ISSN 2039-1676


16 dicembre 2016 |

T. Bettels, Gewinabschöpfung zur Bekämpfung Organisierter Kriminalität am Beispiel Italiens, Nomos, Baden-Baden, 2016, pp. 1-398

Un’analisi della legislazione italiana in materia di confisca dei proventi della criminalità organizzata dal punto di vista di un osservatore tedesco – Scheda bibliografica

Non è infrequente che un osservatore straniero riesca ad illuminare in maniera sintetica ed essenziale i tratti caratteristici di una disciplina legislativa – e della sua applicazione ad opera della prassi – in un diverso ordinamento, avvalendosi del vantaggio comparativo, rispetto a chi guarda alla medesima disciplina muovendo dalla prospettiva nazionale, rappresentato da uno sguardo ‘vergine’: uno sguardo ancora non appesantito dai vincoli della tradizione interpretativa e dalle categorie dogmatiche puramente interne, e perciò più libero di individuare la logica e la funzione reale delle soluzioni, sempre storicamente condizionate, che si sono gradualmente sviluppate in un dato contesto ordinamentale.

È questo il caso della monografia qui segnalata, presentata quest’anno come tesi dottorale presso l’Università di Friburgo da un giovane studioso tedesco, membro del progetto “KORSE” coordinato dal Centre for Security and Society” dell’Università di Friburgo.

Il lavoro analizza in forma organica la disciplina italiana delle confische dei proventi illeciti delle organizzazioni criminali, soffermandosi in maniera particolarmente attenta sulla confisca ‘allargata’ di cui all’art. 12-sexies del d.l. 306/1992 e sulla confisca di prevenzione oggi disciplinata dall’art. 24 del c.d. codice antimafia – quest’ultima allo stato priva di corrispondenze nell’ordinamento tedesco, così come nella generalità degli ordinamenti dell’Europa occidentale, ma sempre più spesso proposta, nei più vari contesti internazionali, come possibile modello cui anche altri legislatori dovrebbero ispirarsi in funzione di una lotta più efficace contro la grande criminalità organizzata. Tanto che lo stesso legislatore tedesco – come lo stesso autore illustra più nel dettaglio in un articolo scritto appositamente per la nostra Rivista (T. Bettels, Misure di prevenzione patrimoniali demnächst auch in Deutschland?, 16 dicembre 2016) – appare  oggi fermamente intenzionato a battere almeno in parte la via già percorsa da quasi trentacinque anni nel nostro Paese, e a introdurre anche in Germania una forma di confisca di beni di provenienza delittuosa in assenza di condanna che dichiaratamente si ispira alla confisca di prevenzione italiana.

Di particolare interesse per il lettore italiano appare già la dettagliata (e, aggiungerei, anche didatticamente assai efficace) ricostruzione della disciplina italiana, sostanziale e processuale, in materia di confisca di prevenzione, così come della sua interpretazione ad opera della giurisprudenza; ricostruzione agevolata anche – per esplicita… ammissione dell’autore nell’introduzione al proprio denso lavoro – dagli ormai numerosissimi materiali giurisprudenziali e dottrinali pubblicati sul tema da Diritto penale contemporaneo.

Ma il profilo forse più stimolante del lavoro consiste nell’approfondita verifica della compatibilità tra tale disciplina e gli obblighi discendenti dal diritto internazionale e dal diritto dell’Unione europea. Ciò sia sul versante del diritto dei diritti umani sanciti dalla Convenzione e dalla Carta dei diritti fondamentali UE, a cominciare dai corollari del nullum crimen sino ai principi del giusto processo e della tutela del diritto di proprietà; sia sul versante degli obblighi di armonizzazione sanciti dalle decisioni quadro e, ora, dalla direttiva 2014/42/UE in materia di confisca.

Le conclusioni dell’autore sono, in proposito, nel complesso confortanti rispetto alla tenuta ‘europea’ del sistema italiano della confisca di prevenzione, della quale egli sostiene non solo l’efficacia quale strumento di contrasto contro la grande criminalità organizzata, ma anche – forse con qualche eccesso di benevolenza verso il sistema italiano – la fondamentale compatibilità con i principi di garanzia enucleabili dalla Convenzione e dalla Carta.

Il lavoro si chiude con una perspicua analisi dedicata alla cooperazione giudiziaria ai fini dell’esecuzione in Germania di provvedimenti di confisca adottati in Italia; anche qui, naturalmente, con un occhio particolarmente attento alle confische di prevenzione, non rientranti in alcuno degli strumenti UE che si occupano del mutuo riconoscimento delle confische, e privi di corrispondenza nell’ordinamento tedesco, che normalmente richiede quale condizione per il riconoscimento la ‘doppia confiscabilità’ del bene nei due ordinamenti. Cionondimeno, e sia pure in assenza di precedenti (quanto meno pubblicati) in materia, l’autore sviluppa un proprio itinerario argomentativo che potrebbe e dovrebbe condurre, a suo avviso, alla soluzione pratica della riconoscibilità dei provvedimenti di confisca di prevenzione, già sperimentata sulla base di argomenti simili nell’ordinamento svizzero.

Una lettura, insomma, di estremo interesse per tutti gli studiosi e gli operatori impegnati sul versante della prevenzione patrimoniale, oltre che – auspicabilmente – per lo stesso legislatore italiano, che già da tempo ha messo in cantiere una delicata opera di revisione delle norme chiave del codice antimafia.