ISSN 2039-1676


9 gennaio 2017 |

Verso la riforma dei reati contro i beni culturali: approvato dal Consiglio dei Ministri un disegno di legge delega per l'introduzione nel codice penale delle più gravi forme di aggressione al patrimonio culturale

Una proposta di rafforzamento costituzionalmente orientato del sistema di tutela dei beni culturali

Contributo pubblicato nel Fascicolo 1/2017

Per leggere il comunicato stampa diffuso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, clicca qui.

 

1. La Costituzione (all'art. 9) assegna alla tutela del patrimonio storico e artistico un ruolo tra i principi fondamentali (e non come limite della proprietà privata come in altre carte fondamentali): spetta poi al legislatore esplicitare il sistema e i modi di tutela. Mentre però il legislatore è intervenuto riformando la legge Bottai del 1939 con il Codice dei beni culturali e del paesaggio, le disposizioni previgenti del codice penale del 1930 sono rimaste quasi immutate e del tutto inadeguate al rango del bene. Alle forme più gravi di aggressione ai beni culturali – la distruzione e la dispersione – è attualmente possibile reagire con disposizioni dettate in un'altra ottica (quella meramente patrimonialistica: tutela indiretta, dunque) e attraverso un’interpretazione adeguatrice delle disposizioni stesse. Per punire il furto di beni culturali attualmente si può solo (e non sempre) ricorrere alla circostanza aggravante del furto prevista nell’art. 625 n. 7 (la stessa che vale per il furto nei supermercati); in tema di danneggiamento sono presenti i medesimi inconvenienti, di impostazione e di tecnica, nonostante un intervento legislativo che almeno cita espressamente il patrimonio storico-artistico come oggetto dell'aggravante dell'art. 635 c.p. comma 2 n. 3. Alla precisazione dell’oggetto materiale non si è accompagnato un intervento sugli spazi vuoti di tutela, cioè le ipotesi di danneggiamento colposo (frequentissime e non coperte dalla disposizione dell’art. 635 c.p., come anche da quella dell’art. 639 c.p., che concernono fattispecie dolose) e di danneggiamento su cosa propria. A coprire queste lacune dovrebbe contribuire la contravvenzione dell’art. 733 c.p. (“Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale”), che però dati i suoi limiti strutturali (è stata definita da Ferrando Mantovani «una contravvenzione “gigante”, di rara verificazione pratica») ha avuto in giurisprudenza un’applicazione contrastata e marginale.

 

2. Il sistema italiano di tutela penale dei beni culturali è contraddittorio e incoerente. Con riferimento all'offesa di danno, il legislatore non riconosce alla tutela dei beni culturali un ruolo adeguato al rango costituzionale, né sotto il profilo della struttura del reato né sotto il profilo sanzionatorio. Con riferimento alla fase del pericolo, l’importanza del bene viene invece ritenuta, evidentemente, tale da giustificare la meritevolezza e il bisogno di una significativa anticipazione della tutela penale attraverso l’utilizzo della tecnica del pericolo astratto. Il nostro è pertanto un ordinamento severo quando non solo non c’è lesione del bene ma anche quando la previsione della pericolosità è solo astratta e reca immancabilmente un margine di presunzione. Al contrario tale impostazione severa svanisce quando il tipo di offesa è quello della lesione.

 

3. Ora il Governo e il Parlamento si trovano di fronte a un’occasione da non perdere. Le innovazioni proposte sono tutte significative sia sul piano sostanziale che di indagine e processuale e coprono tutti i possibili tipi di offesa. Ma l'iter legislativo può consentire di fare davvero di più. Si tratta di scegliere innanzitutto con chiarezza se davvero si vuole passare a un sistema di tutela penale diretta, come impone il valore del bene secondo Costituzione. Tale sistema presuppone un regime pubblicistico protettivo, che assume come base una nozione di bene culturale nella quale il valore ideale si compenetra così profondamente nell’elemento materiale da formare un nuovo bene giuridico, che deve costituire oggetto di protezione diretta da parte dello Stato, indipendentemente dall’appartenenza pubblica o privata del bene e anche nei confronti di possibili offese da parte dello stesso proprietario. La formula più adeguata per tale protezione diretta è inserire nel codice penale un titolo appositamente dedicato ai reati contro il patrimonio storico-artistico.

Dalla relazione tecnica però non pare chiaro se sarà così, o piuttosto si aggiungeranno commi o articoli aggiuntivi nelle sedi già esistenti, mentre non appare chiaro dove andranno a situarsi fattispecie traslate dal codice dei beni culturali, come quelle sulla alienazione e sull'esportazione. Così come non sembra prevedersi una definizione di beni culturali, mentre è opportuno (e doveroso) che il legislatore penale, quando fa uso di termini suscettibili di molteplici interpretazioni, ne fornisca una definizione, per evitare il trasferimento di scelte politico-criminali al singolo giudice.

 

4. Un altro punto sul quale è bene fare chiarezza riguarda la nuova fattispecie di detenzione illecita. Oggi accade spesso in giurisprudenza che la prova della legittimità del possesso, cioè la circostanza che esso risalga a un periodo antecedente al 1909, debba essere fornita dal privato, il quale si trova pertanto gravato da una “probatio diabolica”. L’impostazione giurisprudenziale tradizionale ha prodotto un sistema sanzionatorio rigido, talvolta punitivo per il privato in buona fede, che non giova alla difesa del patrimonio storico-artistico, e in particolare archeologico, ma si risolve in una enorme cifra oscura e nuoce in realtà alla conoscenza dell’entità del patrimonio archeologico. La nuova fattispecie andrà congegnata in modo tale da evitare i rischi della disciplina previgente.

 

5. Ci sono altri punti sui quali i lavori parlamentari e del legislatore delegato saranno chiamati a sciogliere dubbi (es. la disciplina dell'alienazione), ma con minime modifiche di impostazione dell'intervento si potrà davvero arrivare a un sistema di tutela efficace e adeguato allo straordinario patrimonio culturale del nostro Paese.