ISSN 2039-1676


06 luglio 2010

Trib. di Milano, 6 luglio 2010 (sent.), Est. Mannucci (Bancarotta fraudolenta)

Responsabilità del professionista consulente dell’amministratore fallito per il reato di bancarotta fraudolenta: concorrente extraneus o amministratore di fatto?

REATI FALLIMENTARI – BANCAROTTA FRAUDOLENTA – Responsabilità del professionista consulente dell’amministratore – Concorso dell’extraneus – Presupposti per la qualifica di amministratore di fatto
 
In tema di reati fallimentari, il consulente commerciale o esercente la professione legale che, essendo consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o degli amministratori della società, fornisca consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre il patrimonio alla garanzia dei creditori concorre nei fatti di bancarotta in qualità di extraneus. Se, invece, il consulente non si limita a fornire una prestazione professionale ma si fa ideatore e programmatore degli atti di distrazione, in un contesto di gestione o cogestione dell’attività d’impresa, risponderà della bancarotta come amministratore di fatto. (Nel caso di specie peraltro il Collegio, pur ritenendo che il ruolo dell’imputato fosse andato ben oltre il semplice contributo del concorrente, avendo egli in modo significativo e in via continuativa partecipato alla gestione di una branca di attività delle società fallite e in tale veste preso parte all’ideazione del progetto delittuoso giudicato nel processo, ha comunque qualificato la responsabilità dell’imputato in termini di concorso dell’extraneus perché tale era la contestazione cristallizzata nel capo di imputazione).
 
Riferimenti normativi:
art. 110 c.p.
 
art. 2639 c.c.
 
art. 216 R.D. n. 267/1942
 
 
REATI FALLIMENTARI – Bancarotta impropria – Circostanza aggravante del danno di rilevante entità – Applicabilità
La circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante entità in tema di reati fallimentari, è applicabile anche alle fattispecie di bancarotta c.d. impropria previste dall’art. 223 della Legge Fallimentare, e non solo a quelle di bancarotta c.d. propria, commesse dall’imprenditore individuale.
 
Riferimenti normativi:
art. 219 R.D. n. 267/1942
 
 
REATI FALLIMENTARI – BANCAROTTA FRAUDOLENTA – Prova della condotta distrattiva – Disavanzo contabile non giustificato – Sussistenza
 
In tema di prova del delitto di bancarotta fraudolenta, se, da un lato, non è sufficiente accertare il disavanzo contabile dell’impresa o della società per dimostrare la condotta distrattiva dell’imprenditore fallito o degli amministratori della società fallita – potendo il disavanzo contabile non dipendere da attività distrattive ma essere invece riconducibile a fattori differenti, correlati alle fortune dell’andamento del mercato –, d’altro lato, il mancato rinvenimento, all’atto della dichiarazione di fallimento, di beni o valori che si è accertato essere stati nella disponibilità dell’imprenditore fallito o degli amministratori della società fallita, qualora non sia da questi giustificato, costituisce valida presunzione della loro dolosa distrazione. (Nel caso concreto il Collegio ha qualificato in termini di distrazione la condotta tenuta dagli imputati, i quali avevano effettuato pagamenti, ritenuti dai consulenti del P.M. esborsi del tutto avulsi dall’attività della società, senza fornire adeguata giustificazione in ordine alla loro effettiva destinazione). (Massime a cura di Tommaso Trinchera)
 
Riferimenti normativi:
art. 216 R.D. n. 267/1942