ISSN 2039-1676


03 novembre 2014 |

Le Sezioni Unite e i termini per la richiesta di giudizio immediato: un passo in avanti, ma solo a metà 

Nota a Cass. pen., Sez. Un., sent. 26 giugno 2014 (dep. 14 ottobre 2014), n. 42979, Pres. Santacroce, Rel. Cassano

 

1. Le Sezioni Unite della Cassazione, superando l'orientamento largamente prevalente della giurisprudenza, hanno affermato, con la pronuncia in commento, che l'inosservanza dei termini per l'instaurazione del giudizio immediato è rilevabile dal giudice per le indagini preliminari. Le stesse, però, hanno anche specificato che la decisione del g.i.p. non può essere oggetto di ulteriore sindacato da parte del giudice del dibattimento. 

Si tratta di una pronuncia particolarmente attesa, che svolge un'approfondita analisi di tale rito alternativo. Per renderne più agevole la comprensione, appare necessario riassumere i punti fondamentali della vicenda.

Il pubblico ministero presentava richiesta di giudizio immediato custodiale abbondantemente oltre il termine di centottanta giorni, ponendo a fondamento della stessa, fra gli altri, anche alcuni elementi raccolti solo dopo la scadenza del suddetto temine. Il g.i.p., nonostante ciò, accoglieva richiesta. I difensori dell'imputato ne eccepivano quindi la tardività di fronte ai giudici del dibattimento; ma questi rispondevano che i termini previsti per l'instaurazione del rito devono considerasi perentori solo ed esclusivamente in relazione alle indagini volte ad acquisire l'evidenza della prova, mentre non rilevano per le attività istruttorie complementari né per la richiesta del pubblico ministero. Tale interpretazione veniva confermata anche dai giudici di appello.

La difesa dell'imputato proponeva quindi ricorso per cassazione, eccependo nuovamente il fatto che l'istanza di accesso al rito alternativo era stata presentata fuori termine dal pubblico ministero, con conseguente nullità del decreto di giudizio immediato emesso dal g.i.p. In particolare, secondo la difesa, ci si troverebbe di fronte a una nullità a regime intermedio ex art. 178, co. 1, lett. c), c.p.p., vista l'indebita omissione dell'udienza preliminare[1].

 

2. La prima Sezione della Corte di cassazione riteneva tale questione preliminare rispetto a tutte le altre proposte dalla difesa, in quanto idonea a determinare la regressione del processo alla fase dell'udienza preliminare. La Corte rilevava che i giudici di merito avevano seguito l'indirizzo giurisprudenziale consolidato, secondo cui il temine per l'instaurazione del rito immediato avrebbe natura perentoria solo in relazione al completamento delle indagini, mentre per quanto riguarda la materiale presentazione della richiesta avrebbe natura meramente ordinatoria[2].  

I giudici della sezione, tuttavia, ritenevano di non condividere tale interpretazione: il dato testuale non consentirebbe alcuna differenziazione fra il termine per la conclusione delle indagini e quello per la presentazione della richiesta da parte del pubblico ministero; sarebbe contrario al principio di parità delle armi consentire a quest'ultimo di introdurre, a suo piacimento e nei tempi che vorrà, un rito con il quale l'imputato viene privato dell'udienza preliminare; infine, l'interpretazione maggioritaria si porrebbe in contrasto con il principio di ragionevole durata del processo. Rilevato il contrasto di interpretazioni, la questione veniva quindi rimessa alle Sezioni Unite[3]

 

3. Le Sezioni Unite chiariscono che una prima questione da affrontare è quella relativa alla possibilità per il g.i.p. di rilevare l'inosservanza dei termini per la richiesta di giudizio immediato.

Preliminarmente, i giudici riassumono gli aspetti peculiari di tale rito speciale. Si tratta di un procedimento in cui, per esigenze di celerità, viene omessa la fase dell'udienza preliminare a fronte dell'evidenza probatoria; tuttavia - e in ciò il giudizio immediato si distingue da quello direttissimo - l'instaurazione del dibattimento si ha solo all'esito di un vaglio da parte del g.i.p. sulla sussistenza dei presupposti di tale rito.

Il giudizio immediato, inoltre, si distingue da tutti gli altri riti alternativi per la sua «poliedricità strutturale»: ordinario, a richiesta dell'imputato e custodiale[4].

Dal punto di vista dei presupposti, però, in ciascuna di queste ipotesi di giudizio immediato si è cercato di trovare un punto di equilibrio tra tutela dell'obbligatorietà dell'azione  penale e diritto di difesa. Da un lato, infatti, il giudizio può non essere instaurato qualora ciò possa recare un grave pregiudizio alle indagini; da un altro, si deve consentire all'indagato di esporre le sue difese invitandolo a rendere interrogatorio nel caso di giudizio immediato ordinario o comunque si deve aspettare che la misura cautelare abbia raggiunto un certo grado di stabilità per quello custodiale.

In entrambe queste ipotesi di giudizio immediato i presupposti per l'instaurazione del rito sono dunque strettamente collegati tra loro. In quello ordinario si può parlare di evidenza della prova solo qualora si sia consentito alla persona sottoposta alle indagini di illustrare le proprie discolpe tramite l'interrogatorio; inoltre, si instaura una sorta di presunzione di non evidenza probatoria nel caso in cui le indagini durino più di tre mesi[5]. Il termine, peraltro, è utile a segnare la non complessità dell'indagine[6].

