ISSN 2039-1676


02 novembre 2011 |

L'equiparazione funzionale dei vincoli (diretto e indiretto) posti a tutela dei beni culturali

Cass., Sez. III, 22.9.11 (dep. 5.10.11), n. 36095, Pres. Squassoni, Est. Ramacci, ric. Mendini e altri

Con la sentenza pubblicata in allegato ci si propone di risolvere il dubbio interpretativo sull’ambito di operatività dell’art. 44 lett. c) del D.P.R. 380/01 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia”), il quale prevede (“Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative”) che si applichi «l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 15493 a 51645 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'articolo 30. 
 
La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso». Il dubbio riguarda in particolare il riferimento al “vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale”, risultando decisivo, ai fini della risoluzione della controversia, stabilire se il riferimento sia al solo vincolo diretto o anche a quello indiretto.
 
Finalità dei ricorrenti era infatti dimostrare la non pertinenza del vincolo esistente sul manufatto (demolito e ricostruito) a questa fattispecie, e ricondurre invece la questione sul piano paesaggistico al fine di valersi della speciale causa estintiva del reato prevista nell’art. 181 comma 1-quinquies del D. Lgs. 42/04 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”), che così dispone: «La rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1».
 
La sentenza pone il principio per il quale «anche il vincolo di tutela indiretta può rientrare nel generale novero dei vincoli imposti per la conservazione e la protezione dei beni culturali, assolvendo a scopi analoghi a quelli concernenti i vincoli diretti né, peraltro, il legislatore sembra avere assegnato a tale misura di protezione una minore rilevanza rispetto questi ultimi, come si desume dalla previsione, nell’art. 172 D.Lv. 42/04, in caso di inosservanza delle prescrizioni di tutela indiretta, di una pena identica a quella prevista dai precedenti articoli 169, 170 e 171 per gli interventi illeciti sui beni culturali».
 
Una siffatta ricostruzione del significato della disposizione dell’art. 44 lett. c) D.P.R. 380/01 non rappresenta né una interpretazione estensiva né tanto meno una applicazione analogica, ma deriva evidentemente e direttamente dalla lettera della legge. E a questo significato letterale si adeguano comunemente gli enti territoriali che, nelle rispettive competenze, considerano le prescrizioni di tutela indiretta – al pari di quelle del vincolo diretto – immediatamente precettive, tanto da recepirle nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici.
 
Al di là dell’argomento letterale, questa equiparazione di vincolo diretto e di vincolo indiretto era già stata efficacemente proposta in dottrina (Mansi, Il nuovo testo unico per i beni culturali e ambientali, Padova 2000, pp. 164-165, con riferimento all’identica previsione contenuta nel t.u. 490/99, che a sua volta ripeteva l’originaria espressione della legge 1089/39) ritenendo improprio parlare di tutela indiretta e di vincolo indiretto a proposito di quanto previsto oggi nell’art. 45 D. Lgs. 42/04, trattandosi piuttosto di un vincolo diretto vero e proprio che aggiunge, migliora e completa il vincolo imposto sul bene principale, come confermato sempre, peraltro, dalle medesime conseguenze sanzionatorie dell’inosservanza delle prescrizioni relative ai due tipi di vincolo.
 
La citata prospettiva (quella di un vincolo – potremmo dire – di “completamento”) è dunque confermata nella sentenza, e in essa si precisa che nei casi di “tutela indiretta” il provvedimento di prescrizione incide sì su beni diversi da quelli tutelati, ma con specifiche finalità di conservazione della cornice ambientale di questi ultimi, al fine di evitare – si legge in sentenza – ogni alterazione dell’insieme delle caratteristiche fisiche e culturali dello spazio circostante al monumento.
 
Se dunque è vero che l’interpretazione della Cassazione rimane correttamente entro la cornice dei possibili significati letterali della disposizione, convince meno l’impostazione legislativa, in particolare la parificazione sanzionatoria di gradi e tipi di offesa differenti.  Infatti l’art. 45 D. Lgs. 42/04 (che pone il precetto – “Prescrizioni di tutela indiretta” - la cui sanzione è poi prevista nell’art. 172) attribuisce al Ministero “la facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare” tre tipi diversi di offesa: la messa in pericolo dell’integrità dei beni culturali immobili, il danneggiamento della prospettiva o della luce o l’alterazione delle condizioni di ambiente e di decoro.
 
Premesso che il comportamento illecito sta tutto nella inosservanza dei provvedimenti amministrativi prescrittivi (“chiunque non osserva le prescrizioni date dal Ministero ai sensi dell'articolo 45, comma 1” dice l’art. 172 comma 1 D. Lgs. 42/04), e dunque in una condotta astrattamente pericolosa, con riferimento alla messa in pericolo dell’’integrità si tratta di una ulteriore anticipazione della soglia di offesa al bene vincolato, che descrive i tratti di un reato di pericolo indiretto (di pericolo di pericolo: Marinucci-Dolcini, Corso di Diritto penale, 1, III ed., Milano 2001, pp. 592 ss.).
 
Rimane invece pura la tecnica del pericolo astratto quando ci si riferisce all’inosservanza delle prescrizioni amministrative volte a evitare la lesione della prospettiva o della luce e dell’ambiente o del decoro, mutando però l’oggetto dei provvedimenti: non più l’integrità del bene culturale ma la sua “cornice ambientale” (come definita in sentenza), un tipo di tutela collaterale (o di completamento) che mal sopporta un’equiparazione sanzionatoria con le condotte direttamente (seppur astrattamente) pericolose per l’integrità del bene tutelato.