ISSN 2039-1676


22 novembre 2011 |

La prassi contra legem non esclude il dolo dell'abuso d'ufficio

Cass. pen., sez. Feriale, 25.8.2011 (dep. 21.10.2011), n. 38133, Pres. Esposito, Rel. Petruzzellis

Con la sentenza che può leggersi in allegato, la Cassazione si pronuncia in merito alla prova del dolo nel delitto di abuso d'ufficio (art 323 c.p.) e, in particolare, al rilievo che può essere attribuito, in tal prospettiva, alla prassi contra legem comunemente seguita dai funzionari comunali nel rilascio del permesso di costruire in zone vincolate. Il principio affermato dalla S.C. è che i 'pregressi comportamenti analoghi' da parte di altri funzionari pubblici in analoghe situazioni non sono sufficienti ad escludere l'elemento soggettivo del reato.

Nel caso in esame, oggetto di impugnativa era la sentenza della Corte di Appello dell'Aquila che, riformando la sentenza di condanna del Tribunale di Pescara, aveva assolto tre tecnici comunali dal reato di abuso di ufficio loro ascritto in relazione al rilascio di permessi di costruire in zone vincolate, per difetto dell'elemento soggettivo. In particolare, valorizzando  la prassi seguita dal comune di Pescara nel rilascio del permesso di costruire in zone vincolate, la sentenza di secondo grado giungeva ad affermare che il modus procedendi seguito dall'Amministrazione, conforme a una prassi generalizzata del luogo, era in grado di escludere l'elemento soggettivo del reato: ''la comune condotta dei funzionari di quel territorio, su situazioni analoghe, poteva porre in dubbio l'elemento psicologico del reato.''

La sentenza veniva pertanto impugnata dal Procuratore generale presso la Corte di Appello dell'Aquila, che sviluppava in gran parte l'analoga impugnativa della parte civile (Italia Nostra) e contestava la violazione di legge penale e la carenza ed illogicità della motivazione in quanto il giudice di secondo grado aveva illegittimamente qualificato la prassi seguita dal comune di Pescara nel rilascio del permesso di costruire in zone vincolate come idonea ad escludere il dolo del contestato delitto di abuso d'ufficio. Nel dettaglio, la parte ricorrente evidenziava come in base alla normativa nazionale vigente (D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) si sarebbe dovuto seguire tutt'altro iter amministrativo che prevedeva: a) il rilascio del nulla osta paesaggistico; b) la comunicazione del provvedimento alla sovrintendenza dei beni ambientali; c) il decorso del termine di 60 giorni per l'esplicazione del potere di annullamento alla quest'ultima autorità spettante. Al contrario, dall'istruttoria svolta erano emerse palesi violazioni di legge relative al procedimento amministrativo seguito - in base all'applicazione della legge regionale risalente (legge regionale del 1995) in luogo di quella nazionale - con indubbio vantaggio per il privato committente. Ciò aveva d'altra pare giustificato la contestazione del delitto di abuso d'ufficio e la condanna da parte del giudice di primo grado, che proprio dalla macroscopica violazione dell'iter amministrativo prescritto dalla legge per il rilascio del permesso di costruire aveva tratto decisivi elementi a sostegno della sentenza di condanna.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e censurato la mancata valorizzazione, da parte dei giudici di secondo grado, degli indizi sull'esistenza del dolo del delitto contestato, escluso ''semplicisticamente con la generica evocazione di pregressi comportamenti analoghi.'' I giudici di legittimità hanno sottolineano come il delitto di abuso d'ufficio non richiede la prova della collusione del pubblico funzionario con la persona che si intende favorire, potendo l'intenzionalità desumersi dalle modalità complessive della condotta. In particolare, sottolinea la sentenza annotata, "proprio i comportamenti valorizzati dal giudice d'appello, costituiti dalla reiterazione delle prassi illegittime, volte alla sostanziale elusione di qualsiasi vincolo all'edificazione, non escludono l'intenzionalità del vantaggio, ben potendo tale intenzionalità  prescindere dalla volontà di favorire nello specifico" una persona determinata, "per effetto di un previo contatto illecito, e rientrare più genericamente in una decisione favorevole all'edificazione, che veda quindi intenzionalmente favorito il privato, pur in assenza di un previo accordo con questi'' (in senso conforme cfr. Cass. Sez. VI, 4 marzo 1999, n. 6724, Jacovacci, in Ced Cassazione m. 214158).