Nel giudizio immediato custodiale vi è invece un nesso preciso tra stabilità della misura cautelare e profili probatori: il compendio probatorio, cioè, deve essere tale da rendere superflua la celebrazione dell'udienza preliminare. Le Sezioni Unite a questo punto specificano però che le funzioni e la struttura del procedimento cautelare sono diverse da quelle del giudizio di merito: per tale ragione, l'applicazione della misura cautelare, pur se confermata dal tribunale del riesame, non appare di per sé in grado di escludere la necessità di un vaglio sull'utilità del dibattimento. Di conseguenza, il g.i.p., anche nell'ipotesi di immediato custodiale, non si potrà limitare a un vaglio formale sulla stabilità della misura cautelare, ma dovrà comunque verificare la sussistenza dell'evidenza probatoria[7]

 

4. Le Sezioni Unite iniziano poi ad affrontare il tema dell'omesso rispetto dei termini per l'instaurazione del giudizio immediato, ricordando che gli stessi sono coerenti alla fisionomia di un rito che richiede la non complessità degli accertamenti. Partendo da tale presupposto, la giurisprudenza distingue due ipotesi: quella in cui sia tardiva unicamente la richiesta del pubblico ministero e quella in cui, invece, anche le indagini siano proseguite dopo i termini.

Nel primo caso, secondo la giurisprudenza prevalente, ci si troverebbe di fronte a una mera irregolarità, in quanto il termine per la richiesta, in assenza di un'espressa previsione legislativa in tal senso, non potrebbe considerarsi perentorio[8].

Inoltre, non ci si troverebbe nemmeno di fronte a una  nullità riconducibile alla previsione di cui all'art. 178, co. 1, lett. b), c.p.p., poiché la tardività della richiesta non inciderebbe né sul potere di iniziativa né su quello di partecipazione del pubblico ministero.

Né, infine, la fattispecie sarebbe inquadrabile nell'ipotesi di nullità di cui all'art. 178, co. 1, lett. c), c.p.p.: e ciò perché, tra i presupposti del giudizio immediato, l'unico che disciplina l'intervento della persona sottoposta alle indagini sarebbe quello relativo alla necessità di invitare la stessa a rendere interrogatorio[9]

Nell'ipotesi in cui, invece, le indagini siano proseguite oltre i termini previsti per l'instaurazione del rito, vi sarebbe una violazione della ratio di tale procedimento speciale, che presuppone una particolare celerità. Tuttavia, ciò varrebbe solo qualora gli elementi da cui è possibile desumere l'evidenza probatoria siano stati raccolti dopo la scadenza dei suddetti termini: secondo tale orientamento, cioè, i termini sarebbero perentori solo per le indagini relative all'assunzione di quegli elementi attinenti all'evidenza della prova, e non anche per le attività investigative complementari.

Alla luce di quanto appena esposto, si è affermato in giurisprudenza il principio secondo cui il termine di novanta giorni previsto per l'instaurazione del giudizio immediato ordinario avrebbe natura perentoria solo per quanto riguarda la durata delle indagini da cui deve emergere l'evidenza probatoria, mentre avrebbe natura ordinatoria in relazione alla materiale presentazione della richiesta da parte del pubblico ministero. Principi analoghi sono stati poi affermati in materia di giudizio immediato custodiale.

 

5. Con riguardo al controllo sulla corretta instaurazione del rito - proseguono le Sezioni Unite - la giurisprudenza prevalente ritiene che la valutazione attinente all'evidenza della prova spetti, in via esclusiva, al g.i.p., con la conseguenza che l'ammissione del giudizio immediato sarebbe sempre insindacabile dal giudice del dibattimento. Tra le ragioni poste alla base di tale interpretazione vi è quella secondo cui sarebbe irrazionale, al fine di garantire il diritto di difesa, disporre la regressione del procedimento a una fase, qual è quella dell'udienza preliminare, in cui l'estensione delle prerogative della difesa è certamente inferiore rispetto a quella che si ha durante il dibattimento.

Allo stesso modo, la tardività della richiesta del pubblico ministero non impedisce il diritto di difesa, ma incide solo sull'ammissibilità del rito, la cui valutazione compete esclusivamente al g.i.p. E, d'altra parte, è il decreto emesso da quest'ultimo - e non, invece, la richiesta tardiva - a privare l'imputato dell'udienza preliminare.      

Di conseguenza, così come è precluso qualunque sindacato al giudice del dibattimento sull'evidenza della prova, lo stesso deve dirsi in relazione alla tempestività o meno della richiesta. In tali ipotesi, infatti, se il giudice disponesse la regressione del procedimento, pur non essendo integrata alcuna nullità, ci si troverebbe di fronte a un provvedimento abnorme[10].

 

6. Dalla disciplina dettata dal legislatore si deduce che la tardività della richiesta rileva sia come insussistenza di un presupposto necessario per l'instaurazione del rito, sia come elemento negativo dell'evidenza della prova: per questo deve poter essere rilevata dal g.i.p. D'altra parte, l'enunciato normativo è «univoco nel suo valore e significato precettivo». Il pubblico ministero, quindi, è obbligato ad assumere le proprie determinazioni in merito alle modalità di esercizio dell'azione penale nei termini previsti dalla legge. Deve, conseguentemente, essere contestato quell'indirizzo interpretativo secondo cui, pur in assenza di una previsione normativa in tal senso, sarebbe possibile distinguere tra tempestività degli atti di indagine coessenziali ai fini dell'evidenza della prova rispetto alle altre attività di indagine o alla richiesta del pubblico ministero.

