ISSN 2039-1676


22 dicembre 2010 |

L'adozione del modello 231 da facoltà  ad obbligo per le imprese

L’interesse delle aziende all’adeguamento al D.lgs 231/01 si è sempre posto in termini utilitaristici, dal momento che le imprese tendono a soppesare i costi, non esigui, della conformazione al “modello 231” con i benefici economici conseguibili in virtù dell’adozione del medesimo. L’efficacia esimente che offre l’adeguamento alla normativa di riferimento ha sempre costituito un flebile argomento agli occhi degli imprenditori, così come i benefici indiretti ed a medio-lungo termine che ne conseguirebbero all’immagine aziendale, alla tutela degli azionisti e dei soci.
 
Tuttavia, sembra ormai che  il fondamento della policy aziendale su principi di legalità preventiva, da facoltà o opportunità stia diventando un’esigenza. A confermare l’assunto si pone la recente emanazione del decreto n. 588/2010 [1] della Regione Lombardia, ove viene richiesto l’adeguamento al “modello 231” quale condicio sine qua non per gli enti che svolgono servizi formativi e che vogliono addivenire alla contrattazione con la regione medesima.
 
Tale provvedimento normativo si armonizza ed allinea con la politica legislativa della Regione Calabria, la quale, per prima e già a far data dal 2008 [2] ha imposto alle imprese operanti in regime di convenzione con la medesima di adeguarsi alle disposizioni di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
 
Quanto esposto riporta l’attenzione sullo sforzo operato dalle istituzioni al fine di rendere l’adozione del “modello 231” un requisito indispensabile per l’accesso delle aziende al mercato, politica questa che ha dato concreto impulso all’adeguamento alla normativa di riferimento.
 
Preme altresì evidenziare come la giurisprudenza di meritoabbia già avuto modo di esprimersi (nei confronti di un Amministratore Delegato e Presidente del C.d.A. di una S.p.A.) ritenendo la sussistenza di uno specifico dovere in capo all’amministratore alla attivazione di quanto disposto dal D.lgs 231/01. In virtù di ciò, nel caso de quo, la Corte meneghina ha ravvisato la sussistenza di una responsabilità per inadeguata attività amministrativa legittimante un’azione di responsabilità ex art. 2392 c.c. ed ha per l’effetto riconosciuto l’insorgenza dell’obbligazione risarcitoria in capo al medesimo, così enunciando:”…l'amministratore delegato e presidente del C.d.A. è tenuto al risarcimento della sanzione amministrativa di cui all'art. 10 d.lg. n. 231/2001, nell'ipotesi di condanna dell'ente a seguito di reato, qualora non abbia adottato o non abbia proposto di adottare un modello organizzativo…[3].
 
In conclusione, nonostante il dettato legislativo ponga in termini facoltativi e premiali la conformazione degli enti alla normativa di riferimento, si sottolinea come, de facto, l’adozione del “modello 231” costituisca sempre più un vero e proprio obbligo per le aziende.


[1]  Decreto n. 5808 del 08/6/2010 rubricato “Approvazione dei requisiti e delle modalità operative per la richiesta di iscrizione all’albo regionale degli operatori pubblici e privati per i servizi di istruzione e formazione professionale e per i servizi al lavoro in attuazione dela D.G.R. N. VIII del 23 dicembre 2009”, il quale statuisce i seguenti termini e le seguenti incombenze: entro il 31/12/2010 adozione del Codice Etico, nomina dell’OdV e comunicazione alla Regione Lombardia; entro il 31/03/2011 adozione del modello organizzativo D.Lgs. 231/01 e comunicazione alla Regione Lombardia. Provvedimento scaricabile dal sito della Regione Lombardia. 
[2]  Legge Regione Calabria n. 15 del 21 giugno 2008, ove all’art. 54 statuisce: “co. I) Le imprese che operano in regime di convenzione con la Regione Calabria, sono tenute ad adeguare, entro il 31 dicembre 2008, i propri modelli organizzativi alle disposizioni di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante la "disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società, e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300", dandone opportuna comunicazione ai competenti Uffici Regionali”.
[3]  La prima decisione in merito è stata la pronuncia del Tribunale Milano, sez. VIII civ., 13 febbraio 2008, n. 1774, la quale, in motivazione enuncia: “…per quanto attiene all’omessa adozione di un adeguato modello organizzativo …risulta… incontestabile il concorso di responsabilità di parte convenuta che, quale Amministratore Delegato e Presidente del C.d.A., aveva il dovere di attivare tale organo…”. In Riv. dottori comm. 2008, 6, 1265 -s.m.- (nota di: Troyer, Ingrassia).