ISSN 2039-1676


13 marzo 2018 |

Brevi osservazioni su Drassich (n. 2) e diritto alla prova

Corte EDU, sez. I, sent. 22 febbraio 2018, Drassich c. Italia (n. 2)

Contributo pubblicato nel Fascicolo 3/2018

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1. Si segnala il provvedimento della Corte europea dei diritti dell’uomo, sez. I, sent. 22 febbraio 2018, Drassich (n. 2), con la quale i giudici di Strasburgo non solo hanno messo la parola fine all’annosa vicenda Drassich, ma hanno pure contribuito a fare chiarezza su un punto finora controverso in dottrina e in giurisprudenza: quale tipologia di contraddittorio spetti all’imputato nell’ipotesi di riqualificazione giuridica del fatto di reato avvenuta, per la prima volta, in Cassazione (per un’ampia ricostruzione del dibattito in corso, cfr. F. Cassibba, L’imputazione e le sue vicende, in Trattato di procedura penale, diretto da G. Ubertis - G.P. Voena, XXXI, Giuffrè, 2016, p. 246 ss., a cui si rinvia pure per la vastissima bibliografia in argomento).

 

2. Il caso è famoso. Condannato in primo e in secondo grado per corruzione (art. 319 c.p.), l’imputato chiede al giudice di legittimità di dichiarare l’intervenuta prescrizione dell’illecito. Ai sensi dell’art. 521 comma 1 c.p.p., però, la Cassazione riqualifica “a sorpresa” il delitto originariamente contestato come corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.), escludendo in tal modo l’applicabilità della causa estintiva del reato. Da qui, il primo ricorso presentato da Drassich alla Corte di Strasburgo, conclusosi con la prevedibile (cfr., con riguardo all'art. 597 c.p.p., mutatis mutandis, G. Ubertis, Sistema di procedura penale, I, Principi generali, Utet, 2007, p. 152) condanna del nostro Stato per l’inosservanza dell’art. 6 commi 1 e 3 lett. a e b Cedu, a cui segue l’invito alla riapertura o alla rinnovazione del giudizio viziato (C. eur. dir. uomo, sez. II, sent. 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia).

 

3. In assenza di rimedi codicistici (all’epoca l’ordinamento italiano non prevedeva ancora la c.d. “revisione europea”: cfr. sul punto F. Viganò, L’impatto della Cedu e dei suoi protocolli sul sistema penale italiano, in Corte di Strasburgo e giustizia penale, a cura di G. Ubertis - F. Viganò, Giappichelli, 2016, p. 20-21), in maniera alquanto creativa, la giurisprudenza di legittimità indica nel ricorso straordinario per cassazione ex art. 625-bis c.p.p. lo strumento idoneo a rimediare alla violazione accertata in sede europea (Cass., sez. IV, 12 novembre 2008, Drassich, in Cass. pen., 2009, p. 1457, m. 424.6, con motivazione e con nota di M. Caianiello). Il presupposto interpretativo, come ribadito successivamente anche dalla Cassazione investita in via straordinaria (Cass., sez. VI, 25 maggio 2009, Drassich, in CED, n. 244974), è che il «contraddittorio argomentativo sul nomen iuris s[ia] sufficiente per assicurare l’equità processuale, non essendo, invece, imposto [dalla giurisprudenza europea] il riconoscimento del diritto alla prova» (F. Cassibba, sub art. 6, in Corte di Strasburgo e giustizia penale, cit., p. 182).

 

4. Insoddisfatto dell’esito del processo, a questo punto, Drassich decide (fra l’altro) di ritentare la strada europea, asserendo che il rimedio straordinario offertogli dall’ordinamento nazionale ha nuovamente violato l’equità processuale, sotto il profilo dell’art. 6 commi 1 e 3 lett. a e b Cedu: egli, in particolare, ritiene di non aver beneficiato né del tempo necessario per preparare la propria difesa, né del diritto di comparire personalmente di fronte alla Corte cassazione, né del potere d’ottenere una riapertura del dibattimento al fine d’acquisire ulteriori prove sul riformulato addebito.

 

5. Con la sentenza in esame, la Corte di Strasburgo nega che il ricorso straordinario celebrato nei confronti di Drassich abbia pregiudicato i suoi diritti defensionali, ai sensi dell’art. 6 commi 1 e 3 Cedu. Nella specie, il giudice europeo osserva che, nei cinque mesi trascorsi fra l’annullamento parziale della sentenza e la “riapertura” del processo ex art. 625-bis c.p.p., il ricorrente ha avuto modo di preparare adeguatamente la propria difesa, tanto che, durante tale lasso di tempo, egli ha presentato due memorie scritte, mentre il suo difensore ha presenziato all’udienza del 25 maggio 2009. Quanto alla lamentata impossibilità di comparire personalmente, la Corte europea rileva come la discussione dinnanzi al giudice di legittimità abbia avuto per oggetto esclusivamente questioni di diritto, che non rendevano necessaria la presenza dell’imputato. Con riguardo alla mancata acquisizione di nuove prove, infine, i giudici di Strasburgo prendono atto del fatto che il ricorrente non ha mai contestato la maniera in cui i giudici di merito avevano ricostruito il caso, né risulta dal dossier che la difesa avesse domandato in alcun momento la riapertura dell’istruzione al fine d’ottenere prove a discarico; d’altro canto - conclude il giudice europeo - il difensore di Drassich, nelle sue memorie, si è limitato a chiedere l’annullamento senza rinvio della condanna per prescrizione dei fatti contestati.

 

6. Benché il giudice europeo abbia accertato nel caso di specie il rispetto dei precetti convenzionali, la sentenza in esame risulta comunque significativa, perché rappresenta una conferma indiretta alla tesi di chi reputa doveroso (fra i molti, F. Cassibba, sub art. 6, cit., p. 183; M. Caianiello, Mutamento del nomen iuris e diritto a conoscere la natura e i motivi dell’accusa ex art. 6 C.e.d.u.: le possibili ripercussioni sul sistema italiano, in Giust. pen., 2007, I, c. 174; F. Zacchè, Cassazione e iura novit curia nel caso Drassich, in Dir. pen. proc., 2009, p. 786-787) riconoscere il diritto alla prova in capo all’imputato, allorché si verifichi una emendatio iuris, per la prima volta, in Cassazione (ma lo stesso vale negli altri gradi di giudizio: cfr. per tutti R. Casiraghi, Corte europea dei diritti dell’uomo e iura novit curia, in Proc. pen. giust., 2012, n. 6, p. 119) e l’accusato abbia interesse all’assunzione di nuovi mezzi e/o fonti di prova divenuti rilevanti per effetto della nuova accusa. Allo scopo di non entrare in contraddizione con gli art. 117 comma 1 Cost. e 6 commi 1 e 3 lett. a e b Cedu (quale parametro interposto), nonché - ancora prima - con lo stesso art. 111 comma 3 Cost., non sembra allora peregrino continuare a prospettare una questione di legittimità costituzionale dell’art. 521 comma 1 c.p.p., «laddove non prescrive che, in caso d’applicazione del principio iura novit curia, il giudice debba restituire gli atti al pubblico ministero per le relative determinazioni (sulla falsariga di quanto avviene con l’art. 521, comma 2, c.p.p.)» (F. Zacchè, Cassazione e iura novit curia nel caso Drassich, cit., p. 787). Se accolta, tale soluzione non solo avrebbe il pregio d’attribuire all’imputato il diritto alla prova sui temi di prova rimasti in precedenza inesplorati, ma egli sarebbe “rimesso in termini” per avanzare la richiesta d’un procedimento speciale sull’accusa correttamente riformulata.