Le Sezioni Unite affermano quindi il seguente principio di diritto: «L'inosservanza dei termini di novanta e centottanta giorni, previsti rispettivamente per la richiesta di giudizio immediato ordinario e per quello cautelare è rilevabile da parte del giudice per le indagini preliminari, attenendo ai presupposti del rito».

 

7. L'ordinamento - proseguono i giudici - prevede un correttivo interno nel caso in cui il giudizio immediato venga richiesto senza che ve ne siano i presupposti, investendo il g.i.p. del dovere di verificarli con attenzione. Nell'economia del rito, il suo ruolo è assolutamente centrale, e per tale ragione si deve ritenere che egli goda di un potere di verifica ampio e penetrante.

Poiché però il decreto emesso dal g.i.p. deve considerarsi un atto endoprocessuale e strumentale alla prosecuzione del processo, si deve ritenere che questo non sia suscettibile di essere sindacato da parte del giudice del dibattimento[11]. Ciò è confermato dal fatto che il suddetto decreto chiude una fase priva di conseguenze per la condanna dell'imputato, i cui diritti di difesa non sono compromessi dall'immediato passaggio al dibattimento.

Tali conclusioni, del resto, sono perfettamente coerenti, non solo con i principi costituzionali (artt. 3, 24, 97, 101, 111 Cost.), ma anche con l'attuale assetto complessivo del processo penale, che conferisce rilievo centrale proprio al dibattimento. Alla luce di ciò, un'eventuale regressione del procedimento sarebbe contraria ai principi del nostro ordinamento processuale, nonché, soprattutto, al prevalente interesse dell'imputato alla celebrazione del giudizio in un tempo ragionevole. Sulle base delle considerazioni appena svolte, le Sezioni Unite affermano il seguente principio di diritto: «La decisione con la quale il giudice per le indagini preliminari dispone il giudizio immediato non può essere oggetto di ulteriore sindacato».

Il ricorso dell'imputato viene conseguentemente dichiarato infondato.

 

8. Riassunta la decisione delle Sezioni Unite, appare ora possibile svolgere qualche breve considerazione.

La sentenza è certamente apprezzabile nella parte in cui afferma il potere del g.i.p. di sindacare la tardività della richiesta del pubblico ministero: come rilevato dalla Corte, il dato letterale, da questo punto di vista, è univoco. Il precedente orientamento che distingueva tra le ipotesi in cui solo la richiesta fosse stata presentata fuori dai termini e quella in cui anche le indagini fossero proseguite nonostante lo scadere degli stessi, invece, non trovava alcun appiglio normativo. Anzi, deve essere sottolineato che le norme in materia di giudizio immediato ordinario, proprio al fine di restringere il campo di applicazione di tale rito alternativo, fanno riferimento al momento dell'iscrizione della notizia di reato e non, come invece affermato da qualche sentenza, all'iscrizione del nome della persona alla quale lo stesso viene attribuito nel registro[12]. Ciò evidenzia ancora di più la volontà del legislatore che tali termini non vengano elusi in alcun modo[13].

Tale interpretazione, inoltre, appare la più coerente con i principi costituzionali: il giudizio immediato ordinario, infatti, priva l'imputato del contraddittorio sull'utilità del dibattimento, ma, al tempo stesso, dovrebbe essere uno strumento utile a garantire la ragionevole durata del processo. È proprio la celerità del rito, intesa non solo come manifestazione di efficienza del sistema, ma anche come garanzia per l'accusato a non essere sottoposto a procedimenti eccessivamente lunghi, a bilanciare la privazione dell'udienza preliminare[14]. Se, però, si consentisse al pubblico ministero di presentare la richiesta anche fuori dai termini, tale ultima funzione ne uscirebbe completamente frustrata, e la privazione dell'udienza preliminare non sarebbe compensata da alcunché.

Considerazioni analoghe valgono anche nel caso di giudizio immediato custodiale, anche se qui, più che la durata delle indagini, rileva quella della misura cautelare[15]: lo scopo di tale rito è infatti, da un lato, quello di far sì che le persone sottoposte a privazione della libertà siano giudicate nel più breve tempo possibile, e, da un altro, di impedire le scarcerazione per scadenza dei termini di fase[16]. Di nuovo, ed anzi a maggior ragione, consentire una richiesta tardiva frustrerebbe la ratio sottintesa a tale rito. Anzi, deve essere rilevato che, da questo punto di vista, forse le Sezioni Unite avrebbero fatto meglio a trattare separatamente il giudizio immediato ordinario e quello custodiale, proprio perché i due termini, in realtà, vogliono soddisfare esigenze diverse tra loro[17].

Ancora, l'interpretazione delle Sezioni Unite fa sì che le parti si trovino in una posizione di parità: infatti, la possibilità per il pubblico ministero di presentare la richiesta di giudizio immediato anche dopo la scadenza dei termini, faceva sì che la persona sottoposta alle indagini si trovasse con una sorta di "spada di Damocle" pendente sul capo, cosa che consentiva all'organo requirente di poter fruire di un indebito strumento di "pressione", certamente non previsto dalla legge processuale[18].

