ISSN 2039-1676


7 gennaio 2013

Caso Unipol: la Cassazione annulla con rinvio la sentenza della Corte d'Appello di Milano

Cass. pen., sez. V, 6 dicembre 2012 (dep. 19 dicembre 2012), Pres. Ferrua, Est. Oldi, Imp. Bonsignore e a.

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1. Con la sentenza qui pubblicata la Suprema Corte si pronuncia per la prima volta nel "caso Unipol", che la nostra Rivista ha seguito con particolare attenzione pubblicando la sentenza del Tribunale e la sentenza della Corte d'Appello.

 

2. Come si rammenterà, il processo concerne il (fallito) tentativo di 'scalata' di BNL ad opera di un gruppo di azionisti guidati da Unipol. Il g.i.p. di Milano aveva rinviato a giudizio complessivamente 21 imputati (tra cui gli amministratori delegati di Unipol consorte e Sacchetti, il suo direttore generale Cimbri, nonché i soggetti apicali di varie società che detenevano partecipazione in BNL, unitamente all'allora governatore della Banca d'Italia Fazio e al suo direttore generale Frasca) per il delitto di manipolazione del mercato cui all'art. 185 t.u.f. (capo A).

I dirigenti di Unipol erano stati altresì rinviati a giudizio per il reato di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, di cui all'art. 2638 c.c., commi 1 e 2, per avere consapevolmente ostacolato le funzioni di vigilanza della Consob (capo B).

Infine, all'amministratore delegato di Unipol Consorte era stato contestato anche il delitto di abuso di informazioni privilegiate di cui all'art. 184 co. 1 lett. b) t.u.f. per avere comunicato a terzi informazioni "price sensitive" relative al tentativo di scalata in corso (capo C).

Di tutti tali delitti erano state chiamate a rispondere anche le persone giuridiche interessate in forza del d.lgs. 231/2011.

 

3. Con sentenza pronunciata il 31 ottobre 2011 il Tribunale di Milano, in chiusura di un lunghissimo dibattimento, dichiarava gli imputati Consorte, Sacchetti, Cimbri, Bonsignore, Caltagirone, Coppola, Ricucci, Ettore e Tiberio Lonati, Statuto e lo stesso governatore Fazio responsabili dei delitti loro rispettivamente ascritti, condannandoli a pene detentive comprese tra tre anni e dieci mesi e tre anni e sei mesi, con relativa responsabilità amministrativa da reato degli enti privati da essi rappresentati e responsabilità civile nei confronti della parte civile Banco di Bilbao, alla quale veniva riconosciuta una provvisionale di quindici milioni di euro. Tutti gli altri imputati venivano assolti.

Il Tribunale riteneva in particolare provato che nel mese di maggio 2005 i tre soggetti apicali imputati di UNIPOL avessero concluso, con gli auspici dell'allora Governatore della Banca d'Italia Fazio, un accordo segreto con gli esponenti del c.d. "contropatto" - ossia con un gruppo di azionisti di minoranza di BNL, i quali secondo la ricostruzione del Tribunale possedevano complessivamente, all'epoca, una percentuale di azioni pari al 24-25% -. In base a tale accordo segreto, il "contropatto" si sarebbe impegnato a non aderire all'offerta pubblica di scambio (OPS) di azioni BNL lanciata nel marzo dello stesso anno dal Banco di Bilbao; contestualmente, le parti si sarebbero accordate affinché UNIPOL e il "contropatto" potessero acquistare congiuntamente un'influenza dominante sulla stessa BNL senza dover passare per il lancio di un'offerta pubblica di acquisto (OPA) contrapposta all'OPS del Banco di Bilbao, che sarebbe divenuta obbligatoria non appena i soggetti legati dall'accordo avessero superato il 30% complessivo delle quote di BNL. Tutti gli azionisti aderenti al patto avrebbero dunque proceduto ad acquisti paralleli di partecipazioni, senza rivelare al mercato l'esistenza del patto, ponendo così in essere una condotta inquadrabile come "altro artificio" ai sensi dell'art. 185 t.u.f.; condotta necessariamente "idonea a provocare una sensibile alterazione del prezzo" degli strumenti finanziari, dal momento che, se il patto parasociale in questione fosse stato reso noto, i paciscenti sarebbero stati tenuti a lanciare un'OPA, e il prezzo degli strumenti finanziari sarebbe stato determinato secondo i criteri legali di cui all'art. 106 t.u.f. anziché secondo le libere dinamiche del mercato.

