’ultimo caso (morte di un soggetto precipitato nel vuoto perché appoggiatosi ad una ringhiera instabile nel corso dell’esecuzione di alcuni lavori pubblici), i giudici nello specifico richiamano «una serie di provvedimenti autoritativi che l'autorità comunale avrebbe potuto adottare, come l'immediata chiusura della piazza, il transennamento della zona pericolosa, il piantonamento della stessa, o quanto meno assicurarsi che l'impresa e il direttore dei lavori avessero adempiuto all'incarico affidato. Il completo disinteresse della situazione configura, pertanto», ad avviso dei giudici, «evidente manifestazione di negligenza ed imprudenza, ed una chiara violazione degli obblighi inerenti alle cariche ricoperte» (la Corte rigetta il ricorso dell’imputato, secondo cui «l’avere appaltato i lavori, con consegna delle opere, trasmetteva gli obblighi di custodia e di vigilanza sull’appaltatore, esonerando dal controllo il pubblico committente»).
 
Sulla responsabilità colposa del sindaco per insidia stradale, cfr. Cass., sez. IV, 18/11/1997, Trufini (in Dir. pen. proc., 1998, 1407, con nota di LEONCINI, ed in Riv. pen., 1998, 146): «In relazione all’assetto del territorio comunale, qualora si ravvisi una situazione obiettiva potenzialmente lesiva cui si aggiunga l’elemento subiettivo della imprevedibilità e cioè della impossibilità di evitarla con l’uso della normale diligenza, il sindaco è tenuto a porre rimedio alla situazione di pericolo eliminandone la fonte od anche apprestando adeguate protezioni, ripari, cautele ed opportune segnalazioni fino ad interdire l’uso di strade o di altri spazi con l’esercizio dei poteri ordinatori in via contigibile ed urgente». Nella specie, una persona anziana, sedutasi su di un muretto privo di inferriata, aveva perduto l’equilibrio ed era precipitata nella sottostante via riportando lesioni mortali; e tuttavia, posti i principi di cui sopra, la Corte di legittimità escludeva, in concreto, la responsabilità del sindaco per omicidio colposo, dal momento che la situazione di specie accertata «costituiva un “proprium” dell’assetto urbanistico della cittadina, perfettamente visibile e conosciuto da tutti e dalla stessa parte lesa, anziana e nativa del posto, sicché nessun obbligo il Sindaco aveva a porvi rimedio». 
 
In casi analoghi di difettosa manutenzione di opere comunali, circa l’operatività della delega di funzioni da parte del sindaco, v. con esiti divergenti, nel senso rispettivamente dell’esclusione della responsabilità di questi e del permanere invece di una culpa in vigilando:Cass., 29/9/1989, Auricchio (in Riv. pen., 1990, 777, ed in Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 6), secondo cui «la delega operata dal sindaco nei confronti di un assessore, in quanto delega di poteri pubblici, trasferisce al medesimo tutti i suoi poteri con i connessi obblighi riguardanti il ramo dell’amministrazione che viene delegato» (nella specie, è stata esclusa la responsabilità del sindaco per il delitto di lesioni colpose, subite da un minore caduto da un muro delimitante lavori di scavo per conto del comune); contra, Cass., 5/11/1985, Strizzi (in Riv. pen., 1987, 182, ed in Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 99), secondo cui «è responsabile di un reato colposo, ai sensi dell’art. 43 c.p., il sindaco che, tempestivamente informato di una situazione di pericolo esistente in una piscina comunale in conseguenza dell’accertato danneggiamento della recinzione, con la possibilità che estranei e specialmente bambini vi entrino facilmente, si limiti a dare al tecnico comunale un impersonale ed indiretto incarico a provvedere alle opere necessarie per eliminarla, omettendo di vigilare in prima persona perché le opere delegate siano effettivamente eseguite» (nella specie un bambino di tre anni e mezzo era morto annegato nella piscina, dove era arrivato, passando attraverso un varco, privo di qualsiasi protezione, aperto lungo il muro di cinta della stessa).
 
 
3. Nella costellazione di casi in esame, centrale ai fini della responsabilità è, tradizionalmente, la ricostruzione dell’oggettiva esistenza dell’“insidia”: nella sentenza in commento, l’insidia consiste nel fatto che «il rigonfiamento dell’asfalto non era percepibile se non ad un occhio particolarmente attento, con la conseguenza che esso costituiva un pericolo in concreto riconoscibile, eliminabile solo attraverso un adeguato controllo da parte degli addetti al sistema di manutenzione».
 
In linea generale, secondo una giurisprudenza consolidata, va sotto il nome di insidia (o trabocchetto) «una fonte di pericolo inevitabile con l’uso della normale diligenza», sicché sorge «l’obbligo di eliminare la fonte di pericolo su una pubblica via o di apprestare adeguate protezioni, ripari, cautele od opportune segnalazioni» (Cass., sez. IV, 18/5/2005, Ducci, in Arch. nuova proc. pen., 2006, 76, ed in Arch. circolaz., 2006, 258; nella giurisprudenza di merito, conforme, Trib. Pescara, 9/3/2008, in P. Q. M., 2008, fasc. 1, 94, ed in Foro it., Rep. 2008, voce cit., n. 47); all’inverso, «qualora adottando la normale diligenza che si richiede a chi usi una strada pubblica, la situazione di pericolo sia conoscibile e superabile, la causazione di un eventuale infortunio non può che far capo esclusivamente e direttamente a chi non abbia adottato la diligenza imposta» (Cass., sez. IV, 18/5/2005, cit.)
 