Deve essere notato, quindi, che a seguito della decisione in commento, lo «spatium deliberandi» del pubblico ministero in ordine alle proprie determinazioni su quale sia la strada migliore da seguire dal punto di vista processuale viene sensibilmente ridotto[19] (e, in concreto, finisce per ridursi anche il tempo utile per raggiungere l'evidenza probatoria). Tuttavia, deve condividersi l'idea di chi ha ritenuto ragionevole che anche le scelte dell'organo requirente, così come quelle della difesa, siano sottoposte a termini precisi in merito alla possibilità di accedere ai riti alternativi[20].

 

9. Desta invece qualche perplessità l'affermata insindacabilità del decreto di giudizio immediato emesso dal g.i.p. a seguito di una richiesta tardiva da parte del pubblico ministero.

È pacifico che non ci si trova di fronte a una decadenza, che, in base al principio di tassatività, avrebbe dovuto essere espressamente prevista[21].

Ci si potrebbe però chiedere, come hanno fatto alcuni interpreti[22], se la tardività della richiesta costituisca una causa di inammissibilità della stessa, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Anche in questo caso, però, si ritiene che la risposta debba essere negativa: ciò perché, come già detto,  nessuna norma prevede espressamente la decadenza[23]; il vizio non è relativo alla richiesta del pubblico ministero, quanto piuttosto al decreto emesso da g.i.p.[24]; inoltre, secondo alcuni, qualora la tardività venisse eccepita nel corso dei gradi di giurisdizione ulteriori, l'interesse per lo svolgimento dell'udienza preliminare verrebbe meno per l'ormai avvenuta celebrazione del dibattimento[25]

La legge processuale, in effetti, nel caso di richiesta tardiva del pubblico ministero si limita a tratteggiare un potere di rigetto da parte del g.i.p.: ma ciò non significa che il superamento dei termini non comporti alcuna forma di invalidità, poiché ci si potrebbe comunque trovare di fronte a un'ipotesi di nullità di ordine generale[26]. In dottrina, sul punto, sono state prospettate diverse teorie: secondo alcuni ci si troverebbe di fronte a una nullità ex art. 178, co. 1, lett. b), c.p.p; per altri, invece, si ricadrebbe nell'ipotesi di cui alla lettera c).

La prima ipotesi deve però essere scartata, in quanto, effettivamente, anche di fronte a una richiesta tardiva, non si può negare la sussistenza dell'iniziativa da parte del pubblico ministero[27]: da questo punto di vista, la dottrina ha distinto chiaramente tra presupposti del rito e modalità di esercizio dell'azione penale[28].

Più complesso il discorso relativo alla nullità di cui all'art. 178, co. 1, lett. c), c.p.p. In un primo momento, gli interpreti avevano prospettato addirittura una nullità assoluta per omessa citazione dell'imputato, in quanto questi non avrebbe potuto usufruire dell'udienza preliminare[29]; ma tale interpretazione non ha retto, poiché, a ben guardare, una citazione vi è - sia pure per il dibattimento - e si ha proprio con la notifica del decreto che dispone il giudizio immediato.

Buona parte degli interpreti ha dunque prospettato l'ipotesi di una nullità intermedia: l'ingiustificata omissione dell'udienza preliminare comporterebbe infatti una lesione al diritto di intervento dell'imputato.

Si tratta proprio della tesi sposata dalla difesa nel caso in esame: ma, come visto, la stessa non è stata accolta, in quanto, ad avviso delle Sezioni Unite, l'unica ipotesi di nullità del decreto di giudizio immediato è quella che si ha nel caso in cui questo venga emesso nonostante il mancato invito a presentarsi per l'interrogatorio. Ciò perché solo questo, tra i diversi presupposti del rito speciale, sarebbe inerente all'intervento della persona sottoposta alle indagini[30]. Inoltre, la regressione del procedimento non soddisferebbe, in concreto, le esigenze difensive dell'imputato (salvo, secondo alcuni, quelle di carattere meramente dilatorio[31]): egli potrebbe ben difendersi nel merito nel dibattimento, che nel volto attuale del processo penale svolge, indiscutibilmente, il ruolo centrale. Quindi, concludono i giudici, dovrebbe ritenersi abnorme il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento imponesse la regressione del procedimento dopo aver rilevato la tardività della richiesta del pubblico ministero[32].

La soluzione prospettata dalla Corte appare però opinabile.

Come detto, tramite il giudizio immediato (sia esso ordinario o custodiale) si giunge a un compromesso tra diritti di difesa e ragionevole durata del processo. È unicamente alla luce di quest'ultima che può essere giustificata la privazione del contraddittorio sull'utilità del dibattimento. Nel caso di giudizio immediato introdotto a seguito di una richiesta tardiva, invece, ci si trova semplicemente di fronte a un'ingiustificata e gratuita compressione del diritto di difesa, che, come rilevato dalla dottrina, comporta certamente una nullità ex art. 178, co. 1, lett. c), c.p.p.: la lesione al diritto di intervento dell'imputato all'udienza preliminare, infatti, non sembra poter essere messa in discussione. E le argomentazioni addotte dalle Sezioni Unite non sembrano sufficienti a convincere del contrario. Non basta dire che l'unico presupposto del rito inerente all'intervento della persona sottoposta alle indagini sia l'invito a presentarsi a rendere interrogatorio: tale affermazione non tiene conto del fatto che la nullità di cui si discute non è relativa tanto alla richiesta del pubblico ministero, quanto piuttosto al decreto emesso dal g.i.p.: è da tale provvedimento, infatti, che discende la violazione del diritto di intervento dell'imputato.

