22 dicembre 2014 |
L'imputato può chiedere il giudizio abbreviato anche dopo la modifica 'fisiologica' dell'imputazione: la fine del 'binomio indissolubile' fra premialità e deflazione
Nota Corte cost., sent. 5 dicembre 2014, n. 273, Pres. Napolitano, Rel. Frigo
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Per una prima lettura della sentenza, v. G. Leo, Ancora una sentenza additiva sull'art. 516 c.p.p.: per il fatto diverso oggetto di contestazione dibattimentale "fisiologica" l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato, in questa Rivista, 9 dicembre 2014.
1. L'originaria formulazione del codice del 1988 non prevedeva alcun meccanismo di coordinamento fra le "nuove contestazioni" e i procedimenti speciali; a tal riguardo, i primi commentatori notavano, infatti, che «una contestazione accettata o 'subita' al dibattimento [...] comporta[va] altresì l'impossibilità, per l'imputato, di ottenere i benefici sanzionatori» legati ai riti «con conclusione anticipata» e affermavano, quindi, piuttosto laconicamente, che «forse questi importanti profili non [erano] stati ricordati nel dettare la nuova disciplina»[1].
La Corte costituzionale[2], chiamata a valutare la legittimità di questo assetto, in una prima fase, ha ritenuto intangibile la perentorietà dei termini per accedere a tali benefici[3]: si sosteneva, infatti, che, a dibattimento ormai avviato, i riti speciali avrebbero perso la loro connaturata ratio deflattiva e che, in ogni caso, il rischio di una nuova contestazione dovrebbe rientrare fra le ponderazioni dell'imputato, allorché decide di proseguire con il processo ordinario[4].
In seguito, però, come è noto, la stessa Corte ha mutato indirizzo ed è intervenuta a più riprese[5]. In particolare, per quanto riguarda il giudizio abbreviato, inizialmente, si è posto rimedio a situazioni "patologiche", legate ad «anomalie» nella condotta processuale del pubblico ministero[6]; più recentemente, invece, l'accesso al rito in questione è stato consentito anche dopo la contestazione di reati concorrenti (art. 517 c.p.p.), "fisiologicamente" emersi «nel corso dell'istruzione dibattimentale»[7]. Infine, la sentenza in commento pare aver «chiuso [...] il sistema»[8], estendendo il medesimo meccanismo alla «modifica dell'imputazione» ex art. 516 c.p.p.
2. Nel caso di specie, l'accusa riguardava alcuni fatti di tentata estorsione aggravata, posti in continuazione fra loro; durante il dibattimento, era però risultato che, almeno in una circostanza, somme di denaro erano state versate agli estorsori. Di conseguenza, limitatamente a tale fatto, il pubblico ministero modificava l'imputazione, contestando la forma consumata del reato, anziché quella tentata.
A questo punto, in breve, gli imputati eccepivano l'illegittimità costituzionale dell'art. 516 c.p.p.: in effetti, nonostante i precedenti interventi correttivi della Consulta, tale disposizione continuava a non prevedere l'accesso al rito abbreviato, nel caso in cui la «modifica dell'imputazione» si fosse basata su elementi acquisiti in sede di istruzione dibattimentale. Tale censura, disattesa dal giudice di prime cure, veniva invece condivisa dalla Corte d'appello, che decideva quindi di invocare un nuovo pronunciamento del Giudice delle leggi. Il rimettente, principalmente, sosteneva l'opportunità di applicare all'art. 516 c.p.p. le conclusioni raggiunte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 237 del 2012[9]: in tale arresto, era stata dichiarata l'illegittimità dell'art. 517 c.p.p., nella parte in cui non consentiva di chiedere il giudizio abbreviato «in relazione al reato concorrente oggetto di contestazione suppletiva 'fisiologica', volta, cioè, ad adeguare l'imputazione alle nuove risultanze dell'istruzione dibattimentale».
3. La Corte costituzionale recepisce le argomentazioni del rimettente, affermando, infatti, sin da subito, che i principi espressi nella precitata decisione «risultano estensibili, con gli opportuni adattamenti, anche alla contestazione 'fisiologica' del fatto diverso».
