ISSN 2039-1676


11 novembre 2014 |

Il Senato approva il ddl. in materia di diffamazione

Disegno di legge C. 925-B

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1. Il 29 ottobre scorso è stato approvato dal Senato il testo del ddl. S. 1119, intitolato "Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale, al codice di procedura penale e al codice di procedura civile in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante nonché di segreto professionale. Ulteriori disposizioni a tutela del soggetto diffamato". Il Senato ha modificato la versione del ddl. approvata dalla Camera il 17 ottobre 2013 (per consultare la relativa scheda, clicca qui). Il ddl. è dunque tornato all'esame della Camera con il nominativo C. 925-B.

 

2. La riforma - che incide sulla l. 8 febbraio 1948, n. 47 ("Disposizioni sulla stampa"), sul codice penale, nonché sui codici di procedura penale e civile - si compone di sei articoli.

 

3. L'art. 1 introduce diverse modifiche alla legge sulla stampa (legge n. 47 del 1948):

- intervenendo sull'art. 1 l. 47/1948, estende l'ambito di applicazione della stessa sia alle testate giornalistiche on line (registrate ai sensi dell'art. 5 l. 47/1948) che alle testate giornalistiche radiotelevisive (comma 1). Sul punto, non sono state apportate modifiche rispetto alla versione approvata dalla Camera;

- arricchendo l'art. 8 l. 47/1948 di numerose nuove disposizioni, aggiorna e specifica la disciplina del diritto di rettifica, con particolare riferimento alle testate giornalistiche on line, alle trasmissioni radiofoniche o televisive ed alla stampa non periodica (comma 2). Il testo risulta parzialmente modificato rispetto alla versione approvata dalla Camera;

- nella prospettiva di una revisione della disciplina delle sanzioni civilistiche previste per la diffamazione a mezzo stampa, abrogando l'art. 12 l. 47/1948 (rubricato "Riparazione pecuniaria") ed inserendo contestualmente un art. 11-bis dopo all'art. 11 l. 47/1948 (relativo alla responsabilità civile per i reati commessi con il mezzo della stampa), stabilisce più precisi criteri di determinazione del danno ai fini del risarcimento (commi 3 e 4). Sul punto, non sono state apportate modifiche rispetto alla versione approvata dalla Camera.

 

4. Di particolare interesse per il penalista è la completa riformulazione (operata già dal vecchio testo del ddl) del discusso art. 13 l. 47/1948 (rubricato "Pene per la diffamazione"), realizzata dall'art. 1 co. 5 del disegno di legge. La nuova norma riunisce le diverse fattispecie sanzionatorie relative alla diffamazione a mezzo stampa ed elimina qualsiasi riferimento alla pena della reclusione. In particolare, il novellato art. 13 l. 47/1948:

- commina la multa fino a 10.000 euro per il caso di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, di testate giornalistiche online registrate o della radiotelevisione (comma 1, prima parte). Oggi la diffamazione a mezzo stampa è punita dall'art. 595 co. 3 c.p. con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a 516 euro. Il Senato, rispetto alla versione approvata dalla Camera, ha eliminato il minimo edittale di 5.000 euro ed ha esteso il campo di applicabilità della norma anche alla diffamazione commessa con il mezzo di testate giornalistiche online registrate;

- commina la multa da 10.000 euro a 50.000 euro per il caso di diffamazione commessa con il mezzo stampa, nel quale l'offesa consista nell'attribuzione di un fatto determinato falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza della sua falsità (comma 1, seconda parte). Oggi la diffamazione a mezzo stampa, consistente nell'attribuzione di un fatto determinato (senza riferimenti alla falsità dello stesso), è punita dall'art. 13 l. 47/1948 con la reclusione da uno a sei anni e con la multa non inferiore a lire 500.000. Il Senato, rispetto alla versione approvata dalla Camera, ha mitigato la cornice edittale, prima delimitata tra 20.000 e 60.000 euro;

- prevede che alla condanna per le fattispecie di reato precedenti consegua la pena accessoria della pubblicazione della sentenza nei modi stabiliti dall'art. 36 c.p. (affissione al Comune e pubblicazione su uno o più giornali e sul sito Internet del Ministero della giustizia) e, nell'ipotesi di cui all'art. 99 co. 4 c.p. (recidiva reiterata), la pena accessoria dell'interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da un mese a sei mesi (comma 2). Il Senato, rispetto alla versione approvata dalla Camera, ha sostituito il riferimento alla recidiva per nuovo delitto non colposo della stessa indole ex art. 99 co. 2 n. 1 con quello alla recidiva reiterata;

- estende le pene di cui al primo comma anche al direttore o al vicedirettore responsabile del quotidiano, del periodico o della testata giornalistica, radiofonica o televisiva o della testata giornalistica on line registrata ai sensi dell'articolo 5 l. 47/1948 che, a seguito di richiesta dell'autore della pubblicazione, abbia rifiutato di pubblicare le dichiarazioni o le rettifiche secondo le modalità definite dall'articolo 8 l. 47/1948 (comma 3). Questo comma non ha subito modifiche rispetto alla versione originaria approvata dalla Camera;