Il fatto che lo stesso possa difendersi pienamente nel merito durante il dibattimento, poi, appare del tutto inconferente. Le Sezioni Unite, sul punto, assimilano il vaglio sulla tardività della richiesta a quello relativo all'evidenza della prova; ma si tratta di due aspetti che, pur collegati, devono restare distinti tra loro. Il giudice del dibattimento, infatti, non può tornare sulla valutazione di evidenza probatoria per una ragione pratica, data dal fatto che ciò sarebbe possibile solo alla fine dell'istruttoria dibattimentale: più logico quindi che tale aspetto resti assorbito nella decisione di merito[33]. Inoltre, in relazione a tale aspetto, vale la pena di notare il rischio che il pubblico ministero si assume in caso di errata valutazione sull'evidenza della prova da parte del g.i.p.: da essa può infatti derivare l'affermazione di infondatezza dell'accusa in dibattimento[34].

Del tutto diversa l'ipotesi di decreto di giudizio immediato emesso nonostante l'intempestività della richiesta, poiché il giudice del dibattimento potrebbe rilevare facilmente il vizio fin da subito. Non solo: all'errore del g.i.p., in questo caso, non consegue alcun rischio per il pubblico ministero, mentre invece all'imputato viene ingiustamente sottratto il diritto all'udienza preliminare.

 

10. Prima di concludere, vale la pena di sottolineare un'ulteriore affermazione delle Sezioni Unite relativa ai presupposti del giudizio immediato, e in particolare di quello custodiale. Secondo le stesse, infatti, anche in questa ipotesi il g.i.p. dovrebbe verificare l'evidenza probatoria: l'applicazione di una misura cautelare, in sé, non sarebbe infatti in grado di escludere l'utilità di un vaglio critico circa la sostenibilità dell'accusa in dibattimento.  

Pur trattandosi di un'affermazione incidentale, la stessa, vista l'autorità della fonte, appare di chiaro interesse.

Ciò perché, come noto, secondo una buona parte degli interpreti[35], il g.i.p., nel caso di immediato custodiale, non potrebbe valutare nel merito l'evidenza della prova, ma dovrebbe solo svolgere una verifica formale sulla stabilità e sull'attualità della misura.

Tale tesi, però, è stato sottoposta a una serrata critica da parte di alcuni autori[36] - che anzi hanno paventato l'incostituzionalità del giudizio immediato custodiale in questo punto[37] - poiché la stessa si baserebbe su una indebita inversione nel rapporto tra procedimento di merito e procedimento cautelare, solitamente impermeabili l'uno all'altro. Non solo, questa soluzione non terrebbe conto del fatto che la valutazione di evidenza della prova e quella di gravità indiziaria non solo sarebbero tra loro differenti, ma farebbero anche riferimento a dei "panieri" probatori radicalmente diversi tra loro (pur non potendosi negare, anche da parte di chi sostiene tale tesi, che in alcuni casi gli stessi possano in concreto coincidere[38]).

Va però detto che voci autorevoli hanno sostenuto che le valutazioni di evidenza probatoria e di gravità indiziaria sono sì diverse, ma nel senso che la seconda richiede uno standard probatorio certamente maggiore di quello richiesto per il rinvio a giudizio, per il quale sono sufficienti elementi idonei a sostenere l'accusa in dibattimento. Inoltre, si deve sottolineare che il procedimento applicativo di una misura cautelare consente un pieno contraddittorio, pur se differito[39], mentre il giudizio immediato ordinario, solitamente, non consente alcun contraddittorio antecedente alla decisione del g.i.p. sulla richiesta del pubblico ministero, salva la possibilità di presentare memorie ex art. 121 c.p.p.

Chi scrive ritiene che tali ultime osservazioni siano condivisibili, e che quindi, anche in relazione a questo punto, le Sezioni Unite abbiano forse errato nell'equiparare il giudizio immediato ordinario a quello custodiale: in questo modo, infatti, non si tiene debitamente conto di quella «poliedricità strutturale» sottolineata proprio all'inizio della sentenza, e che contraddistingue il rito immediato da tutti gli altri riti alternativi.

 

11. Nella decisione in esame, come visto, vi sono luci e ombre. La decisione va certamente apprezzata nella parte in cui supera un orientamento oramai consolidato: le Sezioni Unite hanno svolto una severa e convinta autocritica[40].

Persuasiva anche l'analisi del legame tra i vari presupposti del giudizio immediato ordinario, che si intrecciano strettamente tra di loro: solo valorizzando questo aspetto è infatti possibile comprendere come un rito che priva l'imputato dell'udienza preliminare e dell'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p. possa comunque essere compatibile con il nostro ordinamento processuale. Da questo punto di vista, è fondamentale che venga garantita la ragionevole durata del processo, ed è per questo che la richiesta del pubblico ministero deve necessariamente essere presentata nei termini previsti dal legislatore.