A sostegno di tale soluzione, viene anzitutto ricordato che gli artt. 516 e 517 c.p.p. hanno già subito un'interpolazione, analoga e comune, con riguardo alle cosiddette contestazioni "tardive", o "patologiche", ossia quelle relative «a fatti che già risultavano dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale». Come è noto, infatti, nonostante il chiaro tenore letterale degli artt. 516 e 517 c.p.p., la giurisprudenza maggioritaria[10] della Cassazione ritiene legittimo il compimento di "nuove contestazioni", già prima dell'inizio dell'istruzione dibattimentale, sulla sola base degli atti investigativi[11]. La Consulta, posta di fronte a tale prassi, era quindi intervenuta, con le sentenze n. 265 del 1994[12], per il patteggiamento, e n. 333 del 2009[13], per il giudizio abbreviato, riconoscendo all'imputato - quantomeno - il diritto di domandare un procedimento speciale[14].
Insomma, il primo argomento della sentenza pare piuttosto chiaro: la Consulta sembra affermare che, una volta concessa la facoltà di chiedere il giudizio abbreviato per tutte le ipotesi di contestazione "patologica" (sentenza n. 333 del 2009) e, poi, nel caso di quella suppletiva "fisiologica" (sentenza n. 237 del 2012), il passo successivo fosse breve; non restava che estendere il medesimo meccanismo di recupero del rito anche alla «modifica della imputazione».
Naturalmente, rileva la Corte, vi è un «elemento differenziale» fra la contestazione di un reato concorrente e quella di un fatto "diverso"; nella prima ipotesi, l'«addebito aggiuntivo» può eventualmente costituire un'imputazione autonoma e quindi essere oggetto di un procedimento distinto. Nel secondo caso, invece, tale via non è percorribile e la «modifica» dell'accusa rappresenta l'unica soluzione: infatti, il criterio della "diversità" ex art. 516 c.p.p. evoca soltanto «una mutata descrizione» dello stesso fatto per il quale l'azione penale è già stata esercitata; dunque, una nuova iniziativa, da parte del pubblico ministero, sarebbe inevitabilmente travolta dal giudicato[15].
Nonostante questo «tratto distintivo», non sarebbero comunque giustificabili «discriminazioni tra le due ipotesi»: in entrambe le situazioni, la contestazione interviene quando il termine per la richiesta di giudizio abbreviato è già scaduto e quindi l'imputato viene egualmente a trovarsi in una posizione «deteriore», «rispetto a chi, della stessa imputazione, fosse stato chiamato a rispondere sin dall'inizio». Pertanto, posto che la facoltà di avvalersi del giudizio abbreviato è una delle scelte difensive più «delicate», viene ritenuto necessario concedere all'imputato una nuova possibilità di «esprimere le proprie opzioni», sia in ipotesi di contestazione "suppletiva" ex art. 517 c.p.p., sia nel caso di sola "modifica" dello stesso fatto già contestato.
Tuttavia, avverte la Corte, non tutte le variazioni del fatto giustificano questo ulteriore spatium deliberandi: infatti, l'obbligo del pubblico ministero di procedere ex art. 516 c.p.p. - «strettamente collegato al principio della necessaria correlazione tra accusa e sentenza» - opera soltanto a fronte di «una trasformazione dei tratti essenziali dell'addebito», idonea a incidere sul diritto di difesa[16]; quindi, solo in tali specifici contesti, l'imputato potrà rivedere la propria decisione. Una particolare tutela deve comunque essere garantita quando la modifica dell'imputazione rischia di avere importanti ripercussioni sull'entità della pena: ad esempio, nel caso di specie, il passaggio dalla fattispecie tentata, a quella consumata, comportava una pena edittale minima tre volte maggiore.
4. Subito dopo queste affermazioni, la Consulta si pone al riparo da possibili obiezioni. Viene anzitutto ricordato che, anche dopo l'apertura del dibattimento, l'instaurazione del giudizio abbreviato riesce a produrre «un effetto di economia processuale»: il giudice potrà infatti «decidere sulla nuova imputazione senza il supplemento di istruzione» previsto dall'art. 519 c.p.p.; in ogni caso, poi, «l'esigenza della "corrispettività" fra riduzione di pena e deflazione processuale non può prendere il sopravvento sul principio di uguaglianza né tantomeno sul diritto di difesa».
