24 dicembre 2015 |
Anche nell'omicidio preterintenzionale il criterio di imputazione dell'evento è la colpa in concreto? Una pronuncia della Corte d'assise di Reggio Emilia
Corte d'assise di Reggio Emilia, sent. 12 gennaio 2015, Pres. Caruso, Est. Ramponi
1. La sentenza qui segnalata ha ad oggetto un caso di omicidio preterintenzionale in cui all'imputato viene contestato il reato di cui all'art. 584 c.p., per aver colpito con una manata al volto un ragazzo - evidentemente ubriaco e con cui aveva appena avuto una "discussione" - il quale, cadendo a terra e sbattendo la testa sull'asfalto, si procura un trauma cranico che ne comporta il decesso.
2. La Corte, accertata senza problemi di sorta l'esistenza del nesso causale tra l'evento letale e la condotta violenta dolosa (in questo caso consumata, ma che i giudici precisano dover essere quanto meno "tentata"[1]), si sofferma sul criterio di imputazione della responsabilità per l'evento-morte, prendendo le distanze tanto dall'orientamento secondo cui l'unico elemento soggettivo da accertare in relazione al delitto preterintenzionale sarebbe costituito dal mero dolo di percosse o lesioni, essendo l'evento-morte imputabile all'agente a titolo di responsabilità oggettiva[2]; quanto dall'indirizzo - più recente (ma, nei risvolti pratici, non dissimile dal precedente) - secondo cui la prevedibilità dell'evento-morte verrebbe assorbita nell'intenzione di risultato del delitto contro la persona, essendo il rischio dell'evento omogeneo più grave insito nel danno o nel pericolo che si arreca con gli atti diretti a percuotere o ledere (tesi dell'unicità dell'elemento psicologico della preterintenzione)[3].
La Corte dichiara di accogliere il diverso orientamento che vede nell'omicidio preterintenzionale un'ipotesi di dolo misto a colpa, da accertare secondo i criteri delineati nel 2009 dalle Sezioni Unite in relazione all'art. 586 c.p. nella nota sentenza Ronci, i cui principi vengono dai giudici di Reggio Emilia ritenuti applicabili anche alla fattispecie di cui all'art. 584 c.p.[4].
3. Così, la Corte - pur giungendonel caso concreto ad una sentenza di condanna - motiva la decisione ancorando la responsabilità dell'imputato - non già ad una colpa specifica consistente nella violazione della stessa legge penale incriminatrice delle percosse o delle lesioni[5] - ma ad una colpa generica[6], consistente nella prevedibilità ed evitabilità in concreto dell'evento letale, per accertare la quale la Corte ritiene doveroso valorizzare anche profili di "personalizzazione del rimprovero", verificando l'esigibilità da parte dell'agente dell'osservanza del dovere di diligenza[7]. Una colpa da accertare nei suoi requisiti ordinari, eventualmente anche graduabile; il che - a parere della Corte - può comportare forme di rimprovero a gravità crescente, rispettivamente definite come 'dolo misto a colpa incosciente', 'dolo misto a colpa cosciente' e 'dolo misto a colpa con previsione in concreto', a cui corrispondono le dovute conseguenze in ordine alla commisurazione della pena.
La pronuncia si segnala dunque per un particolare sforzo argomentativo volto ad offrire un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma di cui all'art. 584 c.p., così da condurla all'interno di canoni di legittimità relativi al principio di colpevolezza insito nell'art. 27 Cost., come interpretato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 364 e 1085 del 1988[8]. Canoni rispetto ai quali la giurisprudenza di legittimità, in tema di omicidio preterintenzionale - a differenza di quanto è avvenuto in relazione all'art. 586 c.p. e ad altri 'residui' di responsabilità oggettiva - si mostra ancora renitente.
4. Degno di nota, infine, è il breve passaggio della sentenza nel quale si accenna alla questione relativa ai requisiti della legittima difesa con particolare riferimento alla struttura del delitto preterintenzionale. La Corte esclude che nel caso di specie sussistano gli estremi della scriminante, ma tiene a precisare che tanto il requisito della necessità quanto quello della proporzione sono da valutare con riferimento non già all'offesa alla vita, ma all'offesa all'incolumità personale o all'integrità fisica lese o messe in pericolo dagli atti diretti a ledere o percuotere, in quanto tali elementi vanno apprezzati ex ante (in relazione alla situazione e alle circostanze di fatto esistenti al momento della condotta) e la reazione difensiva è configurata dall'art. 52 c.p. come azione volontaria. Ne discende che, qualora risulti scriminata la condotta violenta dolosa che ha causato la morte, il fatto dovrebbe ricadere nella disciplina di cui all'art. 55 c.p., potendo essere qualificato come omicidio colposo ex art. 589 c.p. dovuto ad un eccesso (colposo) in legittima difesa.