Proprio alla luce di quanto appena detto, però, si ritiene che la sentenza avrebbe dovuto proseguire rilevando che l'ingiustificata omissione dell'udienza preliminare comporta una violazione del diritto di intervento dell'imputato e, conseguentemente, una nullità a regime intermedio. Così invece non è stato: le Sezioni Unite, dunque, hanno sì fatto un passo in avanti, ma solo a metà.

Tuttavia, deve essere anche rilevato che, nella fisiologia del sistema, il g.i.p. dovrebbe sempre essere facilmente in grado di rilevare la tardività della richiesta[41]: e, a seguito della pronuncia in commento, in tal caso non potrà che rigettarla. Anzi, proprio la consapevolezza che l'imputato non potrà disporre di ulteriori rimedi in caso di errore dovrebbe spingere il g.i.p. a compiere il proprio vaglio con particolare scrupolo.

D'altra parte la sentenza in esame si fa apprezzare proprio nella parte in cui sottolinea l'importanza del g.i.p. quale organo di garanzia. Il giudizio immediato, infatti, si pone a metà strada tra il giudizio direttissimo e quello ordinario proprio perché ci si trova sì di fronte a un'evidenza probatoria, ma non qualificata (diversa, cioè, dai casi di flagranza e di confessione). Proprio per tale ragione si è reso necessario prevedere per questo rito - a differenza che nel direttissimo - un controllo giurisdizionale prima del passaggio al dibattimento, pur se molto semplificato rispetto a quello previsto per il giudizio ordinario[42]. Chiaramente, il ruolo del g.i.p. verrebbe del tutto svuotato se non potesse sindacare la tardività della richiesta: da questa, come detto, potrebbe infatti dedursi una presunzione di non evidenza della prova o comunque di complessità delle indagini.

E, a ben guardare, è probabilmente per la stessa ragione che le Sezioni Unite hanno affermato il potere del g.i.p. di sindacare l'evidenza della prova anche nell'ipotesi di giudizio immediato custodiale. Tale aspetto della decisione, come detto, è opinabile; tuttavia, non si può negare che esso esalti il ruolo di garanzia del g.i.p. rispetto alla possibile esclusione dell'udienza preliminare e del contraddittorio sull'utilità del dibattimento.

 

 


[1] In dottrina, esprimono l'idea che l'omissione dell'udienza preliminare conseguente a una richiesta tardiva di giudizio immediato comporti una nullità a regime intermedio in base all'art. 178, co. 1, lett. c), c.p.p. T. Bene, Il giudizio immediato, Napoli, 2000, p. 185; G. Canzio, I procedimenti speciali a seguito delle novelle legislative e degli interventi della Corte costituzionale, in Cass. pen., 2002, p. 1408; F. Cordero, Procedura penale, 9ᵃ ed., Milano, 2012, p. 1070; G. Dean, Sul rispetto del termine per l'instaurazione del giudizio immediato, in Giur. it., 1992, II, c. 527; A. Marandola, Dies a quo e dies ad quem del rito immediato: i discutibili orientamenti della Cassazione, in Dir. pen. proc., 2007, p. 383; Ead., Violazione del termine di 90 giorni per il rito immediato e nullità del decreto di rinvio a giudizio, ivi, 2002, p. 1013; P. Rivello, voce Giudizio immediato, in Enc. dir., Annali, II, Milano, 2010, p. 476; F. Siracusano, voce Giudizio immediato, in Dig. disc. pen., Agg. V, Torino, 2010, p. 411;  L. G. Velani, Problemi vecchi e nuovi a proposito della richiesta di giudizio immediato, in Giur. merito, 2002, p. 1333. 

[2] Orientamento nettamente prevalente fino all'intervento delle Sezioni Unite: fra le tante, Cass., sez. I, 26 ottobre 2010, n. 45079, in C.E.D. Cass., n. 249006; Cass., sez. VI, 20 ottobre 2009, n. 41038, in Cass. pen., 2010, p. 1349; Cass., sez. III, 4 ottobre 2007, n. 41579, ivi, 2008, p. 4263; Cass., sez. I, 27 maggio 2004, n. 26305, ivi, 2005, p. 887; Cass., sez. I, 4 luglio 2003, n. 32722, ivi, 2004, p. 2911; Cass., sez. III, 26 settembre 1995, Pellegrino, ivi, 1997, p. 112; Cass., sez. VI, 8 ottobre 1992, Esposito, in Giur. it., 1994, II, c. 354. 

[3] L'ordinanza di rimessione (Cass., sez. I, ord. 5 novembre 2013, n. 14744) è pubblicata in questa Rivista, con nota di A. Cabiale, Al vaglio delle Sezioni unite la natura dei termini per la richiesta di giudizio immediato: un'inaspettata autocritica da parte della Cassazioneri.

[4] In dottrina, ha rilevato l'«estrema poliedricità strutturale e funzionale» del rito F. Siracusano, voce Giudizio immediato, cit., p. 402.

[5] Così, in dottrina, A. Gaito, Il giudizio direttissimo e il giudizio immediato, in I giudizi semplificati, Padova, 1989, p. 200.

[6] Per tale opinione si veda G. Illuminati, Il giudizio immediato, in Giust. pen., 1989, III, c. 712. 