Si nega inoltre un onere dell'imputato di tener conto «dell'eventualità che, a seguito dei futuri sviluppi dell'istruzione dibattimentale, l'accusa a lui mossa subisca una trasformazione». In primo luogo, questo giudizio prognostico sarebbe inesigibile: quando scadono i termini per domandare i riti speciali, una successiva trasformazione dell'accusa non è ancora nitidamente prevedibile. Per giunta, si tratterebbe di una valutazione inutile: ormai da tempo, infatti, anche nella disciplina del giudizio abbreviato, è stata introdotta la possibilità di modificare l'ipotesi accusatoria (art. 441 bis c.p.p.), sebbene, in tal caso, l'imputato possa tornare sui suoi passi e domandare che il procedimento prosegua nelle forme ordinarie.
Infine, nella parte conclusiva della sentenza, vengono posti in rilievo due ulteriori profili di «ingiustificata disparità di trattamento». Il primo concerne il possibile recupero della facoltà di accesso al giudizio abbreviato «per circostanze puramente "occasionali" che determinino la regressione del procedimento»: ci si riferisce alla necessità - sorta solo a seguito della nuova contestazione - di procedere con udienza preliminare. Il secondo riguarda l'asimmetria fra giudizio abbreviato e oblazione, posto che, per effetto della sentenza n. 530 del 1995[17], anche in caso di modifiche "fisiologiche" dell'accusa, l'imputato ha già da tempo la facoltà di domandare quest'ultimo rito.
Sulla base di tali considerazioni, l'art. 516 c.p.p. è stato dunque dichiarato illegittimo, «nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell'istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione».
5. Questa decisione era sicuramente prevedibile e anche attesa[18]: dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 517 c.p.p., uno speculare intervento sull'art. 516 c.p.p. era considerato soltanto una questione di tempo. Sin dalle prime righe, infatti, le riflessioni della Corte ruotano intorno alla necessità di applicare alla modifica "fisiologica" dell'imputazione, quanto già precedentemente affermato in tema di rito abbreviato; per dirla diversamente, la Consulta sembra quasi sostenere l'inevitabilità della sua pronuncia, come approdo conclusivo di un cammino cominciato anni prima.
Eppure, a ben vedere, il percorso argomentativo del Giudice delle leggi desta molteplici perplessità, in quanto sono state tout court estese, all'art. 516 c.p.p., riflessioni maturate all'interno di un contesto sensibilmente difforme.
In sostanza, come si è visto, la Corte basa la sua decisione su un'argomentazione di fondo: si afferma che, esattamente come nell'ipotesi ex art. 517 c.p.p., anche «in rapporto alla contestazione 'fisiologica' del fatto diverso», l'imputato si trova in una posizione «diversa e deteriore [...] rispetto a chi, della stessa imputazione, fosse stato chiamato a rispondere sin dall'inizio». Questa affermazione è certamente vera e, sotto questo profilo, le due fattispecie si assomigliano; tuttavia, non è affatto detto che ciò che, nell'un caso, creava un'irragionevole discriminazione, abbia i medesimi effetti anche nell'altro: la modifica "fisiologica" dell'imputazione, infatti, presenta aspetti peculiari rispetto a tutte le situazioni precedentemente vagliate dalla Corte.
Il primo ambito in cui la Consulta ha deciso di intervenire, ossia le contestazioni "tardive", o "patologiche", pregiudicavano una scelta consapevole dell'imputato in merito alla richiesta di giudizio abbreviato; quest'ultimo, a causa delle erronee valutazioni del pubblico ministero, veniva a conoscenza di quella che avrebbe dovuto essere l'imputazione iniziale, solo oltre il termine per domandare il rito speciale, e, cioè, quando l'ipotesi accusatoria veniva "rettificata" sulla base degli atti investigativi. Non si trattava quindi di un adeguamento alle nuove risultanze dibattimentali, ma di porre rimedio a uno sbaglio della parte pubblica[19]. La sentenza n. 333 del 2009 ha allora impedito che «la libera scelta dell'imputato verso il rito alternativo» continuasse a essere «sviata da aspetti di 'anomalia' caratterizzanti la condotta del pubblico ministero» e fosse ancora condizionata dalla «maggiore o minore esattezza o completezza» dell'originaria formulazione dell'accusa[20].
