19 aprile 2014
Due nuove dichiarazioni di illegittimità per il quarto comma dell'art. 69 cod. pen.: possibile la prevalenza sulla recidiva delle ipotesi "lievi" di violenza sessuale e ricettazione
Corte cost., 18 aprile 2014, nn. 105 e 106, Pres. Silvestri, Rel. Lattanzi
1. Crediamo utile dare immediata notizia, riservandoci eventuali approfondimenti per un prossimo futuro, di due importanti decisioni della Corte costituzionale, entrambe depositate il 18 aprile 2014.
Come già di recente era accaduto riguardo alle fattispecie di «lieve entità» in materia di stupefacenti (sentenza 15 novembre 2012, n. 251), sono cadute due importanti porzioni della disciplina della comparazione tra circostanze introdotta dalla cd. «legge ex Cirielli», al fine di aggravare (fino ad estremi di palese irragionevolezza) il trattamento sanzionatorio per i recidivi reiterati.
2. Con la sentenza n. 105 del 2014 la Consulta ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 3 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 648, secondo comma, cod. pen., sulla recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen. Dunque, quando si tratti di una fattispecie di ricettazione nella quale il fatto sia qualificato come di «particolare tenuità», potrà darsi nuovamente prevalenza all'attenuante speciale, recuperando un minimo edittale pari a 15 giorni, invece che a due anni.
Naturalmente, il giudizio si è fondato sulla constatazione di una rilevante ampiezza dei confini della figura incriminatrice, tale da indurre lo stesso legislatore a prevedere una previsione attenuata con forte scostamento di pena dai valori ordinari.
Come notato dalla Corte, il più mite trattamento sanzionatorio, per il recidivo reiterato era di 48 volte superiore a quello del delinquente non recidivo: un irragionevole distacco dai principi di ragionevolezza e offensività, con un deciso sbandamento - si può aggiungere - verso quella logica "d'autore" che così gravemente aveva segnato la legge n. 251 del 2005.
Da segnalare, ancora, come nuovamente la Consulta abbia rilevato anche una violazione del principio di proporzionalità della pena, che sembra destinato ad assumere un rilievo sempre maggiore nel sindacato di legittimità delle norme incriminatrici.
3. Un ragionamento analogo sottende alla sentenza n. 106 del 2014, con la quale la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 3 della legge n. 251 del 2005, «nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 609-bis, terzo comma, cod. pen., sulla recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen.»: anche per i casi di violenza sessuale definiti di «minore gravità» potrà esservi, per il recidivo reiterato, possibilità di recupero di valori di pena più adeguati al fatto commesso.
La Corte ha ricordato come proprio l'introduzione d'una nozione unitaria di atto sessuale, che affastella piccoli contatti indesiderati e comportamenti di estrema gravità, abbia fatto sorgere l'esigenza di introdurre una circostanza attenuante per i casi di minore gravità.
La completa neutralizzazione delle caratteristiche del fatto (anche nei profili soggettivi) sul piano del trattamento sanzionatorio, riguardo al recidivo, violava il principio di proporzionalità ed anche quello di uguaglianza. (G.L.)
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