ISSN 2039-1676


31 ottobre 2011 |

Interventi edilizi senza permesso in zone sottoposte a vincolo: la Cassazione ribadisce che il proprietario del terreno sul quale insiste l'opera abusiva non risponde penalmente per la sola qualità  rivestita

Cass. pen., sez. III, 16.6.2011 (dep. 4.10.2011), n. 35886, Pres. Ferrua, Rel. Rosi

Con la sentenza che può leggersi in allegato, la Cassazione ribadisce il suo costante orientamento secondo cui  la mera qualità di proprietario del terreno sul quale insiste un’opera abusiva non è sufficiente a fondare la responsabilità per il reato di cui all’artt. 44 lett. c) D.P.R. n.380/2001 (cfr. Cass. sez. 3, n. 26121 del 12.4.2005, Rosato, CED 231954; Cass., sez. 3, n. 9536 del 20.1.2004, Manco, CED 227403).   
 
Nel ribadire tale principio la S.C. ha riformato la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Milano aveva: a) condannato il proprietario di un terreno, destinato a zona agricola non edificabile, per la costruzione su di esso di un manufatto abusivo di legno e lamiera, collocato su blocchi cementati, adibito ad ufficio di un’associazione di aeromodelissmo, che utilizzava il terreno come campo di volo; b) assolto i concorrenti, componenti del consiglio direttivo dell’associazione che aveva la sede dell'attività nel terreno, sul rilievo che l’associazione era stata costituita pochi mesi prima dell’accertamento del reato e che, comunque, non è emerso dagli atti che i membri del consiglio direttivo avessero chiesto di realizzare, o contribuito a realizzare, la costruzione abusiva.
 
In particolare, il proprietario del terreno veniva condannato sulla base di argomentazioni racchiuse in uno stringato passaggio motivazionale”, essendosi la Corte d’Appello basata esclusivamente sul fatto che nel 1994 il ricorrente aveva richiesto il certificato di destinazione urbanistica, ed aveva pertanto piena consapevolezza della destinazione dell'area a zona agricola non edificabile.
In sostanza, l’imputato veniva condannato solo perché consapevole della destinazione urbanistica dell’area di cui era proprietario, senza che la motivazione dell’impugnata sentenza di secondo grado esprimesse “le ragioni del giudizio di utilità o funzionalità al terreno dell’opera stessa” che, secondo la S.C., “avrebbero dovuto essere sussistenti, nel caso di specie, al fine di ritenere logico il giudizio di attribuibilità al ricorrente della realizzazione del manufatto”.
 
Nell’annullare la sentenza impugnata, con rinvio per un nuovo esame alla Corte d’Appello di Milano, la Cassazione ribadisce il proprio costante orientamento che, in ossequio al principio di personalità della responsabilità penale, esclude la responsabilità del proprietario per la sola qualità rivestita, e afferma invece che questi può essere individuato come responsabile del reato di cui si tratta solo qualora emergano elementi univoci che dimostrino il concorso, anche solo morale, con gli autori del manufatto abusivo.
 
In tal senso potranno essere tenuti in considerazione elementi di valutazione quali l’interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione, i rapporti di parentela o affinità tra il terzo e il proprietario, la sua eventuale presenza in loco, lo svolgimento di attività di vigilanza dell'esecuzione dei lavori, la richiesta di provvedimenti abilitativi in sanatoria, il regime patrimoniale dei coniugi, etc.(cfr Cass. sez. 3, n. 26121 del 12.4.2005, Rosato, cit.); ed ancora, la circostanza che lo stesso abiti "nello stesso territorio comunale ove è stata eretta la costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo, che sia il destinatario finale dell'opera” (cfr. Sez. 3, n. 9536 del 20.1.2004, Manco, cit.). D'altra parte, deve essere provata la  piena consapevolezza del proprietario in ordine all’esecuzione delle opere da parte del coimputato, anche in forma di consenso implicito. (cfr. Cass.  sez. 3, n. 44160 dell'1.10.2003, Neri, CED 226589).