[7] In giurisprudenza, di recente, Cass., sez. II, 27 marzo 2014, n. 19666, in C.E.D. Cass., 259815; contra, ad esempio,  Cass., sez. II, 1 luglio 2009, n. 38727, in Cass. pen., 2010, p. 1345.

[8] In dottrina, per tale opinione, v. G. Illuminati, Il giudizio immediato, cit., c. 714.

[9] Per tali argomentazioni, si veda, per tutte, Cass., sez. III, 26 settembre 1995, Pellegrino, cit.

[10] In giurisprudenza, in tal senso, v. Cass., sez. I, 10 aprile 2001, n. 24617, in Cass. pen., 2003, p. 3099. Contra Cass., sez. VI, 31 gennaio 2003, n. 8878, ivi, 2004, p. 1299.

[11] Le Sezioni Unite rilevano a questo punto come anche la Corte costituzionale abbia affermato, in passato, che nessuna norma consente al giudice del dibattimento di sindacare la valutazione del g.i.p. in merito all'ammissibilità del giudizio immediato: v. ord. 14 dicembre 1992, n. 482, in Giur. Cost, 1992, p. 4357.

[12] Sul tema, anche per ulteriori riferimenti dottrinali e giurisprudenziali, v. A. Marandola, Dies a quo e dies ad quem del rito immediato: i discutibili orientamenti della Cassazione, cit., p. 378.

[13] Per tale considerazione, v. T. Bene, Il giudizio immediato,  cit., p. 179; F. Giunchedi, Questioni irrisolte e prospettive di riforma del giudizio immediato «tipico», in Giur. it., 2002, p. 1114; G. Illuminati, Il giudizio immediato, cit., c. 712; A. Marandola, In tema di richiesta «tardiva» di giudizio immediato da parte del pubblico ministero, in Cass. pen., 1997, p. 117.

[14] Nel giudizio immediato, insomma, i principi posti dall'art. 111 Cost. raggiungono un diverso equilibrio tra di loro, ma non si può negare che il rito sia compatibile con la Costituzione e con i principi di un processo penale di stampo accusatorio, proprio perché questo non richiede sempre e necessariamente un controllo in contraddittorio sull'utilità del dibattimento. Ciò, però, vale purché tale sacrificio sia compensato da un qualcosa, che nel giudizio immediato è dato proprio dalla ragionevole durata del processo. Sul punto, ampiamente e anche per ulteriori riferimenti di tipo storico e comparativo, T. Bene, Il giudizio immediato, cit., pp. 127 e ss.

[15] Il termine, nel caso di giudizio immediato custodiale, non è legato a esigenze investigative, quanto piuttosto alla volontà di accelerare i procedimenti con imputati detenuti (P. Spagnolo, La natura del termine di presentazione della richiesta di giudizio immediato per gli imputati in custodia cautelare, in Cass. pen., 2010, p. 1351). Ciò si vede in modo evidente dal fatto che i due termini iniziano a decorrere in momenti radicalmente diversi, e nel caso di immediato custodiale potrebbero iniziare a decorrere a indagini pressoché concluse (M. Bargis, La scelta del rito nel processo penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, p. 1063). Le Sezioni Unite, dunque, avrebbero forse fatto bene a distinguere meglio tra le due ipotesi di giudizio immediato.

[16] Sulla ratio del giudizio immediato custodiale, v. R. Bricchetti - L. Pistorelli, Giudizio immediato per chi è già in carcere, in Guida dir., 2008, n. 23, p. 78; C. Di Bugno, Commento all'art. 2 del D.L. 23.5.2008 (sicurezza pubblica), in Leg. pen., 2009, p. 151; P. Tonini, Considerazioni sul giudizio immediato custodiale, in Dir. pen. proc., 2010, p. 1393.

[17] Si vedano le considerazioni di cui alla nota 15.                   

[18] Si veda A. Cabiale, Al vaglio delle Sezioni unite la natura dei termini per la richiesta di giudizio immediato: un'inaspettata autocritica da parte della Cassazione, cit., p. 3. Rileva che la possibilità di richiedere il giudizio immediato anche dopo la scadenza dei termini (magari compiendo nel frattempo indagini integrative) fornisce al pubblico ministero la possibilità di usufruire di diverse alternative dal punto di vista "strategico" A. Marandola, Le iniziative del pubblico ministero: tra strategie procedimentali e insindacabili discrezionalità, in Dir. pen. proc., 2011, pp. 1304-1305.  Più in generale, sulla discrezionalità del pubblico ministero nella scelta di procedere o meno con giudizio immediato, v. M. Bargis, La scelta del rito nel processo penale, cit., pp. 1055 e ss.

[19] Ritiene utile la possibilità di fornire un certo «spatium deliberandi» al pubblico ministero L. Varanelli, Il giudizio immediato, in I procedimenti speciali, a cura di A. Bassi - C. Parodi, Milano, 2013, p. 702.

[20] Per tale considerazione A. Cabiale, Al vaglio delle Sezioni unite la natura dei termini per la richiesta di giudizio immediato: un'inaspettata autocritica da parte della Cassazione, cit., p. 3.

[21] Per tutti G. Dean, Sul rispetto del termine per l'instaurazione del giudizio immediato, cit., c. 523.