Secondo la ricostruzione del Tribunale, d'altra parte, gli imputati avrebbero anche fornito informazioni false al mercato, parimenti idonee ad alterare il prezzo degli strumenti finanziari, in particolare fornendo chiarimenti svianti circa le finalità dei propri acquisti, senza rivelare l'esistenza del patto parasociale occulto con gli altri azionisti avente ad oggetto l'acquisizione del controllo della società.

 

4. Con sentenza in data 30 maggio 2012, la Corte d'Appello di Milano riformava in larga parte la sentenza di primo grado, assolvendo tutti gli imputati dall'imputazione di cui al capo A relativa al delitto di manipolazione del mercato e revocando conseguentemente le relative sanzioni amministrative a carico delle società ex d.lgs. 231/2001, nonché le statuizioni civili in favore del Banco di Bilbao. Confermava invece a carico dei soli Consorte e Sacchetti (assolvendo Cimbri) la responsabilità per il delitto sub B (ostacolo alle funzioni di vigilanza della CONSOB), e a carico di Consorte la responsabilità per il delitto sub C (abuso di informazioni priviliegiate), rideterminando conseguentemente le pene a loro carico in quella di un anno e 7 mesi per Consorte e 1 anno e 6 mesi per Sacchetti.

A differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, la Corte non riteneva raggiunta la prova circa la conclusione di un accordo tra Consorte e i c.d. "contropattisti", avente ad oggetto l'impegno di questi ultimi - con gli auspici del governatore Fazio - a non aderire all'OPS del Banco di Bilbao.

In difetto di tale prova, la pur comprovata esistenza di una 'scalata' occulta di BNL da parte di Unipol e di alcune 'banche amiche' non poteva ritenersi sufficiente, ad avviso della Corte, a supportare la condanna degli imputati, in assenza del superamento da parte di Unipol e delle proprie alleate della quota complessiva del 30% delle partecipazioni BNL, superamento che solo avrebbe fatto scattare l'obbligo di lanciare un'OPA in concorrenza con l'OPS del Banco di Bilbao. Affermava in proposito la Corte che i limiti della cognizione del giudice di appello le precludevano di valutare un possibile diverso atteggiarsi del patto rispetto a quanto ritenuto dal Tribunale, e comunque di vagliare se le condotte realizzate dagli imputati (e in particolare gli acquisti di concerto delle azioni BNL da parte di Unipol, delle 'banche amiche' e degli stessi esponenti del contropatto, nonché i comunicati falsi e/o reticenti con i quali Unipol negava l'esistenza di una 'scalata' di BNL in concorrenza con l'OPS del banco di Bilbao) potessero per altra via assumere rilievo ai sensi dell'art. 185 t.u.f.

 

5. Con la sentenza qui pubblicata la S.C. accoglie i gravami del Procuratore generale della Corte d'Appello di Milano e della parte civile Banco di Bilbao, annullando con rinvio i capi della sentenza d'appello relativi alla manipolazione del mercato; e rigetta invece i gravami degli imputati Consorte e Sacchetti, con conseguente conferma dei capi relativi alla loro condanna per i delitti di ostacolo alle funzioni di vigilanza e all'abuso di informazioni privilegiate, che passano così in giudicato.

Dopo avere respinto l'eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Milano, sulla base del rilievo per cui la condotta costitutiva del più grave tra i reati contestati (la manipolazione del mercato) era stata compiuta a Milano, sede del sistema informatico della Borsa di Milano nel quale vengono immessi gli ordini di acquisto, la Cassazione sottolinea come il giudizio della corte territoriale relativo alla carenza di prova del patto occulto - propiziato dal governatore Fazio - tra Unipol e i 'contropattisti', sul quale si era fondamentalmente articolata la sentenza di condanna in primo grado, non sia sindacabile dal giudice di legittimità attraverso una rinnovata valutazione delle emergenze probatorie (p. 12).

