ISSN 2039-1676


28 aprile 2014 |

La Corte di giustizia considera la direttiva europea 2006/24 sulla c.d. "data retention" contraria ai diritti fondamentali. Una lunga storia a lieto fine?

Nota a Corte di giustizia UE, sent. 8 aprile 2013, Digital Rights Ireland Ltd.

Il presente contributo è ora pubblicato nel n. 2/2014 della nostra Rivista trimestrale. Clicca qui per accedervi.

 

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Abstract. L'epocale sentenza della Corte di Giustizia sulla c.d. data retention ha invalidato la direttiva 2006/24, in quanto non compatibile con i limiti imposti dal rispetto del principio di proporzionalità, alla luce degli artt. 7, 8 e 52, par. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Ne consegue che se le norme interne dei singoli Stati, come nel caso italiano, non rispettano gli standards ricavabili dalla sentenza, esse dovrebbero essere disapplicate per contrasto con il diritto europeo. La soluzione più immediata, ma purtroppo ad effetto "locale", vede come protagonista il legislatore nazionale, il quale dovrebbe intervenire ed adattare l'attuale disciplina agli standards elaborati dalla Corte di Giustizia. Sarebbe però maggiormente auspicabile un intervento del legislatore europeo, nell'ambito di una più ampia politica criminale dell'Unione, considerando l'utilità e, spesso, l'indispensabilità della data retention nell'odierna società dell'informazione, in particolare per prevenire e accertare gravi reati lesivi di importanti beni giuridici. 

SOMMARIO: 1. Una premessa necessaria. - 2. I fatti all'origine dei procedimenti principali. - 3. Le questioni pregiudiziali. - 4. La decisione della Corte di Giustizia. - 4.1. La compatibilità della direttiva 2006/24 con gli artt. 7, 8 e 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. - 4.2. L'applicazione del principio di proporzionalità per la tutela del nucleo essenziale dei diritti fondamentali coinvolti. - 5. Conclusioni necessariamente provvisorie e questioni aperte.