[22] Si pongono tale quesito, in dottrina, G. Dean, Sul rispetto del termine per l'instaurazione del giudizio immediato, cit., c. 527; A. Marandola, In tema di richiesta «tardiva» di giudizio immediato da parte del pubblico ministero, cit., p. 118. Sul tema v. anche V. Maffeo, I vizi dell'azione tra nullità e inammissibilità, cit., p. 240. Propende in modo deciso per l'inammissibilità A. Gaito, Presupposti del giudizio immediato e processo equo, in Dir. pen. proc., 2011, p. 533.

[23] Così, autorevolmente, F. Cordero, Procedura penale, cit., p. 1070.

[24] Tale argomento, accolto anche dalle Sezioni Unite, è stato espresso in dottrina da A. Marandola, Dies a quo e dies ad quem del rito immediato: i discutibili orientamenti della Cassazione, cit., p. 383.

[25] È l'opinione espressa da T. Bene, Il giudizio immediato, cit., p. 185; v. anche G. Illuminati, Il giudizio immediato, cit., c. 714. Contra, pur riferendosi al giudizio direttissimo, A. De Caro, Il giudizio direttissimo, Napoli, 1996, p. 195.

[26] Sul punto, v. G. Dean, Sul rispetto del termine per l'instaurazione del giudizio immediato, cit., c. 523; G. Illuminati, Il giudizio immediato, cit., c. 714; A. Marandola, In tema di richiesta «tardiva» di giudizio immediato da parte del pubblico ministero, cit., p. 115; Ead., Violazione del termine di 90 giorni per il rito immediato e nullità del decreto di rinvio a giudizio, cit., p. 1013.

[27] Così T. Bene, Il giudizio immediato, cit., p. 185; G. Illuminati, Il giudizio immediato, cit., c. 714.

[28] Si veda P. Rivello, voce Giudizio immediato, cit., p. 474; contra V. Maffeo, I vizi dell'azione tra nullità e inammissibilità, in Cass. pen., 1997, p. 241.

[29] Per tale opinione si vedano gli autori citati alla nota 1.

[30] Che l'omissione dell'invito a presentarsi per l'interrogatorio comporti una nullità a regime intermedio è conclusione pacifica sia in dottrina che in giurisprudenza. Sia quindi sufficiente il rinvio a P. Rivello, voce Giudizio immediato, cit., p. 474, anche per ulteriori riferimenti.

[31] Lo rileva G. Illuminati, Il giudizio immediato, cit., c. 714.

[32] Si veda Cass., sez. I, 10 aprile 2001, n. 24617, cit. Ovviamente, nemmeno il g.i.p. può tornare sulla propria decisione una volta che abbia ammesso il rito: deve quindi considerarsi abnorme il provvedimento con cui lo stesso, una volta emesso il decreto di giudizio immediato, ne disponga in un momento successivo la nullità, ordinando conseguentemente la restituzione degli atti al pubblico ministero (così P. Rivello, voce Giudizio immediato, cit., p. 480: in giurisprudenza, Cass., sez. VI, 19 ottobre 2000, n. 3860, in Cass. pen., 2002, 2146).

[33] Come rilevato da T. Bene, Il giudizio immediato, cit., p. 184; P. Rivello, voce Giudizio immediato, cit., p. 472  

[34] «Se la prova risulta insufficiente, l'imputato non può che venire assolto, e ciò anche, com'è ovvio, qualora un simile esito dipenda da un errore del pubblico ministero e del giudice per le indagini preliminari sulla consistenza degli elementi raccolti per il giudizio immediato». Cosi G. Illuminati, Il giudizio immediato, cit., c. 714.

[35] In giurisprudenza v. Cass., sez. II, 1 luglio 2009, n. 38727, cit.

[36] Sul tema, ampiamente, F. Siracusano, voce Giudizio immediato, cit., pp. 418 e ss. V. anche P. Spagnolo, La natura del termine di presentazione della richiesta di giudizio immediato per gli imputati in custodia cautelare, cit., pp. 1352 e ss.

[37] Si vedano le argomentazioni svolte da E. Amodio - N. Galantini, Sull'incostituzionalità del giudizio immediato custodiale, in Dir. pen. cont. - Rivista Trimestrale, n. 3, 2013 , pp. 46-47.

[38] F. Siracusano, voce Giudizio immediato, cit., p. 419; P. Spagnolo, La natura del termine di presentazione della richiesta di giudizio immediato per gli imputati in custodia cautelare, cit., p. 1353.

[39] Per tali argomentazioni si veda P. Tonini, Considerazioni sul giudizio immediato custodiale, cit., p. 1398. Deve essere ricordato che deriva proprio da una proposta dell'Autore l'introduzione di tale nuova forma di rito immediato: v. P. Tonini - C. Conti, Custodia cautelare e struttura del processo: come perseguire una ragionevole durata, in Dir. pen. proc., 2003, p. 370. 

[40] Così A. Cabiale, Al vaglio delle Sezioni unite la natura dei termini per la richiesta di giudizio immediato: un'inaspettata autocritica da parte della Cassazione, cit., p. 3.

[41] Come rileva G. Illuminati, Il giudizio immediato, cit., c. 713.

[42] Sul punto, sia sufficiente il rinvio a P. Rivello, voce Giudizio immediato, cit., p. 469; F. Siracusano, voce Giudizio immediato, cit., p. 400.