Anche la fattispecie delle contestazioni suppletive "fisiologiche" (art. 517 c.p.p.), benché apparentemente diversa, presentava risvolti analoghi. Come si è visto, il pubblico ministero può scegliere di contestare immediatamente il reato concorrente, oppure può procedere per il medesimo nelle forme ordinarie[21]. Prima dell'intervento della Corte costituzionale, a opera della sentenza n. 237 del 2012, tale scelta influiva irrimediabilmente sulle opzioni della difesa[22]: infatti, qualora il pubblico ministero avesse deciso di contestare il reato concorrente all'interno dello stesso processo in cui era emerso, l'art. 517 c.p.p. non prevedeva la facoltà di chiedere il rito abbreviato; questa opportunità dell'imputato finiva quindi «per dipendere da una scelta discrezionale e insindacabile del suo contradditore processuale»[23].
Insomma, finora, il Giudice delle leggi aveva apportato correttivi ai casi in cui il pubblico ministero - attraverso errori di valutazione del compendio investigativo, oppure anche scelte legittime - condizionava drasticamente l'accesso al rito abbreviato. Nel caso della modifica "fisiologica" dell'imputazione, invece, questo profilo pare assente[24]: da un lato, la "diversità" emerge dagli atti acquisiti in sede di istruzione dibattimentale e non dagli atti di indagine preliminare; dall'altro, il pubblico ministero non gode di alcuna scelta discrezionale, in quanto - a fronte dell'impossibilità di procedere in separata sede - deve obbligatoriamente modificare l'imputazione.
Peraltro, che fra la contestazione "fisiologica" del fatto "diverso" e quella del reato concorrente vi sia un profondo divario, emerge anche dai dispositivi dei precedenti arresti della Consulta. Quando è stata vagliata la fattispecie di contestazione "patologica" del reato concorrente, si è proceduto, simmetricamente, a dichiarare l'illegittimità "consequenziale" dell'art. 516 c.p.p. Nella sentenza n. 237 del 2012, invece, non è accaduto nulla di tutto ciò: chiamata a valutare la legittimità dell'art. 517 c.p.p., in relazione alla contestazione suppletiva "fisiologica", la Corte non ha nemmeno accennato alla modifica dell'imputazione.
Insomma, le differenze paiono consistenti e avrebbero quantomeno meritato un supplemento di riflessione; stupisce quindi che la Corte si sia limitata a farne un velato cenno, ritenendole comunque insufficienti per giustificare trattamenti difformi.
6. Altrettante perplessità desta il fondamentale ruolo che sia la sentenza in esame, sia l'arresto n. 237 del 2012, attribuiscono all'art. 441 bis c.p.p., secondo cui, nel corso del giudizio abbreviato, a fronte di integrazione probatoria seguita da "nuove contestazioni", l'imputato può decidere di fare ritorno al processo ordinario[25].
In primo luogo, come si è visto, la Consulta ha sostenuto che, alla luce di questa previsione, non vi sarebbe più motivo di attribuire un qualche particolare significato alla decisione dell'imputato di proseguire con giudizio ordinario, anziché di optare per il rito abbreviato: questi, infatti, qualsiasi via prescelga, potrà comunque imbattersi in "nuove contestazioni". A ben vedere, però, le cose non stanno proprio così: continua infatti a essere di gran lunga più frequente un mutamento dibattimentale dell'accusa, in quanto, nel giudizio abbreviato, l'assunzione di prove pare un'eventualità decisamente più rara.