Alcuni esempi: l’insidia stradale è stata riconosciuta nella «presenza di uno scavo non protetto da barriere all’interno di un anello rotatorio aperto al traffico nonostante il mancato completamento dei lavori di realizzazione, in assenza di adeguata segnalazione ed illuminazione» (Cass., sez. IV, 27/4/2006, Frappi, in Arch. Circolaz., 2007, 119, ed in Foro it., Rep. 2007, voce cit., n. 27: nella specie, l’automobilista, immessosi nella rotatoria e perduto il controllo del veicolo, era finito nello scavo, così riportando lesioni di esito mortale); ovvero, in altra ipotesi, in «una interruzione o una soluzione di continuità del piano stradale caratterizzata dall’elemento obiettivo della non visibilità del pericolo e dall’elemento soggettivo dell’imprevedibilità, costituita dall’impossibilità di avvistare in tempo il pericolo medesimo».
 
Insidia esclusa, invece, (continuando con le esemplificazioni) in un caso in cui un bambino di sette anni, circolando a bordo di una bicicletta su di una via pubblica, era uscito, per cause sconosciute, di strada ed era precipitato nell’adiacente, ripida scarpata, priva di segnalazione e separata dalla sede stradale solo da uno stretto ciglio erboso, riportando, per l’urto contro una sottostante recinzione metallica di aree lottizzate, lesioni mortali (v. Cass., sez. IV, 23/6/2004, Santilli, in Arch. circolaz., 2005, 23 e 504); e più in generale nel caso in cui «lo stato di dissesto della strada, oltre a costituire una condizione dell’incidente, sia percepibile con sufficiente anticipo» (Cass., 22/12/1987, Caloni, ivi, 1988, 833, ed in Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 20), con conseguente responsabilità colposa in capo soltanto al conducente del veicolo.
 
 
4. Foriera di estensioni verosimilmente massicce di responsabilità, ma ancora (a quanto consta) isolata, la posizione espressa da Cass., sez. IV, 1/4/2008, Cerri (in Arch. circolaz., 2008,  942, ed in Foro it., Rep. 2008, voce cit., n. 46), secondo la quale l’accertamento della colpa di dirigenti ed amministratori comunali per difettosa manutenzione delle vie pubbliche potrebbe prescindere dall’oggettiva esistenza di insidie o trabocchetti, trovando il suo limite solo nella condotta abnorme della persona offesa, rilevante ai sensi dell’art. 41/2 (ovvero 45) c.p.: «La penale responsabilità del soggetto preposto alla manutenzione di una via pubblica per eventi lesivi dei quali taluno sia rimasto vittima a causa di irregolarità riconducibili a difetto di detta manutenzione non può essere esclusa – ferma restando la possibilità del concorso di colpa da parte dell’interessato – per il solo fatto che trattasi di irregolarità non aventi il carattere di insidia o trabocchetto, ma solo quando l’evento, per le sue connotazioni di abnormità ed eccezionalità, sia riconducibile a caso fortuito, con esclusione, quindi, del nesso di causalità tra esso e la condotta omissiva posta in essere dall’imputato» (nella specie, in applicazione di tale principio, la corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale il giudice di merito aveva assolto dal reato di lesioni colpose il responsabile del servizio di manutenzioni esterne e di polizia municipale di un comune, cui detto reato era stato addebitato in relazione alle lesioni che un ciclista aveva riportato a seguito di una caduta a terra dovuta alla presenza di una buca al centro della carreggiata da lui percorsa).
 
Sottili, ma non trascurabili, le differenze tra tale impostazione e quella tradizionale (di cui al punto 3): una situazione potrebbe non avere i caratteri oggettivi dell’insidia (si pensi ad es. ad una buca visibile), e tuttavia il soggetto passivo potrebbe incorrere in incidente, ponendo in essere una condotta con ogni probabilità disattenta, ma non qualificabile perciò stesso come “abnorme”, od eccezionale (concetti, questi ultimi, oggetto di interpretazioni tradizionalmente assai restrittive sub specie degli artt. 41/2 – 45 c.p.), sicché la colpa di dirigenti e amministratori pubblici locali non sarebbe in linea di principio esclusa.
 
Rilevanti, ad ogni modo, i risvolti politico-criminali connessi alle diverse ricostruzioni in campo. Se da un lato, infatti, il circoscrivere l’ambito di potenziale responsabilità degli organi comunali (politici o tecnici che siano) solo alle fonti di pericolo inevitabili con l’uso di una normale diligenza finisce per riflettere una maggiore valorizzazione del principio di auto-responsabilità della vittima; dall’altro, invece, l’ampliare i confini dell’illecito colposo includendo nell’orbita della responsabilità anche situazioni non aventi il carattere di insidia o trabocchetto, fino al limite della condotta abnorme od eccezionale della persona offesa, si risolve in una maggiore difesa degli interessi degli utenti della strada.