- prevede una particolare causa sopravvenuta di non punibilità per l'autore dell'offesa e per il direttore responsabile della testata giornalistica, anche on line, registrata ai sensi dell'art. 5 l. 47/1948, nonché per i soggetti di cui all'art. 57-bis c.p. (editore e stampatore, nei casi di reati commessi per mezzo di stampa non periodica), se, con le modalità previste dall'art. 8 l. 47/1948, anche spontaneamente, siano state pubblicate o diffuse dichiarazioni o rettifiche. Il giudice, nel dichiarare la non punibilità, deve valutare la rispondenza della rettifica ai requisiti di legge (commi 4 e 5). Il Senato, rispetto alla versione approvata dalla Camera, ha inserito una nuova causa di esclusione della punibilità: l'autore dell'offesa è infatti altresì non punibile quando abbia chiesto, a norma dell'ottavo comma dell'art. 8, la pubblicazione della smentita o della rettifica richiesta dalla parte offesa;

- impone al giudice di disporre con la sentenza di condanna la trasmissione degli atti al competente ordine professionale per le determinazioni relative alle sanzioni disciplinari (comma 6). Questo comma non ha subito modifiche rispetto alla versione originaria approvata dalla Camera;

- richiama gli artt. 596 e 597 c.p., in materia, rispettivamente, di esclusione della prova liberatoria e di querela ed estinzione del reato, in relazione ai delitti di ingiuria e diffamazione (comma 7). Questo comma non ha subito modifiche rispetto alla versione originaria approvata dalla Camera.

Va ricordata, infine, la disposizione dell'art. 1 co. 6 del disegno di legge in esame che, introducendo un ultimo comma all'art. 21 l. 47/1948 (rubricato "Competenza e forme del giudizio"), prevede che per il delitto di diffamazione commesso mediante comunicazione telematica sia competente il giudice del luogo di residenza della persona offesa. Anche questa disposizione non è stata modificata dal Senato.

 

5. Rilevanti sono anche le modifiche introdotte nel codice penale dall'art. 2 del disegno di legge. Innanzitutto, il primo comma di questa disposizione sostituisce l'art. 57 c.p. (rubricato "Reati commessi col mezzo della stampa periodica") con il seguente:

"Art. 57 - (Reati commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione)

Fatta salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione, e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vicedirettore responsabile del quotidiano, del periodico o della testata giornalistica, radiofonica o televisiva o della testata giornalistica on line registrata ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, limitatamente ai contenuti prodotti, pubblicati, trasmessi o messi in rete dalle stesse redazioni, risponde a titolo di colpa (il riferimento alla colpa è stato inserito nella versione approvata dal Senato, n.d.a.) dei delitti commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione se il delitto è conseguenza della violazione dei doveri di vigilanza sul contenuto della pubblicazione. La pena è in ogni caso ridotta di un terzo. Non si applica la pena accessoria dell'interdizione dalla professione di giornalista. Il direttore o il vicedirettore responsabile di cui al primo periodo, in relazione alle dimensioni organizzative e alla diffusione del quotidiano, del periodico o della testata giornalistica, radiofonica o televisiva o della testata giornalistica on line registrata ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, limitatamente ai contenuti prodotti, pubblicati, trasmessi o messi in rete dalle stesse redazioni, può delegare, con atto scritto avente data certa e accettato dal delegato, le funzioni di controllo a uno o più giornalisti professionisti idonei a svolgere le funzioni di vigilanza di cui al primo periodo

 

Il direttore o il vicedirettore responsabile del quotidiano, del periodico o della testata giornalistica radiofonica o televisiva o della testata giornalistica on line risponde dei delitti commessi con il mezzo della stampa o della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione nei casi di scritti o diffusioni non firmati (questo comma è stato inserito nella versione approvata dal Senato, n.d.a.)".

Come appare evidente, il nuovo art. 57 c.p. segue il percorso di riforma volto ad estendere la disciplina riservata ai direttori o ai vicedirettori di testate afferenti alla stampa tradizionale anche ai direttori o ai vicedirettori di testate giornalistiche radiotelevisive ed on line, purché registrate ai sensi dell'art. 5 l. 47/1948. Nel testo adottato dalla Camera, tali soggetti rispondevano dei delitti commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione, quando il reato era conseguenza della violazione dei doveri di vigilanza sul contenuto della pubblicazione. Era dunque venuto meno l'inciso "a titolo di colpa", previsto dalla disposizione codicistica attualmente vigente. Ora, tuttavia, il Senato ha ripristinato il riferimento espresso al coefficiente colposo. In tali fattispecie, la pena è in ogni caso ridotta di un terzo (e non più "diminuita in misura non eccedente un terzo") e non si applica la pena accessoria dell'interdizione dalla professione di giornalista. Interessante è infine la facoltà di delega delle funzioni di controllo ad uno o più giornalisti professionisti idonei a svolgere le funzioni di vigilanza, concessa ai direttori ed a vicedirettori responsabili. Altrettanto rilevante è poi il nuovo secondo comma della norma, inserito dal Senato, ai sensi del quale "il direttore o il vicedirettore responsabile del quotidiano, del periodico o della testata giornalistica radiofonica o televisiva o della testata giornalistica on line risponde dei delitti commessi con il mezzo della stampa o della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione nei casi di scritti o diffusioni non firmati".