Allo stesso modo, pare discutibile anche la seconda affermazione del giudice delle leggi, che ha individuato, nella predetta disposizione, una sorta di «indice di sistema, riguardo al fatto che, quando muta in itinere il tema d'accusa, l'imputato deve poter rivedere le proprie opzioni riguardo al rito da seguire»[26]. Sebbene questa interpretazione sia suggestiva, non bisogna però dimenticare il preciso contesto in cui l'art. 441 bis c.p.p. risulta inserito. Nel giudizio abbreviato, l'imputato è già privato - sebbene per sua scelta - delle garanzie offerte dal dibattimento e sarebbe quindi assolutamente vessatorio sottoporlo a una duplice rinuncia: la prima, relativa alla formazione in contraddittorio della prova; la seconda, alla sicurezza di essere giudicato, con rito abbreviato, solo sulla base dell'imputazione che l'aveva indotto a tale scelta. In queste condizioni, è quindi senz'altro opportuno che, in caso di "nuove contestazioni", egli possa ritornare sui suoi passi, revocando anche la prima rinuncia; tuttavia, non sembra possibile isolare tale disciplina dalla sua originaria funzione e ricavarne un principio generale, applicabile anche al processo ordinario.
7. In definitiva, le argomentazioni della sentenza in commento paiono fragili: sull'inerzia dei precedenti arresti, è stata sacrificata un'approfondita analisi delle singolarità sottese alla modifica "fisiologica" dell'imputazione e non sono state sviluppate nuove e peculiari motivazioni, tali da dissipare i dubbi circa l'opportunità di eliminare ogni distinzione di trattamento. A ben vedere, infatti, la Corte costituzionale avrebbe potuto optare per una soluzione parzialmente diversa.
Innanzitutto, alla scelta di imboccare la via del processo ordinario e, quindi, di imbattersi - quantomeno più frequentemente - in "nuove contestazioni" poteva continuare a essere attribuito un qualche valore. A meglio considerare, infatti, ciò non significa affatto pretendere dall'imputato che sia in grado di prevedere le evoluzioni dibattimentali dell'imputazione; né, adottando questo tipo di soluzione, si finisce per presume surrettiziamente una qualche famigliarità dell'accusato con il fatto contestatogli[27]. Molto più semplicemente, si tratta di ritenere che lo stesso - o, quantomeno, la sua difesa - sia consapevole che, scegliendo la via del rito ordinario, dovrà prepararsi ad affrontare eventuali modifiche dell'imputazione ex art. 516 c.p.p., qualunque sia, in concreto, l'accusa contestata. In altri termini, non pare esserci alcuna controindicazione nel supporre, in capo alla difesa, una mera conoscenza dei meccanismi procedurali legati al rito ordinario e dei rischi a esso astrattamente sottesi.
Del resto, siffatto rischio era del tutto compatibile con gli equilibri del nostro sistema processuale: il giudizio abbreviato prevede il vantaggio di una riduzione della pena, ma si basa - per lo più - su un rigido compendio di atti formati unilateralmente dalla parte pubblica; dal canto suo, il dibattimento, al contrario, offre ampie opportunità di acquisizione probatoria, ma comporta lo svantaggio di un più frequente ricorso alle "nuove contestazioni" (anzi, più prove vengono acquisite, maggiore è la probabilità di un mutamento del fatto). Insomma, il meccanismo delle "nuove contestazioni" è il "fisiologico" risvolto della medaglia del diritto alla prova dibattimentale: l'imputato e il suo difensore dovrebbero tenerne conto, allo stesso modo in cui vengono accuratamente soppesati i benefici e le insidie del giudizio abbreviato.
Per di più, non sembra affatto che l'imputato - una volta subita una modifica dell'imputazione, a dibattimento ormai inoltrato e sulla base di nuove prove - debba sempre e comunque essere trattato come chi, di quell'accusa, ha avuto contezza all'inizio del processo. In questo caso, infatti, paiono sussistere sufficienti elementi per giustificare un trattamento differenziato. Anzitutto, non lo si deve dimenticare, la questione ruota intorno all'applicazione di un rito che dovrebbe eliminare un terzo della pena, ma soltanto in cambio un procedimento molto più rapido dell'ordinario. In secondo luogo, si tratta di un fatto solo "diverso", che non è completamente estraneo a quello già contestato e la cui ossatura era già nota al momento dell'esercizio dell'azione penale. Infine, si ricordi anche che l'imputato ha già potuto chiedere il giudizio abbreviato, e, preferendo invece optare per il più ampio diritto alla prova dibattimentale, sapeva di andare incontro a possibili mutamenti dell'accusa. Insomma, una volta considerati tutti questi fattori, sembra che, almeno in questo caso, il delicato equilibrio di costi e benefici fra rito speciale e processo ordinario potesse essere mantenuto.