[1] In questo senso, vd., ad es., Cass., sez. V, n. 26657/2004. Contra, ritenendo sufficiente un generico comportamento minaccioso e/o aggressivo: Cass., sez. IV, 17687/1989 e, in dottrina, Insolera, Riflessioni sulla natura soggettiva della preterintenzione, IP, 1981, 763; Grosso, Rapporto tra condotta ed evento nell'art. 584, RIDPP 1962, 829. In senso adesivo al primo orientamento (accolto anche in questa sentenza), pur rilevando come il significato di tale diatriba venga di fatto smorzato dai "termini assolutamente fluidi ed elastici della fattispecie di percosse": Basile, L'omicidio preterintenzionale, in Trattato di diritto penale, I delitti contro la persona, Marinucci-Dolcini (a cura di), Cedam, 2015, p. 185.
[2] Cfr. Cass., sez. I, n. 11338/1978; Cass., sez. I, n. 3819/1994; Cass., sez. I, n. 25239/2001; Cass., sez. V, n. 43524/2004; Cass., sez. V, n. 16285/2010, Baldassin.
[3] Cass., sez. V, n. 13114/2002; Cass., sez. V, n. 13673/2006; Cass., sez. I, n. 27161/2013; Cass., sez. V, n. 791/2013; cfr. C. Ass. App. Milano, 19 dicembre 2012, con nota di A. Aimi, Omicidio preterintenzionale e principio di colpevolezza, su questa Rivista, 30 maggio 2013.
[4] Sull'indirizzo giurisprudenziale, citato dalla Corte, che ravvisa un'ipotesi di dolo misto a colpa, cfr.: Cass., sez. V, n. 2634/1993; Cass., sez. I, n. 37385/2006; Cass., sez. V, n. 2634/1992; cfr. C. Ass. Milano, 6 giugno 2003, in Cass. Pen., 2005, 2366.
[5] Sostengono tale orientamento, ad es., Cass., sez. V, n. 4237/2008; Cass., sez. V, n. 39389/2012 secondo cui "la ragione della fattispecie punitiva si individua nell'inosservanza del precetto che vieta di porre in essere atti lesivi (o potenzialmente lesivi) dell'altrui incolumità"; cfr., in senso critico, Basile, L'omicidio preterintenzionale, in Trattato di diritto penale, I delitti contro la persona, Marinucci-Dolcini (a cura di), Cedam, 2015, p. 199 ss.
[6] Cfr. nella giurisprudenza di merito: C. Ass. Milano, 3 novembre 2008, GM 2009, 1379; C. Ass. Milano, 6 giugno 2003, Palamara, FI 2004, II, 36. Nella giurisprudenza di legittimità, invece, la colpa in re illicita è stata affermata in termini poco convinti o troppo sbrigativi (così: Basile, L'omicidio preterintenzionale, in Trattato di diritto penale, I delitti contro la persona, Marinucci-Dolcini (a cura di), Cedam, 2015, p. 208 ss.). In dottrina, peraltro, numerose ed autorevoli sono le voci che - in tema di omicidio preterintenzionale - sostengono la necessità di un accertamento della prevedibilità ed evitabilità in concreto dell'evento mortale da parte dell'agente (cfr., ad es., Marinucci-Dolcini, Manuale di diritto penale. Parte generale, 5a ed., Milano, 2015, 360 ss.; Mantovani, Diritto penale, 6a ed., Padova, 2015, 356 ss.; cfr. Basile, sub art. 584 c.p., in Dolcini-Marinucci (a cura di), Codice penale commentato, 4a ed., Milano, 2015, 3032.
[7] Si legge nella sentenza (p. 39): "nulla osta invero a un riscontro, accanto alla misura oggettiva della prevedibilità ed evitabilità dell'evento alla stregua del parametro dell'agente razionale, di una misura soggettiva" per cui occorre "valorizzare l'esistenza di anomalie afferenti al mondo dell'agente concreto...".
[8] Oltre a queste due celebri sentenze, cfr. anche Corte cost. n. 2/1991; Corte cost. n. 179/1991; Corte cost. n. 61/1995; Corte cost. n. 206/1996; Corte cost. n. 322/2007.