 

6. L'art. 2 co. 2 del disegno di legge riformula il delitto di ingiuria nei termini che seguono:

"Art. 594 - (Ingiuria) 

Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la multa fino a euro 5.000.

 

Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica, telefonica o telematica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.

 

La pena è aumentata fino alla metà qualora l'offesa consista nell'attribuzione di un fatto determinato ovvero sia commessa in presenza di più persone".

La riforma dunque - oltre ad inserire l'elemento della comunicazione "telematica" - interviene principalmente sul trattamento sanzionatorio. Più precisamente, così come già evidenziato in relazione all'art. 13 l. 47/1948, scompare ogni riferimento alla pena detentiva. In compenso, l'importo massimo della multa per la fattispecie base di cui al primo comma viene innalzato da 516 euro a 5.000 euro. Infine, vengono equiparati ed inaspriti i trattamenti sanzionatori, oggi diversificati, per le ipotesi rispetto alle quali l'offesa consista nell'attribuzione di un fatto determinato ovvero sia commessa in presenza di più persone: in questi casi la pena è aumentata fino alla metà (attualmente l'aumento - fino ad un terzo, per effetto dell'art. 64 c.p. - riguarda solo la seconda ipotesi, mentre l'attribuzione di un fatto determinato è punita con la reclusione fino a un anno o la multa fino a euro 1.032). Questo articolo non ha subito modifiche rispetto alla versione originaria approvata dalla Camera.

 

7. L'art. 2 co. 3 del disegno di legge riformula il delitto di diffamazione nei termini che seguono:

"Art. 595 - (Diffamazione)

Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo 594, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la multa da euro 3.000 a euro 10.000.

 

Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della multa fino a euro 15.000.

 

Se l'offesa è arrecata con un qualsiasi mezzo di pubblicità, in via telematica ovvero in atto pubblico, la pena è aumentata della metà".

Anche per questa fattispecie viene eliminato ogni riferimento alla pena della reclusione e, contestualmente, viene irrigidito il trattamento sanzionatorio relativo alla pena pecuniaria. In particolare, l'attuale sanzione della reclusione fino a un anno o della multa fino a euro 1.032 è sostituita dalla multa da 3.000 a 10.000 euro. In caso di attribuzione di un fatto determinato la pena è della sola multa fino a 15.000 euro (oggi tale fattispecie è sanzionata con la reclusione fino a due anni o la multa fino a 2.065 euro). Il terzo comma dell'art. 595 c.p. viene innovato eliminando il riferimento all'offesa arrecata per mezzo stampa (sostituito da quello dell'offesa arrecata con un qualsiasi mezzo di pubblicità), prevedendo la possibilità che l'offesa venga posta in essere in via telematica e rimodulando anche per questa ipotesi il trattamento sanzionatorio: il nuovo art. 595 co. 3 c.p. sostituisce con l'aumento di pena della metà l'attuale pena della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro. Il comma quarto del vigente art. 595 c.p. viene abrogato: esso riguarda l'ipotesi aggravata dell'offesa recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o a una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio. Anche questo articolo non ha subito modifiche rispetto alla versione originaria approvata dalla Camera.

 

8. L'art. 3 del disegno di legge, introdotto per la prima volta dal Senato, contiene misure a tutela del soggetto diffamato o del soggetto leso nell'onore o nella reputazione, il quale può chiedere l'eliminazione, dai siti internet e dai motori di ricerca, dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione di disposizioni di legge.

 

9. Gli artt. 4 e 5 del disegno di legge intervengono anche su due norme del codice di procedura penale. In particolare:

- l'art. 3 del disegno di legge inserisce nell'art. 427 c.p.p. - che riguarda la condanna del querelante alle spese e ai danni in caso di lite temeraria - un comma 3-bis che consente al giudice di condannare il querelante stesso al pagamento di una somma determinata in via equitativa, se risulta la temerarietà della querela, in caso di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso. Questo articolo è stato modificato rispetto alla versione approvata dalla Camera.

- l'art. 4 del disegno di legge riformula l'art. 200 c.p.p., estendendo la disciplina del segreto professionale anche ai giornalisti pubblicisti iscritti al rispettivo albo. Questo articolo non è stato modificato rispetto alla versione approvata dalla Camera.

 

10. Infine, il Senato ha introdotto nel disegno di legge un articolo 6 che inserisce nell'art. 96 c.p.c. (in materia di c.d. "lite temeraria") una disposizione apposita per le ipotesi di richieste di risarcimento danni, nei casi di diffamazione commessa col mezzo stampa o della radiotelevisione, avanzate con mala fede o colpa grave.