Occorre però una precisazione: si sarebbero potute invece sicuramente censurare quelle imputazioni che giungono perfettibili alla prova del dibattimento, in quanto frutto di un'indagine lacunosa, disattenta, o comunque incompleta. In questa ipotesi, infatti, la modifica dell'imputazione - anche quella "fisiologica" - può dipendere dalla condotta processuale della parte pubblica, questa volta sotto forma di un'investigazione inefficiente. In altre parole, la Corte costituzionale poteva limitarsi a concedere un nuovo spazio per la richiesta di giudizio abbreviato, nel caso in cui la modifica dell'imputazione si fondi su elementi che già potevano emergere durante la fase delle indagini preliminari[28]. Si immagini, fra i tanti esempi possibili, un testimone che fornisce nuove informazioni di cui non era stato precedentemente richiesto, o che non era proprio mai stato sentito, pur apparendo contiguo alla vicenda; oppure, un documento, la cui esistenza era già nota in indagini, ma che viene acquisito agli atti solo in dibattimento.
Attraverso questo tipo di soluzione, la Consulta poteva ottenere un risultato più equilibrato e avrebbe veramente agito in linea di continuità con i suoi precedenti arresti, ponendo rimedio a tutti i casi in cui la parte pubblica ha la capacità - volontaria, o involontaria - di interferire nel libero esercizio delle prerogative difensive attinenti alla scelta del rito. Si è invece optato per una strada diversa: la deflazione è stata definitivamente separata dalla premialità, come se fosse un mero accessorio del giudizio abbreviato e non la sua più intima ratio. Allo stesso modo, le strategie processuali - anche quelle intraprese liberamente e senza condizionamenti - sono state svuotate di ogni peso, come se valorizzare l'assunzione di un rischio fosse operazione di per sé lesiva del diritto di difesa.
[1] Così si esprime M. Nobili, La nuova procedura penale. Lezioni agli studenti, Bologna, 1989, p. 343.
[2] Si vedano, fra le altre, C. cost., 28 dicembre 1990, n. 593, in Giur. cost., 1990, p. 3309; C. cost., sent. 8 luglio 1992, n. 316, ivi, 1992, p. 2623.
[3] Si vedano R. Angeletti, Manuale del giudizio abbreviato, Torino, 2010, pp. 80-85; G. Conti, Nuove contestazioni e preclusione al rito abbreviato, in Giur. cost., 1992, p. 2623; L. Suraci, Nuove contestazioni, in Trattato di procedura penale, diretto da G. Spangher, vol. IV, Procedimenti speciali. Giudizio. Procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, t. II, Giudizio. Procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, a cura di G. Spangher, Torino, 2009, p. 481.
[4] Si vedano F. Cassibba, Vacilla il criterio della prevedibilità delle nuove contestazioni dibattimentali, in questa Rivista, 27 novembre 2012, pp. 2-3; G. Reynaud, I mutamenti dell'imputazione, in Aa.Vv., Giudizio ordinario, coordinato da S. Nosengo, Torino, 2002, pp. 380-382.
[5] Per una ricostruzione globale del percorso finora compiuto dalla Corte costituzionale, in relazione ai rapporti fra riti speciali e nuove contestazioni, si veda R. Angeletti, Nuove contestazioni nel processo penale, Torino, 2014, pp. 105-153.
[6] Ci si riferisce a C. cost., 18 dicembre 2009, n. 333, in Giur. cost., 2009, p. 4944. Per un primo approfondimento sul contenuto di questa sentenza, si vedano, fra gli altri, A. Liprino, Nuove contestazioni dibattimentali e giudizio abbreviato, in Ind. pen., 2011, p. 219; L. Suraci, La problematica relazione tra nuove contestazioni dibattimentali e giudizio abbreviato, in Dir. pen. proc., 2010, p. 1488.
