ISSN 2039-1676


12 ottobre 2012 |

La Cassazione e un curioso caso di colpa generica. Ovvero, quando gesticolare in modo scomposto sul marciapiede integra il delitto di lesioni personali colpose

Cass. pen., Sez. IV, 9.2.2012 (dep. 21.6.2012), n. 24993, Pres. Brusco, Rel. Foti, ric. Quercia

Con la sentenza che può leggersi in allegato, la Cassazione ha affrontato un curioso caso di colpa generica, che ha rappresentato l'occasione per tornare a precisare l'irrilevanza dell'abitudine (di ciò che "si usa fare") al fine dell'individuazione delle regole cautelari (attività rispetto alla quale rileva invece ciò che "si deve fare" in una data situazione, e che un agente modello avrebbe fatto. Cfr., tra gli altri, Marinucci, Dolcini, Manuale di diritto penale. Parte generale, IV ed., Milano, 2012, p. 317).

Questo il caso: una donna cammina lungo un marciapiede cittadino, angusto e frequentato, allorché si imbatte in un gruppo di quattro conversanti che impediscono il passaggio. La donna scende dal marciapiede per evitare il gruppo ma, in quel mentre, viene inavvertitamente colpita al volto, in corrispondenza dell'occhio destro, dal dorso della mano di una delle persone, che accompagna la conversazione gesticolando e, in particolare, allargando il braccio. Il colpo provoca alla sfortunata passante delle lesioni personali.

Nel giudizio di primo grado, celebratosi davanti al giudice di pace, l'imputato viene assolto; l'assoluzione viene quindi  confermata dal tribunale, nel giudizio di secondo grado, e motivata sul rilievo che "l'accompagnare con gesti della mano una conversazione è abitudine comune a molte persone e non integra una condotta violatrice di regole cautelari".

La Cassazione ha annullato ai soli effetti civili (art. 622 c.p.p.) la sentenza, impugnata dalla parte civile, dopo aver osservato come "non è la generalizzata diffusione di comportamenti a rendere lecita una condotta...". L'abitudine di accompagnare con i gesti una conversazione, di per sé certamente lecita, perde il carattere di liceità nel momento in cui essa, per le modalità che caratterizzano la gestualità e per il contesto in cui essa si manifesta, rappresenti una violazione delle ordinarie regole di prudenza e diligenza che, comunque e in ogni caso, devono accompagnare qualsiasi comportamento umano. Di guisa che, ove nella richiamata abitudine si rinvengano eccessi, atteggiamenti che violino le ordinarie regole di comportamento, di essi l'autore deve rispondere allorché dagli stessi sia ad altri derivato un danno". Ed infatti, osserva icasticamente la S.C., "la pubblica via non è il salotto di casa; di essa ciascuno ha il diritto di godere ma anche il dovere di lasciarne godere alla generalità dei cittadini, e dunque di rapportare il proprio comportamento al rispetto del diritto altrui".

D'altra parte, osserva la S.C. nel rilevare un vizio della motivazione della sentenza impugnata, il giudice di secondo grado riconosce correttamente che l'evento dannoso può essere addebitato a colui che gesticola solo se, per la particolarità del contesto (sovraffollamento e ristrettezza dello spazio a disposizione), la concitazione o la scompostezza, è prevedibile ed evitabile; senonché, in concreto, il giudice ha del tutto omesso quella verifica, decisiva per "tracciare la linea di demarcazione oltre la quale l'evento dannoso, pur involontariamente prodotto, deve essere addebitato all'agente a titolo di colpa". Ed è una verifica che dovrà essere effettuata nel giudizio di rinvio

Quanto al possibile esito di quel giudizio, va notato come la Cassazione abbia messo in evidenza alcuni elementi fattuali che depongono nel senso della prevedibilità ed evitabilità dell'evento (il carattere angusto del marciapiede, l'affollamento del luogo, la natura scomposta del gesto, tanto duro da provocare delle lesioni). D'altra parte, va altresì notato, il giudice civile (ribadisco: l'annullamento è ai soli effetti civili, con rinvio al giudice civile, ai sensi dell'art. 622 c.p.p.) potrebbe forse tenere in considerazione il possibile concorso di colpa della sfortunata passante, che anzichè chiedere'permesso' è scesa dal marciapiede per tentare il sorpasso dell'invadente gruppo di conversanti.