Tuttavia, la Corte d'appello ha errato nell'affermare di non poter procedere essa stessa a una valutazione della penale rilevanza delle condotte secondo una prospettiva distinta da quella adottata dal Tribunale, in particolare valutando se tali condotte potessero acquisire rilievo ai sensi dell'art. 185 t.u.f. anche indipendentemente dalla prova dell'originario accordo occulto con i 'contropattisti'.

La S.C. sottolinea, in proposito, come la stessa sentenza impugnata affermi chiaramente la falsità dei comunicati di Unipol a giustificazione dei propri acquisti di azioni BNL, tesi a dissimulare l'esistenza della  'scalata' occulta e ritenuti pertanto dalla Corte territoriale costitutivi del delitto di ostacolo alle funzioni di viglianza di cui all'art. 2638 c.c. La Corte d'appello avrebbe pertanto dovuto valutare se tali false comunicazioni potessero integrare altresì ipotesi di aggiotaggio c.d. informativo ai sensi dell'art. 185 t.u.f., in quanto concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari; così come avrebbe dovuto esplorare la possibilità di una qualificazione nei termini di "altri artifici" per gli acquisti indiretti per interposta persona da parte delle 'banche amiche' di Unipol, in attesa che quest'ultima ottenesse le necessarie autorizzazioni della Banca d'Italia, nonché per le modalità artificiose di acquisto di azioni tramite l'esercizio contestuale di opzioni put e call.

Con riferimento poi alla posizione dei 'contropattisti' e dello stesso Fazio, la Corte territoriale avrebbe parimenti dovuto valutare se - anche in assenza di un loro preventivo vincolo nei termini ipotizzati dal Tribunale - a loro carico potesse equalmente ascriversi, in particolare sulla base di talune intercettazioni menzionate nella stessa sentenza d'appello, un apporto concorsuale alla 'scalata' occulta di BNL da parte di Unipol, nella misura in cui tale 'scalata' sia per l'appunto avvenuta tramite condotte comunque sussumibili entro la previsione dell'art. 185 t.u.f.

Tali valutazioni dovranno essere a questo punto compiute dal giudice del rinvio, la cui decisione - nonostante l'imminente scadenza del termine di prescrizione dei reati in questione - continuerà ad essere rilevante in relazione all'azione risarcitoria promossa dal Banco di Bilbao.  

 

6. Di un certo interesse appaiono, infine, i capitoli dedicati ai delitti di ostacolo alle funzioni di vigilanza e di abuso di informazioni privilegiate, sui quali - come anticipato - la Cassazione chiude la vicenda processuale, confermando le statuizioni della Corte territoriale.

Quanto al primo reato, la S.C. disattende l'assunto difensivo secondo cui la norma sanzionerebbe la violazione dell'obbligo di riferire fatti, non già mere intenzioni, dal momento che nel caso di specie l'addebito consiste nell'avere fornito una falsa spiegazione - a richiesta dell'autorità di controllo - circa le finalità delle proprie condotte: il che certamente configura un 'ostacolo' alle funzioni dell'autorità medesima, ostacolo che non deve avere necessariamente caratteri di insuperabilità e definitività, ma che deve semplicemente rendere più difficoltose le funzioni di controllo.

Quanto al delitto di abuso di informazioni privilegiate, la S.C. riconosce l'errore in cui sono caduti i giudici di merito nell'affermare che la condotta possa avere ad oggetto anche informazioni false: affermazione, questa, incompatibile con il nuovo testo dell'art. 181, co. 3 t.u.f., come novellato dalla legge n. 62/2005, che definisce come "precise" le informazioni riferite a un "complesso di circostanze esistente" o che possano ragionevolmente verificarsi. Nel caso di specie, tuttavia, le informazioni fornite da Consorte all'on. Fassino e al sen. Latorre erano per la quasi totalità vere, ed erano altresì price sensitive, non essendo dubbio che un ragionevole investitore, informato dell'esistenza di trattative ormai in stato avanzato circa l'imminente lancio di un'OPA in contrapposizione ad altra offerta già in atto su un'importante banca, possa trarre da tale informazioni elementi di valutazione circa le proprie decisioni di investimento.