[7] Ci si riferisce a C. cost., 26 ottobre 2012, n. 237, in Giur. cost., 2012, p. 3548. Per una ricostruzione del percorso, effettuato dalla Corte costituzionale, in tema di rapporti fra rito abbreviato e "nuove contestazioni", si veda A. Bassi-F. D'Arcangelo, Il giudizio abbreviato, in I procedimenti speciali, a cura di A. Bassi-C. Parodi, Milano, 2013, pp. 114-120.
[8] Così si esprime G. Leo, Ancora una sentenza additiva sull'art. 516 c.p.p.: per il fatto diverso oggetto di contestazione dibattimentale "fisiologica" l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato, in questa Rivista, 9 dicembre 2014.
[9] Ci si riferisce ancora a C. cost., 26 ottobre 2012, n. 237, cit.
[10] Si vedano le considerazioni di V. Maffeo, Le contestazioni tardive e il giudizio abbreviato, in Giur. cost., 2010, pp. 3598-3599.
[11] Si veda, su tutte, Cass., Sez. un., 28 ottobre 1998, n. 13, in Cass. pen., 2000, p. 330, con nota di S. Allegrezza, Precocità delle nuove contestazioni in dibattimento: mera irregolarità o causa di invalidità?; si vedano anche D. Chinnici, In tema di limiti cronologici per le contestazioni suppletive, in Foro it., 2000, c. 710; L. Suraci, La problematica relazione tra nuove contestazioni dibattimentali e giudizio abbreviato, cit., pp. 1489-1490;
[12] Ci si riferisce a C. cost., 30 giugno 1994, n. 265, in Giur. cost., 1994, p. 2153.
[13] Ci si riferisce ancora a C. cost., 18 dicembre 2009, n. 333, cit.
[14] Si vedano A. Liprino, Nuove contestazioni dibattimentali e giudizio abbreviato, cit., p. 219; V. Retico, Contestazione suppletiva e limiti cronologici per il «patteggiamento», in Giur. cost., 1994, p. 2168; G. Todaro, Nuove contestazioni dibattimentali e giudizio abbreviato: una incostituzionalità attesa tra spinte antitetiche e dubbi persistenti, in Cass. pen., 2010, pp. 2529-2535.
[15] Sulla nozione di fatto "diverso" si vedano, ex multis, T. Bene, voce Contestazione suppletiva, in Enc. giur., vol. IX, 2007, p. 2-4; I. Calamandrei, Diversità del fatto e modifica dell'imputazione nel codice di procedura penale del 1988, in Riv. it. dir. proc. pen., 1996, p. 634; F. Cordero, Procedura penale, Milano, 2012, pp. 459-460; L. Marini, Art. 521, in Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da Chiavario, vol. V, Torino, 1991, pp. 454-456; S. Quattrocolo, Riqualificazione del fatto nella sentenza penale e tutela del contraddittorio, Napoli, 2011, pp. 79-132; T. Rafaraci, Le nuove contestazioni nel processo penale, Milano, 1996, pp. 5-24; G. Reynaud, I mutamenti dell'imputazione, cit., pp. 336-342; G. Riccio, Fatti "nuovi" e fatti "diversi" nel regime delle contestazioni suppletive. Tre differenti riti a seconda del tipo di reato configurato, in Dir. giust., 2004, n. 13, p. 63; P.P. Rivello, Il dibattimento nel processo penale, Torino, 1997, pp. 288-300; L. Suraci, Nuove contestazioni, cit., pp. 449-457.
[16] Per approfondimenti, si vedano A. Capone, Iura novit curia. Studio sulla riqualificazione giuridica del fatto nel processo penale, Padova, 2010, pp. 55-65; A. Monteleone, Principio del contraddittorio e nuove contestazioni: tra interpretazione funzionale e tutela del diritto di difesa, in www.archiviopenale.it, pp. 6-11; C. Papagno, La nozione funzionale del "fatto processuale" e l'effettività del diritto di difesa, in Dir. pen. proc., 2009, p. 79; S. Quattrocolo, Riqualificazione del fatto della sentenza penale e tutela del contraddittorio, cit., pp. 110-132; T. Rafaraci, Le nuove contestazioni nel processo penale, cit., pp. 211-304.
