ISSN 2039-1676


11 febbraio 2019 |

Il ripetuto abbaiare di un cane vale un mese di arresto e tre gradi di giudizio penale? Considerazioni a margine di una annunciata riforma del sistema penale: perché non depenalizzare ancora?

Cass., Sez. III, 29 novembre 2018 (dep. 6 febbraio 2019), n. 5800, Pres. Cervadoro, Rel. Mengoni, ric. Bici

Per il testo della sentenza, clicca in alto su "visualizza allegato".

 

1. Un cane “è solito abbaiare ripetutamente, a qualsiasi ora, di giorno e di notte, recando disturbo a numerosi soggetti” che abitano nei pressi dell’abitazione del proprietario. Per questo fatto, indubbiamente fastidioso e molesto (specie durante le ore notturne), il proprietario viene condannato, con sentenza confermata dalla Cassazione, a un mese di arresto (pena sospesa) per la contravvenzione di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone. L’art. 659 c.p. punisce infatti, tra l'altro, chiunque “…non impedendo strepiti di animali disturba le occupazioni o il riposo delle persone…”. La pena è quella, alternativa, dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda fino a 309 euro.

Leggendo la sentenza annotata siamo naturalmente portati, come giuristi, a fare considerazioni sulla configurabilità del fatto sotto il profilo oggettivo (vedi lo spunto, contenuto nella sentenza della Cassazione, sulla ritenuta natura di reato di pericolo astratto e non concreto), piuttosto che sotto il profilo soggettivo (la condotta dolosa, piuttosto che colposa del proprietario, e a ben vedere la stessa possibilità di impedire al cane di abbaiare), ovvero, ancora, sotto il profilo dell’accertamento probatorio (la sentenza si sofferma sulla prova del carattere molesto dell’abbaio).

Una simile bagatella, per quanto il fatto sia molesto per il vicinato, è però a ben vedere un segnale di sofferenza del sistema penale. Sotto due diversi aspetti:

a) non è accettabile l’idea di infliggere un mese di pena detentiva per l’abbaiare di un cane (per quanto, beninteso, si tratti di una pena legale, è sproporzionata);

b) non è nemmeno accettabile che per un simile fatto debbano celebrarsi tre gradi di giudizio davanti, rispettivamente, al Tribunale di Firenze, alla Corte d’Appello di Firenze e alla Suprema Corte di Cassazione.

 

2. Torno, provocatoriamente, su un tema al quale già avevo dedicato alcune considerazioni in occasione di una sentenza della Cassazione relativa al furto, per giunta tentato, di una melanzana (clicca qui). Casi come quello in esame mostrano a mio avviso come la via della depenalizzazione possa e debba essere ancora percorsa:

a) per evitare la possibile inflizione di pene detentive in rapporto a fatti bagatellari, perseguibili con maggiore efficienza e minor sacrificio personale attraverso misure amministrativistiche o civilistiche;

b) per alleggerire il carico giudiziario e contribuire così a rendere meno lento il processo penale. Solo in Cassazione, nel 2018, sono stati iscritti oltre 50.000 procedimenti penali. Quanti di questi procedimenti riguardano fatti bagatellari come quello in esame? Lo sanno bene i consiglieri della Cassazione, chiamati a dedicare parte del loro tempo a trattare quei procedimenti e a scrivere, per quanto in forma semplificata, motivazioni di sentenze che, come nel caso di specie, si concludono per giunta con l’inammissibilità del ricorso. E lo sanno bene anche i giudici di merito, i pubblici ministeri e gli avvocati. La mole dei fascicoli di procedimenti relativi a bagatelle intasa, letteralmente, il sistema della giustizia penale, a partire dagli uffici delle procure.

 

3. Quel che colpisce è d’altra parte l’inflizione di un mese di arresto – trenta giorni di privazione della libertà personale – per non avere impedito al proprio cane di abbaiare disturbando così il vicinato. Davvero, sul piatto della bilancia, la libertà personale vale così poco? È vero che quella pena è stata sospesa (peraltro solo con la sentenza di appello) senza, a quanto pare, l’imposizione al condannato di alcun obbligo ex art. 165 c.p. Ma che senso ha, per un fatto così bagatellare, infliggere una pena detentiva sospesa, di così breve durata, per giunta non accompagnata da contenuti sanzionatori? Non sarebbe più razionale, da parte del legislatore, prevedere contro simili forme di inquinamento acustico una effettiva sanzione amministrativa pecuniaria, accompagnata volendo da una qualche misura volte a eliminare la situazione molesta? Mantenendo in vita simili reati bagatellari non si corre forse il rischio di infliggere pene per fatti che del reato hanno solo la forma, ma non la sostanza? Per non dire poi dell'eventualità che, in caso di revoca della sospensione condizionale della pena, la durata così breve della pena da scontare non consenta di chiedere e ottenere in tempo una misura alternativa alla detenzione, facendo così scontare al condannato, in carcere, una pena enormemente sproporzionata rispetto alla gravità del fatto commesso. 

 

4. A me pare che una riforma della giustizia penale – come quella annunciata nelle scorse settimane dal Governo, per garantire la ragionevole durata del processo anche nei giudizi di impugnazione – debba mirare tra l’altro a estromettere dal sistema penale reati bagatellari come quello in questione; tanto più che la legge-delega 28 aprile 2014, n. 67 (art. 2), non attuata sul punto, con buona pace del condannato, aveva previsto la depenalizzazione della contravvenzione di cui all'art. 659 c.p.

Non poco è stato fatto in tal direzione in passato (si pensi all’introduzione dell’art. 131 bis c.p. e alla depenalizzazione del 2016), ma come mostra la sentenza annotata ancora altra strada merita di essere percorsa. Certo, se nella comunicazione mass-mediatica si veicola all'opinione pubblica il messaggio che depenalizzare significa mostrare il ventre molle alla criminalità (i temibili padroni di cani molesti, nel caso di specie!)...ben difficilmente negli anni a venire conosceremo nuove riforme volte a ridurre l'area di intervento del diritto e del processo penale; e a pagarne le spese saranno l'efficienza e l'efficacia del sistema stesso.