19 luglio 2012 |
Le Sezioni unite escludono la legittimità di controlli occulti sulla corrispondenza dei detenuti (e non solo)
Cass., Sez. un., 19 aprile 2012 (dep. 18 luglio 2012), n. 28997, Pres. Lupo, Est. Conti, ric. Pasqua (l'Autorità giudiziaria non può prendere segretamente cognizione della corrispondenza epistolare in applicazione analogica della disciplina delle intercettazioni telefoniche)
1. Poche note essenziali di presentazione, data l'urgenza di mettere a disposizione dei lettori il testo dell'importante sentenza qui pubblicata.
2. Com'è noto il sequestro della corrispondenza epistolare, il cui carattere di riservatezza è tutelato dall'art. 15 Cost. (oltre che dall'art. 8 della Convenzione e.d.u.), è disciplinato in guisa da assicurare la riserva di giurisdizione, specialmente quando interviene presso gli agenti del servizio di recapito (art. 254 e 353, comma 3, c.p.p.).
Garanzie particolari, anche a seguito di ripetuti e notori provvedimenti di condanna assunti dalla Corte e.d.u. nei confronti dell'Italia, sono previste per il controllo sulla corrispondenza dei detenuti (art. 18-ter dell'Ordinamento penitenziario).
Sul piano generale, secondo l'opinione corrente (ed oggi confermata dalle Sezioni unite), l'accesso ai contenuti della corrispondenza, conseguendo in ogni caso ad un sequestro, non può avvenire segretamente, data se non altro la necessità di deposito del relativo verbale, che può essere al più ritardato per un certo periodo di tempo. Anche nei confronti dei detenuti l'effettuazione del controllo non può avvenire in modo occulto: perché la legge prescrive l'apposizione di un visto di controllo sulla corrispondenza esaminata; perché l'eventuale trattenimento della missiva deve essere immediatamente comunicato al detenuto (comma 5); perché, comunque, il detenuto ha diritto di reclamo contro il provvedimento di assoggettamento a controllo (comma 6).
3. Una isolata sentenza della Cassazione, alcuni anni or sono, aveva affermato la tesi della possibile distinzione tra sequestro della corrispondenza e sua intercettazione, da effettuare applicando in via analogica gli artt. 266 segg. c.p.p., e dunque suscettibile di sviluppo senza l'applicazione delle garanzie connesse al sequestro. In particolare si era scritto: « trattasi di un mezzo di prova non specificamente ed autonomamente disciplinato dalla legge processuale che può essere utilizzato sia perché non è oggettivamente vietato sia perché nel caso di specie la prova è stata formata in modo da garantire i diritti fondamentali della persona (...) in effetti in via analogica è possibile utilizzare la procedura prevista per le intercettazioni telefoniche e di comunicazioni di cui agli art. 266 c.p.p. e segg., per la intercettazione di corrispondenza ». Dopo aver notato che nella specie vi era stata una richiesta del pubblico ministero di apertura occulta delle lettere spedite ad un detenuto, cui era seguito un provvedimento autorizzativo del giudice per le indagini preliminari, la Corte aveva escluso la violazione delle norme di garanzia contenute nell'Ordinamento penitenziario, che non si applicherebbero quando l'intercettazione è disposta nell'ambito di una indagine preliminare concernente specifiche notizie di reato (Cass., sez. V, 18 ottobre 2007, n. 3579/08, Costa, in C.E.D. Cass., n. 238902).
In effetti, alcuni mesi prima, la stessa Cassazione aveva giudicato illegittimo un ordine del pubblico ministero di esibire alla polizia giudiziaria la corrispondenza concernente un detenuto, rilevando come si trattasse di una « forma atipica di intercettazione del contenuto della corrispondenza epistolare, con conseguente inutilizzabilità probatoria della corrispondenza per mancanza dell'autorizzazione del giudice (Cass., sez. II, 23 maggio 2006, n. 20228/06, Rescigno, ivi, n. 20228). Non pare, tuttavia, che l'implicazione di quella sentenza fosse l'ammissibilità del ricorso alla procedura di intercettazione. E più volte, in seguito, la Corte aveva ribadito l'illegittimità di ordini giudiziari mirati a prendere cognizione del contenuto della corrispondenza dei detenuti al di fuori delle procedure e senza le garanzie di cui all'art. 18-ter (Cass., Sez. VI, 13 ottobre 2009, n. 47009/09, Giacalone, ivi, n. 245183; Cass., sez. V, 4 febbraio 2010, n. 16575/10, Azoulay, ivi, n. 246870).
4. Le Sezioni unite hanno escluso ogni fondamento della tesi meno garantista, e l'hanno fatto - per ridurre a sintesi la questione - affermando due concetti fondamentali.
Per un verso, non è vero che l'art. 18-ter dell'Ordinamento penitenziario riguardi controlli per così dire « preventivi », e comunque diversi da una « ordinaria » indagine penale (nella quale, per altro, troverebbero applicazione le « ordinarie » norme sul sequestro di corrispondenza). La disposizione, infatti, allude espressamente ad « esigenze attinenti alle indagini o investigative». Per altro verso, è inammissibile la pretesa di estendere in via analogica una disciplina mirata a comprimere diritti fondamentali per i quali l'art. 15 Cost. pone, tra l'altro, una riserva di legge.
Non vi possono essere prove atipiche (ex art. 189 c.p.p.) in materia coperta dalla riserva di legge. Come le Sezioni unite avevano chiarito nella storica sentenza sulle videoriprese in ambito domiciliare privato, le prove atipiche presuppongono la legittima loro assunzione, e dunque l'assenza di un divieto di acquisirle. Quando la compressione di un diritto fondamentale è subordinata all'esistenza di una legge che la consenta, ogni forma di intervento su quel diritto che non sia espressamente prevista deve considerarsi positivamente vietata. Una prova vietata, a differenza di una prova atipica, è « regolata dalla legge » (Cass., Sez. Un., 28 marzo 2006, n. 26795/06, Prisco, ivi, n. 234270).
Ecco dunque un principio di carattere generale, che le Sezioni unite devono enunciare perché costituisce un passaggio per la soluzione della specifica questione loro devoluta: « la disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni (...) non è applicabile alla corrispondenza, dovendosi per la sottoposizione a controllo e la utilizzazione probatoria del contenuto epistolare seguire le forme del sequestro di corrispondenza di cui agli artt. 254 e 353 c.p.p.». Il che implica, naturalmente, la successiva procedura di deposito ed eventualmente di riesame del provvedimento acquisitivo.
Il passaggio successivo è conseguente. Quando si tratti di sequestrare la corrispondenza concernente detenuti, vanno osservate anche le garanzie supplementari apprestate dall'art. 18-ter dell'Ordinamento penitenziario. Tra queste - rileva la Corte - va compresa a norma del comma 5 la immediata comunicazione all'interessato dell'intervenuto controllo, non potendosi dubitare che l'estrazione di copia per fini di documentazione dei contenuti costituisca un pur temporaneo « trattenimento » della missiva (sembra di comprendere, per inciso, che la Corte non abbia inteso assimilare il provvedimento illegittimamente assunto dal pubblico ministero a quello che legittima il « visto di controllo », il quale, come già accennato, dovrebbe essere comunque comunicato al detenuto).
In conclusione, la « intercettazione di corrispondenza epistolare » è attuata in violazione della legge, con la conseguente inutilizzabilità, a norma dell'art. 191 c.p.p., delle risultanze acquisite.