[17] Ci si riferisce a C. cost., 29 dicembre 1995, n. 530, in Giur. cost., 1995, p. 4415.
[18] Si vedano le considerazione di R. Angeletti, Nuove contestazioni nel processo penale, cit., pp. 133-134; A. Bassi-F. D'Arcangelo, Il giudizio abbreviato, cit., pp. 116-117; M. Caianiello, Modifiche all'imputazione e giudizio abbreviato. Verso un superamento della distinzione tra contestazioni fisiologiche e patologiche, in Giur. cost., 2012, pp. 3566-3570; F. Cassibba, Vacilla il criterio della prevedibilità delle nuove contestazioni dibattimentali, cit., pp. 15-17; F. Rigo, Giudizio abbreviato e nuove contestazioni, Libro dell'anno del diritto 2014, in www.treccani.it; G. Todaro, Nuove contestazioni dibattimentali e giudizio abbreviato, cit., pp. 2535-2538.
[19] Si vedano M. Mazza, Nuove contestazioni e istruzione dibattimentale, in Cass. pen., 1999, p. 3085; G. Varraso, Le nuove contestazioni «tardive» nel dibattimento: le Sezioni Unite legittimano l'«arbitrio» del Pubblico Ministero, in Giust. pen., 1999, cc. 706-709.
[20] Così si esprime C. cost., 18 dicembre 2009, n. 333, cit., p. 4944; precedentemente, in tema di patteggiamento, si veda C. cost., 30 giugno 1994, n. 265, cit., p. 2162.
[21] Per approfondimenti sulla facoltatività della nuova contestazione ex art. 517 c.p.p., si veda G. Reynaud, I mutamenti dell'imputazione, cit., pp. 346-348; in senso critico, si veda T. Rafaraci, Le nuove contestazioni nel processo penale, cit., pp. 72-73.
[22] Si veda G. Mastromattei, Nota a Corte cost., 26 ottobre 2012, n. 237, in Giur. it., 2013, p. 1516.
[23] Così si esprime C. cost., 26 ottobre 2012, n. 237, cit., p. 3561.
[24] Si vedano però le considerazioni di V. Pini, Modifica dell'imputazione e diritto ai riti speciali, in Giur. cost., 1995, p. 4420, secondo cui sia l'art. 516, sia l'art. 517 c.p.p. sottenderebbero, in fin dei conti, «un fenomeno sui generis» di azione penale; nello stesso senso, M. Caianiello, Modifiche all'imputazione e giudizio abbreviato, cit., p. 3565.
[25] Per approfondimenti sul contenuto di questa disposizione, si vedano L. Degl'Innocenti-M. De Giorgio, Il giudizio abbreviato, Milano, 2006, pp. 164-170; L. Suraci, Il giudizio abbreviato, Napoli, 2008, 2008, pp. 332-349; F. Zacchè, Il giudizio abbreviato, Milano, 2004, pp. 150-153.
[26] Così, testualmente, C. cost., 26 ottobre 2012, n. 237, cit., p. 3560; si vedano anche le considerazioni di M. Caianiello, Giudizio abbreviato a seguito di nuove contestazioni. Il prevalere delle tutele difensive sulle logiche negoziali, in Giur. cost., 2009, p. 4963; F. Cassibba, Vacilla il criterio della prevedibilità delle nuove contestazioni dibattimentali, cit., pp. 16-17.
[27] Per quanto riguarda il possibile contrasto fra il criterio della prevedibilità dell'evoluzione dell'accusa e la presunzione di non colpevolezza ex art. 27, comma 2, Cost., si vedano le considerazioni di F. Cassibba, Vacilla il criterio della prevedibilità delle nuove contestazioni dibattimentali, cit., p. 5.
[28] Si vedano A. Bassi-F. D'Arcangelo, Il giudizio abbreviato, cit., pp. 116-117; M. Caianiello, Giudizio abbreviato a seguito di nuove contestazioni. Il prevalere delle tutele difensive sulle logiche negoziali, cit., p. 4964.