ISSN 2039-1676


05 febbraio 2013 |

La Cassazione applica in un caso di giudizio abbreviato incondizionato i principi della sentenza Drassich della Corte EDU in tema di riqualificazione giuridica del fatto

Cass. Sez. II, 12.11.2012 (dep. 14.1.2013), n. 1625, Pres. Macchia, Est. Rago

La sentenza che può leggersi in allegato rappresenta l'ennesimo esempio di quanto sia ormai divenuta pervasiva l'influenza delle giurisdizioni sovranazionali (in questo caso la Corte europea dei diritti dell'uomo) sul sistema penale interno.

Il caso sottoposto al vaglio dei giudici di legittimità riguardava un soggetto che aveva fatto di richiesta di giudizio abbreviato incondizionato in relazione all'accusa di furto di una betoniera, ed era invece stato condannato per il reato di ricettazione. La sentenza di primo grado aveva escluso che tale riqualificazione giuridica del fatto configurasse una violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza "perché il contenuto essenziale della seconda imputazione doveva ritenersi compreso nella più ampia previsione dell'originaria contestazione di furto"; soluzione che aveva trovato conferma nella sentenza di secondo grado, dove la Corte d'appello, per negare la violazione del diritto di difesa, evidenziava altresì come "la qualificazione ha costituito oggetto di dibattito del giudizio di merito ed è stata presa in considerazione, avendo l'imputato sostenuto di avere acquistato la betoniera da persona di cui non ha voluto o sapere indicare il nominativo, sulla base di un annuncio pubblicato sul giornale".

La Suprema Corte, dopo aver brevemente passato in rassegna la giurisprudenza di legittimità in materia di riqualificazione giuridica del fatto nel giudizio abbreviato, afferma la necessità di conformare la propria decisione ai principi affermati dalla Corte EDU nella sentenza Drassich vs. Italia del 2007, che vengono dalla Cassazione enucleati in questo modo: perché la riqualificazione del fatto operata in sentenza non risulti in contrasto con l'art. 6 § 3 lett. a) e b) della Convenzione, il giudice deve verificare: a) "se fosse sufficientemente prevedibile per il ricorrente che l'accusa inizialmente formulata nei suoi confronti fosse riqualificata"; b) "la fondatezza dei mezzi di difesa che il ricorrente avrebbe potuto invocare se avesse avuto la possibilità di discutere della nuova accusa formulata nei suoi confronti"; c) quali siano state "le ripercussioni della nuova accusa sulla determinazione della pena del ricorrente".

In applicazione di tali criteri, la Corte nel caso specifico ritiene: a) che la riqualificazione non potesse reputarsi prevedibile, non risultando condivisibile la tesi della sentenza impugnata secondo cui la qualificazione del fatto a titolo di ricettazione sarebbe stata desumibile dalle stesse dichiarazioni rilasciate dall'imputato alla Polizia giudiziaria, in cui egli negava di essere l'autore del furto: secondo la Cassazione, "negare l'addebito di furto non significa, di per sé, ammettere o introdurre nelle dialettica processuale, la diversa e più grave ipotesi di ricettazione"; b) che il diritto dell'imputato a dedurre nuove prove relative alla diversa qualificazione sia stato violato benché la difesa in sede di impugnazione non avesse dedotto alcuna prova, posto che "la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in appello nel rito incondizionato rappresenta, in virtù dello specifico meccanismo processuale, di per sé, una evidentissima compressione del diritto di difesa tale da frustrare, in pratica, ogni diritto di difesa nell'ipotesi in cui venga mutata, ex officio, la qualificazione giuridica del fatto"; c) che la riqualificazione del reato di furto nella più grave fattispecie di ricettazione abbia ovviamente aumentato il quantum di pena inflitta. In conclusione, e pur confermando in termini generali l'indirizzo secondo cui "è possibile riqualificare il fatto da furto a ricettazione", la Cassazione enuncia il principio di diritto secondo cui "deve ritenersi violato il principio del giusto processo, sotto il profilo del diritto alla difesa e del contraddittorio, ove, all'esito del giudizio abbreviato incondizionato, l'originaria imputazione di furto venga riqualificata in ricettazione se, in concreto, per l'imputato non fosse sufficientemente prevedibile che l'accusa inizialmente formulata nei suoi confronti potesse essere riqualificata e, quindi, non sia stato messo in concreto nella possibilità di difendersi".

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La decisione della Corte ci pare senz'altro condivisibile. Superata l'angusta visione delle sentenze della Corte EDU come pronunce che valgono per il solo caso oggetto di valutazione, e non forniscono principi di applicabilità generale, la Cassazione estende i principi formulati nella sentenza Drassich (in cui, lo si ricorderà, la riqualificazione del fatto da corruzione propria a corruzione in atti giudiziari era stata operata nella sentenza di Cassazione che aveva concluso il giudizio) anche al diverso caso della riqualificazione operata dal giudice di primo grado all'esito del giudizio abbreviato incondizionato; e perviene altresì a sistematizzare in una sorta di breve decalogo di applicazione generale le indicazioni fornite dalla Corte EDU in quell'occasione. Nel merito della questione, poi, ci pare importante la precisazione della Cassazione secondo cui la circostanza che la difesa, a seguito della riqualificazione, non avesse in concreto presentato richieste istruttorie, non fa venir meno la lesione del diritto al giusto processo conseguente alla "imprevedibile" riqualificazione del fatto operata in sentenza: dei tre criteri enunciati dalla Corte in via cumulativa quello davvero decisivo è allora il primo, risolvendosi in sostanza il problema della legittimità della riqualificazione nella verifica che tale possibilità fosse in qualche modo già emrsa prima della decisione.