ISSN 2039-1676


05 settembre 2011 |

Sulla rilevanza della sentenza di patteggiamento ai fini della dichiarazione di abitualità  nel delitto ritenuta dal giudice

Annotazione a Cass. pen., sez. I, 25.2.2011 (dep. 16.6.2011), n. 24142, Pres. Di Tomassi, Rel. Mazzei, Ric. Vinotti

La sentenza della Cassazione, che può leggersi in allegato, affronta il problema della rilevanza della sentenza di patteggiamento ai fini della dichiarazione di abitualità nel reato ex art. 103 c.p., nonché della conseguente applicazione della misura di sicurezza detentiva, secondo il combinato disposto degli artt. 109 c.p. e 216 ss. c.p.
 
La questione affrontata dalla S.C. concerne più in particolare, da un lato, l’idoneità della sentenza di patteggiamento a costituire titolo per la dichiarazione di abitualità nel delitto, in considerazione della natura discrezionale della valutazione sottostante a siffatta declaratoria, e, dall’altro, la possibilità per il giudice di applicare le misure di sicurezza detentive che la dichiarazione di abitualità comporta, in deroga all’espresso divieto in tal senso contenuto nell’art. 445 co. 1 c.p.p.
 
La soluzione adottata dai Giudici di legittimità è, per entrambi i profili menzionati, negativa.
 
Prima di dar conto di tale soluzione si rendono peraltro necessari taluni cenni alla vicenda sottoposta al vaglio della S.C. Il giudizio di legittimità si incardinava a seguito del ricorso proposto dalla persona condannata per un delitto non colposo, con una sentenza di patteggiamento, avverso un’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Torino che, confermando in sede di appello una precedente pronuncia del competente Magistrato di sorveglianza, dichiarava il ricorrente - in virtù degli artt. 678 e 679 c.p.p. - delinquente abituale ex art. 103 c.p. e disponeva l’applicazione della misura di sicurezza della colonia agricola o casa di lavoro per due anni, secondo quanto previsto dagli artt. 109 e 216 ss. c.p.
 
La peculiarità della fattispecie in esame risiede nella particolare specie della pronuncia di condanna che ha determinato la dichiarazione di abitualità nel delitto. L’imputato, infatti, già condannato in precedenza per la commissione di due delitti non colposi con sentenze di patteggiamento, veniva nuovamente tratto a giudizio per un delitto non colposo, il quale si definiva con un’ulteriore sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, nella misura della reclusione inferiore a due anni.
 
Il Tribunale di sorveglianza, equiparando la sentenza di patteggiamento ad una pronuncia di condanna ai sensi dell’art. 445 co. 1 bis c.p.p., considerava rilevante tale sentenza ai fini della declaratoria di abitualità ex art. 103 c.p. e della conseguente applicazione della misura di sicurezza ex art. 109 c.p. Secondo i giudici di merito, il rito speciale non doveva impedire gli effetti penali della condanna non espressamente esclusi dall’art. 445 c.p.p. L’art. 445 c.p.p. precludeva solamente la possibilità di applicare misure di sicurezza con una sentenza di patteggiamento irrogante una pena detentiva inferiore a due anni. Nessun riferimento viene infatti ivi operato alla dichiarazione di abitualità nel delitto ed ai suoi effetti penali.
 
Diversamente, la difesa del condannato sosteneva l’illegittimità dell’applicazione dell’art. 103 c.p. alla fattispecie de quo. L’applicazione delle misure di sicurezza conseguenti alla declaratoria di abitualità contrastava con il disposto del comma 1 dell’art. 445 c.p.p., ove espressamente è contemplato il divieto per il giudice, in sede di patteggiamento, di applicare misure di sicurezza quando la pena detentiva irrogata sia inferiore a due anni. Secondo il ricorrente, dunque, la sentenza di patteggiamento non era idonea a determinare la dichiarazione di abitualità e, per l’effetto, l’applicazione della misura di sicurezza inflitta.
 
La Corte di Cassazione, rilevando l’incompatibilità tra la sentenza di patteggiamento e la dichiarazione di abitualità nel delitto ex art. 103 c.p., e della conseguente applicazione delle misura di sicurezza, ha accolto integralmente il ricorso.
 
I Giudici di legittimità hanno precisato che la sentenza di applicazione della pena su richiesta della parti può solamente rilevare come precedente nel computo delle condanne-presupposto della dichiarazione di abitualità nel reato (cfr. Cass. pen., sez. I, 17.04.2008, n. 17296, Bigonzi; Cass. pen., sez. II, 18.10.2005, n. 40813, Olivero). La sentenza di patteggiamento non può invece mai determinare a titolo di ulteriore condanna per delitto non colposo ex art. 103 c.p. - la dichiarazione di abitualità. La sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti non comporta, infatti, un accertamento pieno – in contraddittorio tra le parti - della responsabilità dell’imputato per un fatto di reato, né lascia margini al necessario apprezzamento discrezionale del giudice in merito alla dedizione al delitto dell’imputato richiesta dall’art. 103 c.p. (cfr. Cass. pen., sez. V, 20.01.1994, n. 2082, Guaglianone; Pret. Torino, 10.12.1990; con riferimento all’art. 102 c.p., v. Cass. pen., sez. V, 01.04.2008, n. 19623, Levacovig). Di conseguenza, esula dall’ambito di cognizione del giudice del patteggiamento qualsiasi ulteriore pronuncia che non sia “un effetto automatico dell’applicazione della pena” (cfr. Cass. pen., s.u., 29.11.2005, n. 17781, Sormani), ovvero qualsiasi pronuncia che abbia presupposti delibativi diversi rispetto all’accoglimento dall’accordo delle parti ai sensi dell’art. 444 co. 2 c.p.p. (in tal senso, v. Cass. pen., sez. V, 20.05.2004, n. 27994, Plesescu, alla quale i Giudici di legittimità fanno espresso richiamo).
 
Sulla base di siffatte argomentazioni,la Corte di Cassazione giunge in conclusione ad affermare che la dichiarazione di abitualità nel delitto, postulando una valutazione discrezionale del giudice, deve considerarsi incompatibile con la sentenza di cui all’art. 444 c.p.p. Dall’interpretazione degli artt. 444 co. 2 e 445 co. 1 c.p.p. si deve, perciò, dedurre che è precluso, sia al giudice di cognizione sia al magistrato di sorveglianza, il potere di dichiarare l’abitualità nel delitto (art. 103 c.p.) e la conseguente applicazione della misura di sicurezza detentiva prevista dal legislatore (art. 109 c.p.).
 
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Segnaliamo che con la sentenza annotata la Corte di Cassazione abbandona un precedente indirizzo giurisprudenziale che riteneva invece ammissibile la dichiarazione di abitualità nel delitto con la sentenza di patteggiamento, a condizione che siffatta declaratoria fosse pronunciata senza la conseguente applicazione della misura di sicurezza detentiva (cfr. Cass. pen, sez. IV, 06.07.1994, n. 1015, Nuti; Pret. Tagliacozzo, 27.10.1989, Amicucci; con riferimento all’art. 102 c.p., v. Cass. pen., sez. V, 08.06.1998, n. 3619, Suffré).